
Il presente volume cerca di capire la dimensione drammatica delle relazioni tra gli arabi e l'occidente aperta dal massiccio dispiegamento militare degli Stati Uniti e dei suoi alleati nella penisola arabica e nel Golfo Persico, in seguito all'invasione del Kuwait da parte dell'Iraq. Il libro procede con il bloccarsi del processo di pace tra israeliani e arabi, con gli attentati dell'11 settembre 2001 e l'invasione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti, che verosimilmente si configurano come risultanze dello sviluppo delle tensioni generate nell'ultimo mezzo secolo nella regione.
Il presente volume analizza a fondo le radici della civiltà cinese: sono illustrati i miti e le leggende dei primordi, le credenze con il culto al Cielo e agli Spiriti, la formazione dell’Impero con i suoi re leggendari. Infine vengono presentati un capitolo sulla lingua ideogrammatica, utile a chiunque voglia accostarsi a questa cultura, e un originale studio sui primi testi, i Classici, che hanno fatto da fondamento alla civiltà cinese. L’impegno di questo popolo è stato quello di creare, talvolta con successo, un universo fondato sull’armonia delle istituzioni politiche, della società civile, della famiglia e dell’individuo. Il suo genio ha prodotto, in letteratura e nell’arte, opere incomparabili e meravigliose e ha cercato soprattutto di formare nella gente comune un tipo di uomo ideale, colto e intelligente, rispettabile per l’onestà dei costumi e la saggezza delle abitudini, modello a cui i Cinesi non hanno mai cessato di fare riferimento.
È un mondo straordinario quello che Claude Larre ci restituisce nella sua prodigiosa vitalità, nei suoi colori, nella sua magia, interpretati magistralmente a partire dai testi raffinati e fondamentali della cultura cinese antica.
Fra la caduta dell'Impero romano dalla piena affermazione della città comunale una zona d'ombra si proietta sull'iconografia urbana, attraversando la quale non s'incontrano immagini che riproducano singole città nel loro assetto complessivo o almeno in alcuni degli elementi reali. Solo fonti testuali permettono di indagare i processi di orientamento e di formazione di una nuova idea di città in rapporto alle strutture materiali in profonda evoluzione. Nell'assenza di convenzioni cartografiche condivise fondate sull'oggettivazione di uno spazio esterno al descrittore, le scritture cercano di ancorare i dati a griglie di riferimento fragili e soggettive. In mancanza di un modello di mappatura dello spazio urbano ne esistono molti, ma la pluralità degli approcci, consente di seguire in una fase fortemente dinamica della città, il processo di costruzione di mappe mentali, e l'emergenza degli elementi in base a cui saranno poi costruite le rappresentazioni grafiche dell'età moderna. Il testo prende in esame scritture di vario tipo, composte con diversi linguaggi in un lungo arco di tempo, e cerca di metterle in relazione con le strutture materiali cui sono riferite. Il testo analizza, dall'alto Medioevo all'inizio dell'età moderna, le carte che hanno descritto Roma per orientare i pellegrini, le scritture legislative e quelle celebrative che hanno accompagnato l'ascesa del Comune e i trattati teorici di architettura che elaborano nuovi modelli astratti di spazio urbano.
Nel XVI esplose il contrasto tra una raffinata civiltà rinascimentale e l'estrema efferatezza di roghi, torture e violenze perpetrate in nome della fede. Similmente a quanto accade ai nostri giorni, l'intolleranza religiosa, come una lebbra che attacca gli Stati, aveva trascinato la Francia in una serie di lotte fratricide, seminando migliaia di morti in nome del Cattolicesimo o della Riforma. In un panorama così cruento tre donne, nate dalla stirpe dei Valois, spinte da profonde convinzioni, mostrarono una tenace volontà verso la Riforma, certe che essa potesse ricondurre alla sincerità del vero credo iniziale. Legate fra loro da vincoli di parentela, non furono tacite spettatrici, ma esponenti di un femminismo ante litteram. Determinate, pur con differenti modi di esprimere i loro ideali, misero una tenace volontà per raggiungere quei fini che sentivano come una missione.
