
Sono istanti "contemplativi" più che preghiere e riflessioni quelli che vengono qui proposti. Vannucci le chiamerebbe "calma delle soste", momenti raccolti nell'incanto del principio, nel seno della "Parola creatrice". Vi è una sapienza che dilata il cuore, dà respiro alla mente, sapore ai gesti, solleva la quotidianità dal banale, immette nell'immensità del divino e dell'umano insieme.
"Ci sono le stagioni, ognuna con il suo stile, il suo ritmo, le sue storie; e ognuna si rivela 'lezione di cose'. Lezione di cose fisiche, naturali, certo, ma anche, se sappiamo leggerle con pazienza e attenzione, lezioni di cose invisibili, impalpabili. L'esperienza e il sogno, la materia e lo spirituale sono in costante e sottile interferenza. E dunque meglio, a ogni nuova stagione, rimettersi al lavoro di lettura con uno sguardo nuovo, acuto". Ma come "leggere" un simile racconto chiuso nel limbo della carne e dell'inchiostro? Appoggiando l'orecchio sul cuore della terra e del cielo.
Il "prezzo della libertà" dice, da un lato, la qualità della libertà pagata così cara da Gesù Cristo e dagli innumerevoli martiri per essa, e, dall'altro, che, lungi dall'essere un privilegio, è un requisito antropologico fondamentale che però si radica nella giustizia e nell'amore coltivati con vigilanza e intelligenza.
In occasione del ventesimo anniversario della morte di Giovanni Maria Vannucci (Pistoia 1913 - Firenze 1984), volendo offrire un omaggio alla sua memoria, ma soprattutto continuare a valorizzare la sua testimonianza di vita, viene presentata la seguente bibliografia che cataloga i suoi scritti e i volumi da lui curati, e dà conto di quanto è stato pubblicato sulla sua persona e sulla sua opera.
Lo scritto è il "diario spirituale" nel senso più ampio e più profondo dell'espressione di un periodo di degenza ospedaliera. L'autore mette a nudo, ma sempre con la semplicità e il pudore di una garbata franchezza colloquiale, i sentimenti, i risentimenti, gli slanci spirituali e le riflessioni amare che la dolorosa congiuntura ha suscitato. La sistematica "umiliazione" del malato, proprio nel momento in cui egli è oggetto di "cura", è il tratto che più efficacemente accompagna il racconto di questa esperienza. "La divina tenerezza è pace, profonda pace, pace misericordiosa, sollievo. È salda come la buona terra su cui tutto riposa. La divina tenerezza tutto salva, vuole salvare tutto. E non dispera mai di nessuno. Crede che vi sia sempre una strada."
Il detto giapponese, che dà il titolo al libro, è come una finestra aperta sul mondo: le parole di Christiane Singer hanno il tono libero di una conversazione intima. Profonda, senza mai essere inaccessibile. Ella tocca tematiche che ci riguardano tutti da vicino e che possono dare salute, gioia all'esistenza, o, altrimenti, tristezze infinite. Ci invita a riflettere e a condividere, parlando sul filo di una meditazione luminosa quanto sensibile, il mondo che viviamo, all'incrocio delle nostre emozioni e delle nostre attese.
Si parla molto d'amore, lo si cerca, lo si attende, lo si desidera, lo si sfugge. Si spera di dire un giorno: "Ti amo" a colui o a colei che si sogna, o già lo si dice alla compagna, al compagno della propria vita. Ma si sa ciò che si dice con: "Io ti amo"? Chi è questo "io" che dice d'amare? E di che amore si tratta? Prendendo alternativamente la parola, Catherine Bensaid e Jean-Yves Leloup esprimono le rispettive visioni, psicoanalitica e filosofica, clinica e poetica, su questa eterna ricerca che ci riguarda tutti. E ci invitano a salire una "scala dell'amore" al fine di crescere insieme verso un amore che non si sperimenta con la richiesta e la mancanza, ma nella pienezza del dono.
