Dove va l'italiano? Difficile fare previsioni a lungo termine, ma una cosa è certa: la nostra lingua è malata, e non sembra essere invia di guarigione. L'impoverimento del patrimonio lessicale in dotazione a parlanti e scriventi, la recrudescenza dell'analfabetismo, il semplicismo spacciato per semplificazione, l'oltranzismo dei crociati del politicamente corretto, la diffusione a macchia d'olio del turpiloquio e della violenza verbale, l'inquinamento di un'informazione sempre più ostaggio del chiacchiericcio mediAtico, l'anestetizzazione del dibattito culturale sono solo alcuni degli aspetti che chiamano pesantemente in causa l'italiano. Forse dell'idioma nazionale, contro la stessa dittatura della "comunicazione", c'è bisogno di recuperare l'idea antica e un po' inattuale di una bellezza senza aggettivi. Forse, se il genio italico non ci parla più o ci parla sempre meno, è perché non siamo più avvezzi a essere disarmati dalla vertigine del bello, dalla sua virtù taumaturgica.
Come si legge un messaggio pubblicitario e in che modo il testo verbale coopera con l'immagine ai fini persuasivi? E la creatività nel settore è realmente tale o è invece il frutto di abili strategie di marketing che attingono alle tendenze espressive e comunicative del momento? Il volume affronta alcuni dei temi portanti della pubblicità odierna, confrontandoli con altrettanti del passato lontano e di quello recente, e delinea possibili scenari per il futuro; offre, inoltre, un'utile rassegna di tipologie comunicative relative ai vari ambiti (dalle automobili ai cosmetici, dai prodotti per la casa ai telefoni cellulari).
Il volume è il primo tentativo di una storia linguistica della letteratura italiana generazionale a partire dal suo sorgere, negli anni cinquanta, fino ad alcune delle più recenti, significative manifestazioni: dalla gioventù "cannibale" dei secondi anni novanta alle giovani narratrici smaliziate in materia di sesso di questo inizio di terzo millennio. Gli scrittori selezionati - non sempre anagraficamente giovani - hanno scelto di riprodurre le forme espressive provocatorie o "antigrammaticali", talora veri e propri "universali" giovanili, attinte ai vari ambienti di provenienza o di affiliazione; o si sono invece in qualche modo assimilati ai giovani sperimentando nuovi generi, stili o linguaggi senza però vincolarli a una delle tante possibili rappresentazioni del loro universo. Tra i "giovani scrittori" e gli "scrittori giovanili" giocano un ruolo di primo piano quelli tra loro che, dalla metà degli anni ottanta in poi, hanno cominciato a partecipare della svolta operata dai nuovi media: il risultato di questa partecipazione è spesso una scrittura riprodotta in hi-fi e manovrata da una volontà di presa diretta, per molti versi televisiva o cinematografica, sul reale.