
A considerare miti e racconti, il viaggio fa parte dell'avventura umana. Il viaggio è la parabola della ricerca umana, del bisogno di relazione con il misterioso, ed è anche il simbolo della vita terrena stessa, dentro il mondo, dentro la storia. In un tempo come il nostro, in cui il viaggiare fa parte del quotidiano, Wang Yipei, scrittore e specialista di letteratura occidentale, richiama con sensibilità i temi dell'esilio interiore e delle migrazioni che sono onnipresenti nei testi della tradizione cinese. Olivier Bleys, giovane romanziere e viaggiatore, attinge dalla letteratura occidentale e dalla storia il senso e la varietà semantica del viaggiare, con particolare attenzione agli "incontri" che questo procura e di cui offre personale testimonianza.
Come mai, dal profondo del suo mistero, quando ancora non esisteva nulla e c'era solo il silenzio, Dio ha potuto pensare di dar vita a una creazione? In che senso una donna e un uomo hanno iscritta nella loro natura la vocazione ad essere l'immagine e la somiglianza di Dio? E perché quel suo disegno d'amore finì per essere il mondo che abitiamo, con quell'esperienza di male e di morte, a cui lui stesso, Dio onnipotente ed eterno, non poté sottrarsi, quando volle farsi conoscere in tutto lo splendore della sua gloria? Che cosa centra Gesù di Nazareth con il nostro desiderio di una libertà infinita e di una vita umana veramente riuscita? Il racconto è un atto contemplativo che vuole esporre come nel cuore stesso del mistero di Dio ci sia la risposta.
L'autore, "seguendo la traccia liturgica dell'antico ordinamento delle domeniche dopo la pentecoste, mette a disposizione di ogni uomo di buon volere pietre vive per la costruzione in sè di un "tempio dello spirito" e per l'edificazione del tempio più vasto che ha in confini di un un'umanità dove cala, creatore e suscitatore di energie dirompenti, lo Spirito. Con queste brevi pagine, l'autore "ci fa attraversare in modo sicuro l'esperienza della fede, ci porta sulla sogllia dove, tenendo aperto gli occhi contemplativi sull'immensa volta del Tempio risorto, un'onda di ispirazione e di fecondità, un salutare flusso di purificazione ci investe per una novità di vita che anticipi la nostra speranza". (dalla Presentazione di E. D'Agostini)
È una silloge ragionata di pensieri e aforismi tratti dalle opere di Max Picard, in cui appare con grande fascino l'attenzione del filosofo alle cose e al loro linguaggio. Linguaggio delle cose che devono essere come "liberate" dalle infinite relazioni che ne occultano l'essenza, perché sia restituita loro la freschezza di quel messaggio autentico che prelude a un incontro vero e orienta responsabilmente l'uomo.
Un giornalista propone a uno dei migliori poeti italiani contemporanei alcune domande decisive sulla vocazione del poeta e sull'esistenza in quanto essenzialmente poetica. Amore e solitudine, silenzio e parola, poesia e filosofia, vocazione poetica e impegno etico, Dio e il male, la gioia e il nulla: il libro si spalanca su questi temi come un'esperienza che - per dirla con le parole di Heidegger - ha il profilo di un «tranquillo abbandono a ciò che è degno di essere domandato».
Il "distacco dal mondo" è espressione della tradizione spirituale, ascetica, cui spesso è stata data una connotazione negativa. Bobin ne recupera in questo libretto tutta l'essenzialità vitale, liberatoria e costruttiva per l'uomo. Il distacco infatti è vera azione amorosa. "L'amore è distacco, oblio di sé. Non possiamo arrivarci con le nostre forze, perché tutte le nostre forze sono costantemente impiegate nell'ammassare il mondo alla superficie del nostro "io"."
Per Vannucci tre sono le dimensioni del nostro conoscere e amare: quella fenomenica, con cui costruiamo la nostra esperienza e alla quale attingiamo per le nostre scienze, per i nostri bisogni e interessi quotidiani; quella razionale, con cui organizziamo, induciamo ed esprimiamo tutto il nostro sapere e il nostro vivere alle dimensioni dell'universo e dell'uomo terrestre; quella mistica con cui intuiamo il mistero nascosto fin dall'inizio nella parola creatrice e che ci porta nel trascendente.
In questo testo l'autore è alla ricerca di quel nucleo essenziale dell'uomo che costituisca il «cuore», la ragione, il «verbo» che lo faccia sempre essere e che gli dia esistenza dentro le avversità, le contraddizioni e i contrattempi che caratterizzano il vivere quotidiano, così fragile e indifeso di fronte agli eventi, anche i più piccoli e banali. «Parlerò del dolore d'amare. Non di quello che proviene da fuori l'amore e che ha molti aspetti: circostanze, salute, pressioni sociali, bisogno, miseria, morte. Parlo del dolore che viene da dentro l'amore, d'un dolore, d'una tristezza, d'un abbandono generati dall'amore stesso.»