Consumazione è un libro senza progetto fatto per accogliervi la vita, perché l'evento che ha accecato l'autore per la prima volta nella vita ritorni una seconda volta per abbagliarlo sulle pagine. "Un evento nella vita - dice Bobin - è una casa con tre porte separate: morire, amare, nascere. Non si può entrare se non varcando le tre porte simultaneamente. È impossibile, ma questo avviene". Bobin è un autore particolare che sembra indifferente a tutto ciò che appartiene all'ordine del sapere. La persona viva che ripetutamente evoca è il bambino, colui che ama, che gioca ad amare, che non deve giustificare le proprie azioni. Nessun autentico incontro può avvenire fuori dall'amore, ma nessun amore è possibile se non comincia dalla spogliazione del proprio io, dal ristabilire dentro di sé il silenzio che prelude all'accoglienza.
Nei quadri narrativi di Bobin, a colorire le sfumature dell'anima c'è solo una lucida consapevolezza e un'attesa della verità, di quella verità che accompagna ogni esistenza. All'inizio, nel primo dei racconti che s'intitola proprio "La parte mancante", si trova un passo che tacitamente segna l'intero sviluppo narrativo e in un certo senso etico di tutto il testo: "È sempre ciò che sei tu ad essere il vero". È vero ciò che si è, quando quello che si è il nucleo originario della persona - è formato dall'io e dal tu, dall'amore e dall'assenza, dal tempo che scorre e dal tempo che rifluisce, dal Dio che tace e si attende scrivendo. Questo è l'io che è sempre vero. E che è sempre mancante.
"La famiglia di Nazaret, se stiamo al Vangelo, è ben lontana dalle nostre rappresentazioni oleografiche, dalle nostre declamazioni liturgiche: dove della famiglia di Nazaret si ricorda "la vicenda dei giorni operosi e sereni". Trovate nel Vangelo un episodio, uno che sia uno, un episodio che riguardi i giorni operosi e sereni di quella famiglia. Una famiglia molto lontana dal colore delle immaginette e per fortuna, per grazia, molto vicina al colore della vita. E dunque ci possiamo specchiare e confrontare. Vorrei ripercorrere, solo sfiorandolo, il brano del Vangelo di Luca che racconta di un figlio, il figlio di Maria e Giuseppe, il figlio di Dio, smarrito e ritrovato, raccogliendo qualche provocazione".
Nulla può essere conservato se non nella trasformazione. Ogni giorno ci è chiesto di rimettere in gioco tutto. L'umano è un cantiere aperto e inconcluso. In tutti gli ambiti della attività umana assistiamo a un mutamento profondo, al passaggio da un tipo di umanità ad un altro, ad una transumanza. In un panorama di mutazioni epocali, scientifiche e antropologiche, è ancora rinvenibile lo Spirito e dove? Il cammino percorso da Ivan Nicoletto evidenzia tre dinamiche di un processo transumante: la prima in cui coglie le situazioni in cui affiorano i nuovi modi di vedere e di sentire in campo cognitivo, sociale, emotivo; la seconda in cui sente l'affiorare di una nuova percezione della vita che connette i diversi aspetti della realtà: umano, caosmico (caos e cosmo) e divino; la terza in cui esamina le modalità di stare al mondo che le fratture della modernità rendono disponibili.
«Sono cattolica»: affermazione che presuppone fede e coscienza, amore e responsabilità. Credere non è sempre facile, soprattutto quando le verità credute si confrontano con le ideologie, i luoghi comuni, le incrostazioni del tempo; la coscienza non è mai al sicuro, alle prese con decisioni che spesso vengono condizionate da pregiudizi e rigidità moralistiche; l'amore deve districarsi dalle maglie della mera appartenenza, di una frequentazione meccanica e passiva cui viene facilmente indotto chi si sente marginale o succube; la responsabilità soffre tra difficoltà e impotenze, tra giudizi e censure (autocensure).

