
Immaginiamo una ruota, con i raggi e, al centro, il mozzo. I raggi sono le religioni storiche, limitate e influenzate dal contesto culturale e sociale in cui sorgono. Il mozzo è la fonte da cui esse scaturiscono: la Verità, unica ed eterna. Le prime sono rivelazioni imperfette e relative della seconda, che, manifestandosi nel mondo, si riflette nella natura finita e molteplice di quest'ultimo. In Ritorno al Centro, Bede Griffiths mette a confronto le principali tradizioni religiose dell'Occidente e dell'Oriente - l'ebraismo, il cristianesimo, l'induismo, il buddhismo, l'islam -, e ne esamina i contenuti fondamentali con l'obiettivo di segnalarci il mistero ultimo che si cela dietro la dimensione del particolare e del contingente e di indicarci la via per rientrare in contatto con l'Uno. Questa capacità di trascendere, di andare oltre, è presente in ciascuno di noi. Il nostro essere, come la religione, è duplice: finito e determinato da un lato, eterno e assoluto dall'altro. Attraverso la pratica del silenzio e dell'ascolto di noi stessi, della preghiera e della meditazione, possiamo accedere a quell'interiorità che è lo spazio nel quale Dio si rivela.
Della vita di Isacco della Stella si sa talmente poco che il teologo Louis Bouyer lo definì «il grande mistero tra i cistercensi». Inglese di nascita, studiò probabilmente in Francia, dove divenne monaco, prima presso l'abbazia di Cîteaux, in Borgogna, e poi all'abbazia dell'Étoile, nei pressi di Poitiers, della quale nel 1147 fu nominato abate. Alcuni anni prima della sua morte fondò, assieme ad altri monaci, una nuova abbazia sull'isola di Ré, al largo di La Rochelle. Figura rimasta all'ombra dei grandi autori cistercensi della prima generazione, oggi sta lentamente riguadagnando il posto che merita, grazie all'attenzione di diversi studiosi e alla comparsa di numerose traduzioni dei suoi scritti. Autore di cinquantacinque sermoni e di alcuni trattati in forma di lettera, fra i quali il più famoso è senza dubbio il De Anima, Isacco fu capace di fondere in modo mirabile nella sua spiritualità le due prospettive della ragione e del sentimento, che compongono insieme la sostanza e il linguaggio della fede, in una sintesi di grande modernità. Domenico Pezzini ne propone in questo volume una lettura «linguistica», concentrando l'analisi su alcuni sermoni. Una prospettiva che permette di apprezzare la grande versatilità con cui sono affrontati gli argomenti di volta in volta prescelti: dallo scavo di singole parole-chiave raggruppate attorno a un tema, alla profondità condensata in brevi paragrafi, a discorsi più articolati organizzati in due o più sermoni, che nell'insieme formano veri e propri trattati in miniatura di antropologia teologica, teologia della vita comunitaria, mariologia e preghiera. Prefazione di Elias Dietz.
Da sempre l'uomo cerca Dio, "come un cane da caccia che ha nelle narici la traccia della lepre" (Anselm Grün). È proprio partendo da questa incessante caccia sulle tracce di Dio che Lorella Fracassa ripercorre una vicenda umana e spirituale dei nostri tempi, quella del monaco benedettino John Main, e svela i fili che la collegano a un'epoca molto remota della storia cristiana e a pratiche spirituali che oggi si tende erroneamente ad accreditare alla sola cultura orientale. Si tratta della riscoperta della meditazione silenziosa cristiana, le cui origini risalgono al monachesimo egiziano e di cui Giovanni Cassiano (360-432 ca.) fu un significativo e suggestivo interprete. Questa pratica è presente nelle filosofie e nella spiritualità di ogni epoca e luogo (induismo, buddhismo, cristianesimo, sufismo islamico). L'uomo che medita in silenzio ritrova la condizione primordiale del suo essere, quella eternità silente che ha lasciato entrando nel tempo. Per il "segugio" cristiano la meditazione silenziosa (e la preghiera ripetuta intorno alla quale essa ruota) rappresenta uno strumento di purificazione, di approfondimento spirituale, di incontro personale con Gesù e di trasformazione dell'esistenza. Dio non è lontano e irraggiungibile. Dio è dentro ciascuno di noi, è parte di noi e la meditazione silenziosa rappresenta il modo per maturare questa consapevolezza e continuare la "caccia" secondo un nuovo percorso, luminoso e appagante.