Il ruolo dello Stato e la questione femminile, i movimenti sociali e la Chiesa cattolica, giornalismo e fotografi a, editoria e cinema…
A decenni di distanza, quante verità sono nascoste nel libro nero degli anni di piombo?
Guerriglia urbana di ascendenza rivoluzionaria o complotto internazionale manovrato da burattinai invisibili? Degenerazione dei movimenti di contestazione o conflitto di lunga durata tra fascisti e comunisti? Tesi e teorie spesso contrastanti si sono susseguite per oltre trent’anni nel tentativo di capire, e talvolta giustificare, le radici di una violenza diffusa ai limiti della guerra civile. La questione è ancora aperta: cosa sono stati gli anni di piombo e cosa ha significato il terrorismo per l’Italia? Marc Lazar e Marie-Anne Matard-Bonucci tentano di rispondere a questi interrogativi con un volume che raccoglie gli importanti contributi di storici, politologi, sociologi e giuristi italiani o francesi. Senza dimenticare le testimonianze di protagonisti come Gian Carlo Caselli, Armando Spataro e Luigi Manconi. Dal mito della Resistenza alla sua strumentalizzazione, dalla protezione occulta offerta alla destra eversiva al sostegno, anche esplicito, degli intellettuali alla lotta armata, dalle responsabilità della classe politica alle contraddizioni della prima Repubblica, gli autori ripercorrono le tappe fondamentali di un racconto corale in cui luci e ombre, volontà di comprensione e desiderio di oblio si confondono. E analizzano il significato e le modalità della violenza, l’elaborazione ideologica dell’epoca, le rappresentazioni contemporanee e successive (tra manifesti, fotografie, film e libri), e i delicati rapporti tra Francia e Italia, soprattutto riguardo all’estradizione dei terroristi non pentiti, che ha avuto nella vicenda Battisti la puntata più recente. Per provare a capire in che modo il nostro Paese è potuto entrare, dopo la fiorente primavera del Sessantotto, nell’inverno più duro e lungo della sua storia.
Marx il profeta, lo "scienziato", il filosofo della prassi: che cosa resta, in questo primo scorcio di terzo millennio, del pensatore forse più discusso, temuto e influente degli ultimi centocinquant'anni? Con questa raccolta di articoli e studi, redatti nell'arco di quasi sessant'anni ma rielaborati per l'occasione, il principale storico marxista si pone alla testa di una tendenza che da qualche tempo, dopo l'eclissi degli anni Ottanta e Novanta, sta riportando a una rilettura radicale dell'autore del Capitale. Perfino i detrattori - soprattutto all'indomani della crisi finanziaria - hanno dovuto riconoscere la forza e la lucidità del suo pensiero. Non più imbalsamato da opposte ideologie, Marx può essere considerato per quello che è sempre stato: un grande pensatore, uno stilista esemplare, un pioniere. Con l'autorevolezza di un maestro della storiografia, Hobsbawm ricostruisce l'ambivalente epopea del marxismo, dai moti del 1848 alla caduta del muro di Berlino, dal Gramsci dei Quaderni, oggetto di un caloroso tributo, al crollo dell'Urss. Sedici saggi che indagano la genesi di opere fondamentali, dal Manifesto del partito comunista al Capitale, passando per gli ermetici Grundrisse; ne studiano, dati alla mano, la circolazione e la diffusione; interrogano la fortuna e le metamorfosi del pensiero marxista in alcuni momenti chiave, come l'Inghilterra tardo-vittoriana, l'Europa fascista, la Guerra fredda, il 1989, ponendo il problema di una scomoda eredità.
