
Il Generalfeldmarshall Erwin Rommel, la leggendaria "volpe del deserto", è uno dei più famosi generali della Seconda guerra mondiale. Audace ufficiale di fanteria durante il Primo conflitto mondiale, nei primi mesi del Secondo assunse il comando di una divisione Panzer, guidandola in una delle aree più critiche dell'offensiva tedesca a Ovest. Fu con l'incarico di comandante dell'Afrikakorps dal 1941 che combatté le sue battaglie più famose e giunse sul punto di cacciare i britannici dall'Egitto. Sconfitto da Montgomery a El Alamein, condusse poi le forze tedesche nella battaglia per la Normandia nel 1944 ma, dopo essere stato coinvolto nel complotto contro Hitler, fu costretto a suicidarsi. Esaltato dagli storici britannici del dopoguerra come rappresentante di tutto ciò che di positivo era presente nella tradizione militare tedesca, Rommel viene valutato in questo libro nel suo ruolo di comandante sul campo di battaglia e ne sono analizzati punti di forza e di debolezza.
La carriera del feldmaresciallo Albert Kesselring è indissolubilmente legata alla campagna d'Italia del 1943-1945, Per alcuni è stato un soldato di riconosciute capacità militari che combatté con valore e successo in una serie di operazioni con le quali tenne in scacco per diversi mesi le superiori forze degli Alleati, L'immagine prevalente è quella del criminale di guerra: il comandante i cui ordini portarono a spietate rappresaglie e a uccisioni in massa di civili nell'Italia occupata dai tedeschi. In ogni caso, Il percorso professionale di Kesselring fu ragguardevole. In qualità di comandante delle forze aeree guidò con brillanti risultati la 1a e la 2a Luftflotte nelle campagne contro la Polonia, e poi contro l'Olanda, il Belgio e la Francia, solo per subire una battuta d'arresto nella battaglia d'Inghilterra. Inviato in Mediterraneo alla fine del 1941, ricostituì le linee di rifornimento che permisero alle forze di Rommel di restare operative. Soldato dalle molteplici e complesse caratteristiche, Kesselring è stato uno dei più importanti comandanti tedeschi della Seconda guerra mondiale.
Giuseppe Garibaldi, eroe dei due mondi per le sue imprese compiute sia in Europa, sia in America meridionale, è la figura più romantica del Risorgimento ed uno dei personaggi storici italiani più celebri nel mondo. È considerato, insieme a Giuseppe Mazzini, Vittorio Emanuele II e Camillo Benso, conte di Cavour, uno dei padri della Patria. La guida vuole ripercorrere i luoghi importanti della sua leggenda in Italia, la Bergamo città dei Mille, le Valli di Comacchio e la morte di Anita, Genova e la partenza dallo scoglio di Quarto, lo sbarco a Marsala, le battaglie di Calatafimi e Palermo, l'esilio voluto a Caprera... Ed ancora, musei, sacrari e luoghi curiosi e particolari in Italia e nel Mondo. Completano l'opera luoghi "sicuri" dove soggiornare, assaggiare le tipicità del territorio o fermarsi con il proprio camper
Le piramidi d'Egitto, una delle sette meraviglie del mondo antico, uno dei più grandi enigmi della nostra storia. Perché gli Egizi le costruirono? Perché così imponenti e con tale precisione tecnica? Perché sparse nel deserto? Dopo dieci anni trascorsi a studiare i Testi delle piramidi, Robert Bauval ha individuato la chiave d'interpretazione del progetto che è alla base della costruzione delle piramidi, svelando così un mistero rimasto sepolto per migliaia di anni.
In questo libro l'autore documenta e dimostra come la lingua degli umanisti, un latino neo-classico e neo-ciceroniano, influì in maniera determinante sul loro modo di parlare e pensare riguardo alle opere d'arte. Attraverso gli scritti di Petrarca, Boccaccio, Villani, Vittorino da Feltre, Guarino da Verona, Crisolora, Facio, Filelfo, Biondo, Valla e Leon Battista Alberti assistiamo al formarsi di una specifica critica d'arte umanistica che si misura con gli artisti del proprio tempo, da Giotto e i giotteschi ai fiamminghi Jan van Eyck e Rogier van der Weyden, da Pisanello a Gentile da Fabriano (più noti e apprezzati di Masaccio) da Donatello a Ghiberti.
Ancora oggi alcuni credono che il dominio dell'Occidente sia il risultato di una particolare "cultura" che sarebbe superiore a quella degli altri continenti; ma come spiegare allora che alla fine del Settecento l'India e la Cina fabbricavano più manufatti ed editavano più giornali che Italia, Francia, Inghilterra e Germania? Al termine di un'investigazione storica che attraversa i cinque continenti, incrociando dati economici, politici, artistici e religiosi, Bayly dimostra che la dominazione occidentale sul mondo non ha veri effetti che a partire dal XIX secolo. Alla fine del Settecento un'aspirazione alla libertà e all'uguaglianza si diffonde nell'intero pianeta e mette in discussione i diversi regimi. L'egemonia delle nazioni occidentali si manifesta qualche decennio più tardi, grazie a eserciti più agguerriti, alla padronanza delle regole del commercio e allo sviluppo interno di una società civile più indipendente dal potere politico.
Ben prima dell'inizio canonico della globalizzazione, fondamentali tendenze storiche rivelano l'interdipendenza dei cambiamenti politici e sociali a livello planetario. Eventi mondiali come le rivoluzioni europee del 1789 e del 1848 si riverberarono all'esterno mescolandosi con le convulsioni che si producevano all'interno di altre società. Dall'altro lato, eventi esterni all'emergente "nocciolo" europeo e americano dell'economia industriale contribuirono a plasmarne le ideologie forgiando nuovi conflitti politici e sociali. Nel corso di tali processi, anche le forme dell'agire umano si adattarono reciprocamente finendo con l'assomigliarsi dappertutto nel mondo. Attingendo a una mole sterminata di conoscenze, Bayly ripercorre il sorgere di uniformità globali nello Stato, nella religione, nelle arti, nei rapporti di genere, nelle ideologie politiche e nella vita economica nel corso del XIX secolo. Il quadro che si disegna è una "world history" che si sottrae a qualunque visione unidirezionale, che accetta di essere decentrata e segnata dalla discontinuità, dalle rotture non preannunciate e insieme dal permanere di antiche forme di dominio.
Dall'antichità a oggi donna Italia è stata via via rappresentazione artistica, letteraria e politica di una realtà geografica e politica dai confini cangianti che, nel corso dell'Ottocento, è diventata nazione. Per descriverne il profilo peculiare, aristocratico e al tempo stesso popolare, in questo libro sono utilizzati versi e immagini: pittura e scultura si intrecciano con la letteratura per rendere più nitidi i particolari di un volto femminile sempre uguale, eppure sempre diverso. Fin dalla sua nascita, nell'ardore della guerra delle tribù italiche contro Roma, e poi ancora nel Medioevo delle divisioni campanilistiche, nell'età rinascimentale e moderna, fino alla stagione dell'Unità e nel secolo appena trascorso, donna Italia si è fatta interprete del clima politico e delle tensioni culturali. Ecco perché, per noi oggi, si presenta come una figura simbolica in grado di narrare aspirazioni, sogni, progetti e fallimenti che hanno avuto durante i secoli passati come teatro la patria Italia, la terra dei padri. Interprete raffinata, donna Italia racconta, forse meglio di qualsiasi altra figura, quel complesso e affascinante passato politico e culturale nel quale si radicano sia il nostro presente che il nostro futuro.