Giovanni della Croce (1542-1591) fu un poeta e teologo spagnolo del Siglo de Oro. Definito doctor mysticus dalla Chiesa cattolica, dedicò vita e studi alla preghiera e alla riflessione sul cammino spirituale che l'anima compie verso Dio e in Dio. Le sue poesie, veri e propri inni teologici, fanno del fondatore dell'ordine dei Carmelitani Scalzi una figura celebre anche al di fuori dell'ambito religioso e uno dei maggiori autori in lingua spagnola. Cristiana Dobner, Carmelitana Scalza presso il monastero di Concenedo di Barzio, lo celebra attraverso l'analisi del suo ultimo poema, composto poco prima della morte: Fiamma d'Amor viva. Attraverso un dialogo costante con i più grandi teologi e pensatori cristiani che commentarono questa e altre sue opere, disvela il significato profondo di ogni verso, ripercorrendo al tempo stesso la sua biografia e il suo pensiero. Giovanni non fu soltanto un poeta, un teologo e un mistico, fu soprattutto un Carmelitano che ha vissuto in prima persona quella Fiamma di cui scrive e che celebra con passione. Le sue liriche, ricchissime dal punto di vista linguistico e metaforico, sfociano nella mistica trinitaria, fondendo così linguaggio poetico e pensiero teologico. Chi le legge diventa a sua volta autore, in quanto fa riecheggiare nel proprio oggi parole e versi di una forza e profondità del tutto dimenticate.
Un delinquente, reo confesso, ottiene grazia e gloria condividendo il patibolo con un innocente condannato ingiustamente. Il primo santo della storia, l'unico canonizzato direttamente da Cristo, è un ladro. "Miserere" è il monologo interiore di un padre, percepito e raccontato dalla figlia che sta lì, ai piedi della croce cui lui è confitto. E anche di lei si narra. E di un fatto realmente accaduto. Pochi protagonisti, una di fantasia, gli altri no; tante comparse. La lettura di "Miserere", proposta dall'autore a Maurizio Botta, Massimo Camisasca e Robert Sarah, ha generato le riflessioni con le quali tutti e tre hanno voluto accompagnare questa edizione del testo. Un libro che nasce dalla domanda sul legame tra giustizia e misericordia, e che si rivolge a tutti: in fondo, chi potrebbe fare a meno di scorgere in sé almeno un tratto di somiglianza con il protagonista, se non altro nella sua richiesta di salvezza?
Chi sono i pifferai magici che, come il flautista di Hamelin, negli ultimi decenni hanno incantato il mondo costringendo un numero sempre più alto di persone a seguirli, abbandonando il mondo dell'etica, quel mondo che, nonostante tutte le sue fragilità, ha permesso fino a tempi recenti all'essere umano di mantenere la sua specificità? Ormai, tutto quello che si può fare, si fa. E le voci che ancora si levano in difesa della misteriosa complessità della vita e della persona vengono ridicolizzate, tacciandole di medioevale oscurantismo. L'uomo non è più un fine, ma soltanto un mezzo e, in quanto mezzo, può essere usato in tutti i modi possibili. Il fatto che il numero di disturbi mentali, di depressioni, di malattie autoimmuni sia sempre più alto non inquieta più nessuno, così come non turba il fatto che il paganesimo sia tornato prepotentemente nella nostra civiltà e che proprio questo paganesimo abbia annullato la responsabilità individuale del male. Il fato decide per noi. Non esiste più il bene, non esiste più il male, non esiste più il giudizio sulle nostre azioni e, anche quando queste sono efferate, siamo convinti di avere diritto all'happy end. Queste riflessioni fatte nel corso degli ultimi anni cercano di mettere a fuoco il progressivo declino della nostra civiltà, incantata dalla suadente musica di questi astuti orchestrali che tutto hanno a cuore tranne il bene dell'umanità.