Quando Wilma Montesi viene trovata morta a Torvajanica la Questura di Roma tenta di archiviare il caso in tutta fretta come "morte accidentale". Ma lo scandalo scoppia lo stesso, e si espande fino a lambire la politica: tra i presunti colpevoli c'è infatti Piero Piccioni, figlio di Attilio, erede designato di De Gasperi. Il processo infiamma la stampa e dalle gallerie di Via Margutta ai locali di Via Veneto, tra nobili, attori, paparazzi e avventuriere si moltiplicano mezze testimonianze e "sensazionali rivelazioni". Con il piglio narrativo di un romanziere, o di un regista, Stephen Gundle ricostruisce il caso e i suoi colpi di scena sullo sfondo dell'Italia della Dolce vita: una storia ancora viva nella memoria nazionale, come una sinistra avvisaglia di molti mali a venire.
Volevo dimostrare di non essere da meno di un uomo" ha risposto Erna Petri a chi le chiedeva come avesse potuto freddare a bruciapelo sei bambini ebrei ai quali, poco prima, aveva offerto ospitalità e cibo. E il suo non fu un gesto isolato. Durante la Seconda guerra mondiale, quando il Reich si estese verso est, migliaia di giovani tra insegnanti, infermiere, segretarie e interpreti si trasferirono nelle regioni occupate e finirono per essere coinvolte nella macchina dell'Olocausto: nei lager ben cinquemila guardie, un decimo del totale, erano donne. La storiografia si è occupata poco di loro, e così anche i processi giudiziari, da Norimberga in poi. Dopo numerose ricerche d'archivio e interviste ai testimoni, l'autrice porta alla luce un mondo di inconcepibile ferocia, aggiungendo un tassello fondamentale alla comprensione della più grande tragedia del Novecento, ma soprattutto della storia e della natura umana.
Se dovessimo raccontare la Storia dell'umanità utilizzando dieci immagini, una di queste sarebbe certamente la Basilica di San Pietro: non solo è un luogo simbolo della cristianità, ma rappresenta la suprema sintesi di duemila anni di arte e scienza, creatività e potere. È un'immagine per noi talmente familiare che spesso non ci domandiamo nemmeno quali papi e artisti l'abbiano voluta, progettata e costruita, né come sia diventata quell'incredibile scrigno di capolavori che, nella sua magnificenza, ogni anno torna ad affascinare sette milioni di visitatori. Eppure seguire l'evoluzione di San Pietro nel tempo, come ci dimostra Alberto Angela in questo libro che abbina illustrazioni a un racconto, è un viaggio senza pari nella Storia che svela anche vicende poco note e curiosità inedite. Tutto comincia nel I secolo d.C. quando l'apostolo Pietro viene crocifisso a testa in giù sul Vaticanum: qui c'era il circo di Nerone e, accanto, si stava sviluppando una vasta necropoli che sarebbe rimasta sepolta per secoli prima di tornare alla luce nel 1939. Come fu possibile? Nel IV secolo Costantino decise di costruire una grande basilica sul luogo del martirio di Pietro e... interrò la necropoli: nasceva così la chiesa più importante della cristianità, ricca di tesori e teatro per secoli di ogni genere di eventi come l'incoronazione di Carlo Magno.
"Ogni grande movimento di questa terra" scrive Hitler nelle prime pagine del "Mein Kampf" "deve la propria crescita ai grandi oratori e non ai grandi scrittori." Eppure, osserva: "Per l'esposizione armonica e coerente di una dottrina occorre che i suoi principi fondamentali siano fissati per sempre". Nel 1924 Hitler ha bisogno di trovare ascolto presso i suoi sostenitori. Dal carcere di Landsberg, in cui è rinchiuso per alto tradimento dopo il putsch fallito, ridefinisce gli obiettivi del movimento, ne progetta l'evoluzione. Mette nero su bianco la sua visione del mondo. Questo saggio, basato su fonti archivistiche finora inaccessibili, dissipa la confusione sul delirante manifesto di Hitler ripercorrendo la sua evoluzione dalla prima stesura alle controversie attuali, facendo luce sulla sua genesi ammantata di leggende e individuandone le fonti. Le informazioni autobiografiche, per esempio, non sono affidabili: il padre non era un oppositore della monarchia austroungarica, ma un funzionario doganale ripetutamente promosso per i suoi servigi e la sua lealtà. E poi, da dove derivò l'antisemitismo di Hitler? Quali crimini del regime nazionalsocialista si ispirarono direttamente al "Mein Kampf"? Leggendo il libro era forse possibile prevedere quale metodo di sterminio sarebbe stato utilizzato ad Auschwitz? E come reagì il pubblico? Come si sviluppò il dibattito dopo il 1945? Fu davvero un "bestseller mai letto"?