«È più facile che un cammello passi per la cruna d'un ago, che un ricco entri nel regno di Dio»: questo passo del Vangelo di Marco è senza dubbio uno di quelli su cui tutti i cristiani si sono prima o dopo interrogati. Proprio a partire da esso, Adriana Zarri sviluppa la sua riflessione sul tema della povertà, chiamando in causa dall'Antico e dal Nuovo Testamento episodi e personaggi salienti - Abramo e Isacco, Zaccheo, Lazzaro, Marta e Maria, il figliol prodigo, la giovane adultera... - per far giustizia di sovrastrutture, semplicismi e interpretazioni non aderenti ai valori essenziali della tradizione cristiana. Attraverso la «narrazione teologica» che è stata la cifra distintiva della sua originalissima opera, in questo testo la Zarri riepiloga così i temi cardine della sua spiritualità, dando vita a una densa meditazione scritturistico-sapienziale sull'insegnamento di Cristo ritenuto più importante: imparare a essere poveri, intendendo la povertà come accettazione del limite umano e capacità di rendersi vuoti per la chiamata dello Spirito. «Liberaci dall'indigenza che è un vuoto vuoto - scrive l'autrice - e dacci la povertà che è un vuoto pieno, un vuoto ricco, un deserto fiorito, un cammello che passa dalla porta; dacci quella povertà che è ricchezza colma di te e di ogni bene della terra. [...] Dacci, quindi, Signore, la tua povertà ricca; liberaci dalla segregazione e dacci la solitudine e il silenzio, densi di Amore e di Parola, ricchi di Spirito e di Verbo. Perché il solitario non è un misantropo, ma uno che alberga l'amicizia; il silenzioso non è un muto, ma uno che alberga la parola; e il povero non è un indigente, ma uno che semina ricchezza; e il ricco non è chi molto possiede, ma chi tutto ha perduto e ritrovato».
Antonella Lumini scopre il silenzio nel 1980. Ha 28 anni e una grave malattia cambia la sua vita. Anche la successiva guarigione contribuisce a farle mettere in discussione tutto. Ritrovare il senso della propria esistenza diventa per lei così essenziale che comincia a battere nuove strade, alla ricerca di un equilibrio. Poi, d'un tratto, un tuffo nel vuoto che la lascia senza appigli, Ma dal fondo le arriva la voce del silenzio, che da allora è il centro della sua vita. Le meditazioni qui raccolte sono scaturite da quel centro, che è vuoto e tuttavia nutre e appaga con pienezza assoluta la sua anima sofferente. Scritte tra il 1986 e il 1987, esse non seguono un vero filo conduttore, ma testimoniano l'imprevedibile affiorare di tracce luminose dentro uno scenario oscuro. Sono bagliori che, risvegliando e purificando lo sguardo, lo rendono capace di accogliere e contemplare. «Il viaggio nell'interiorità è come lasciarsi portare in mare aperto, nel mare luminoso dello Spirito, specchio rifrangente che fa vedere cosa si nasconde di sotto, nelle acque profonde dell'anima. Si aprono prospettive inedite che mostrano imprevedibili meraviglie, ma anche ombre, anfratti, regioni completamente buie in cui lo sguardo non ha accesso. Non serve nessuna forzatura per entrare dove sembra chiuso, basta lasciare che lentamente i velami cadano, che quello che c'è si riveli, come l'affiorare del giorno dopo la notte. Morte, dolore, appaiono come luoghi di assenza, in cui la luce della verità desidera entrare per sciogliere e rigenerare. Stare nel silenzio fa percepire di abitare l'universo vivo, di appartenergli avendone fiducia, divenendo obbedienti, conformi alla sua misura che è la misura dell'amore. La grazia non chiede sforzi, ma leggerezza. La leggerezza dell'appartenenza» (Antonella Lumini).