Un capolavoro assoluto come la Gioconda non è solo un quadro da ammirare affascinati dagli occhi che sembrano vivi e dalla magia del sorriso. In realtà è un viaggio nella mente e nelle emozioni di Leonardo. È una porta che si spalanca su un luogo e su un'epoca indimenticabili: Firenze (ma anche Milano, Roma, Mantova, Urbino) e il Rinascimento. Già dall'Ottocento e fino a oggi, è stato detto e scritto moltissimo su Leonardo e su Monna Lisa, un artista e un ritratto su cui si ha sempre l'impressione di non sapere abbastanza. Per andare a conoscere entrambi e svelarne l'eterno fascino, Alberto Angela ha scelto una chiave completamente nuova: lascia che sia la Gioconda a "raccontarci" Leonardo, il genio che l'ha potuta pensare e realizzare. Partendo da ogni dettaglio del quadro e ricostruendo le circostanze in cui Leonardo lo dipinse, scopriamo così che il volto della Gioconda, levigatissimo dallo sfumato, non ha ciglia né sopracciglia (un dettaglio importante nella storia narrata in queste pagine). O che il suo vestito ha molto da dirci sulla moda del tempo, ma anche sulle abitudini e sull'economia della Firenze di inizio Cinquecento. O, ancora, che le sue mani non sarebbero state possibili senza approfonditi e sorprendenti studi di anatomia. O che il segreto del paesaggio va ricercato nel nuovo tipo di prospettiva "aerea", ideato da Leonardo. La Gioconda può raccontarci queste e molte altre cose sul suo autore.
Il 9 febbraio 1944 il "Corriere della Sera" diede la notizia dell'arresto di Indro Montanelli, accusato di avere scritto articoli diffamanti sul regime fascista, che in quel momento si trovava sul punto di raggiungere il gruppo partigiano guidato da Filippo Beltrami. Incarcerato insieme alla moglie Maggie a San Vittore, a Milano, il 14 agosto riuscì a fuggire in Svizzera. In realtà, Montanelli aveva preso le distanze dal regime fascista sin dal 1938, quando aveva rinunciato alla tessera del partito e ne aveva pagato le conseguenze con l'impossibilità di fare il giornalista in Italia, e quella che inizialmente era una divergenza politica e personale si era sempre più approfondita, sino a trasformarsi nella decisione di combattere attivamente contro il regime e gli occupanti tedeschi. Nel dopoguerra e fino alla sua morte Montanelli è ritornato spesso sulla figura del Duce e sulla storia del ventennio, contribuendo a disegnare nell'immaginario degli italiani l'immagine di un Mussolini perfetto "italiano medio", con tutti i vizi e le poche virtù che il giornalista attribuiva ai suoi connazionali, e che spesso "più che a dominare gli avvenimenti, badava a restarne a galla, lasciandosene portare". Raccontando il Duce, quindi, Montanelli elabora una storia del fascismo che, oltre a essere fedelmente documentata grazie alla sua partecipazione diretta e alla professione di giornalista, dà conto anche di altri elementi che sfuggono all'osservazione storica: il rapporto tra Mussolini e gli italiani ? soprattutto quelli della sua generazione ?; l'infatuazione del Paese per il suo dittatore e, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, la delusione e i dubbi mai sopiti di coloro che sopravvissero e si posero il problema di spiegare ai giovani le ragioni di quanto accaduto.