In questo diario giovanile, don Didimo Manderò racconta i primi anni di sacerdozio in varie parrocchie del Nord Italia, fino alla nomina, avvenuta nel 1946, a cappellano di Valdagno, un piccolo centro del Vicentino. Scrivendo in uno stile chiaro e immediato, don Didimo rende partecipe il lettore dei dubbi, dello sconforto, della tenacia, delle speranze e dei progetti di un giovane sacerdote che opera in un ambiente spesso ostile e che però incontra sul suo cammino anche un'umanità semplice e generosa che presta volentieri la sua opera soprattutto a favore delle persone più deboli. Proprio da questo spirito di carità operosa e solidale nasceranno per iniziativa di don Mantiero due associazioni ancora oggi molto attive: la "Dieci", i cui membri si impegnano a offrire a Dio un giorno della propria settimana per la salvezza della città, e il "Comune dei Giovani", che propone l'incontro personale e comunitario, graduale e gioioso con Gesù Cristo, e fa dei giovani i veri protagonisti della propria educazione. Poche testimonianze restituiscono con l'efficacia di questo diario l'atmosfera di un mondo ormai scomparso e la forza vivificante di una fede vera di cui, ai nostri giorni più di allora, si percepisce la necessità e, anzi, l'urgenza. Introduzione di Marina Corradi, prefazione di Luigi Giussani, con un testo di Joseph Ratzinger.
Edith Stein è icona del suo tempo perché la sua esistenza, la sua vicenda interiore, la sua ricerca filosofica e quella di Dio, divengono simultaneamente radiografia della storia coeva e, in un frangente di tenebre, testimonianza luminosa che supera la barriera degli anni per giungere intatta fino a noi. La ricerca si sviluppa seguendo i fili del racconto autobiografico, della riflessione filosofica, degli scritti spirituali, in stretto confronto con le testimonianze delle persone a lei prossime: familiari, amici, carmelitane. La sua vita personale, nella minacciosa e assurda Shoah, si trasfigura in esperienza epocale, storia trasformativa, mentre la sua figura acquista il valore di significativo paradigma interpretativo della condizione della persona umana. Ormai Edith Stein è nell'"Ewig nun", nell'eterno presente, e si dona come parete translucida: quando entra la luce esce il mistero, ormai trasfigurato nella sua completezza, immersa nel Risorto, immenso Roveto Ardente.
Nel panorama così vivo e vario del mondo monastico italiano, Madre Cristiana Piccardo, fino al 1988 badessa del monastero di Vitorchiano, è un modello per molte generazioni di monache. Chiusa l'esperienza a Vitorchiano, ha assunto il Superiorato nella Fondazione di Nostra Signora di Coromoto, a Humocaro, in Venezuela, da dove il calore del suo amore per Cristo continua a illuminare le giovani monache che affollano nel mondo i monasteri nati da Vitorchiano a partire dall'umilissima radice di San Vito (sulla collina di Torino) e Grottaferrata. In questo libro Madre Cristiana ripercorre la sua esperienza personale e pedagogica, analizza il "metodo" della propria sapienza monastica, in cui la parola "sapienza" è il punto di congiunzione con la grande teologia dei Padri monastici del XII secolo, e l'accettazione umile del dolore ne rappresenta il segno distintivo, e riflette su quale fu la risposta monastica al Concilio Vaticano II, una risposta che si può riassumere nell'espressione conversione del cuore. Il lettore troverà in queste pagine i più significativi insegnamenti di Madre Cristiana alle giovani delle Fondazioni nate dalla comunità di Vitorchiano, una testimonianza preziosa di come la fede possa illuminare l'esistenza di ognuno e, passo dopo passo, trasformarci in persone consapevoli della propria identità e capaci di costituire un popolo unito e dedito al bene comune.
Scegliete un luogo tranquillo, sedetevi e cercate di arrestare il flusso dei pensieri; cominciate a respirare profondamente, ritmando l'inspirazione e l'espirazione; iniziate a ripetere una certa parola assecondando quel ritmo. Queste sono le fasi principali della meditazione. Non si tratta di una pratica esclusiva delle grandi tradizioni filosofico-religiose orientali, perché lo stesso cristianesimo ne ha elaborato una sua versione ai tempi dei Padri del deserto. In apparenza non è una cosa complicata, ma riuscire a fermare la mente è tutt'altro che facile. E non è neppure facile trovare il tempo per mettersi seduti senza fare nulla, visto che siamo sempre di corsa e indaffarati. Vale però la pena di provare perché meditare è nutrire lo spirito e accedere alla fonte di tutte le cose, all'Essere che dimora dentro ciascuno di noi. Ritagliarsi queste pause e arrendersi completamente con la rinuncia al pensiero, significa rinnovare l'intera nostra esistenza. Le individualità, le differenze, tutto ciò che sembra diviso e frammentato nel mondo intorno a noi - a cominciare dagli stessi contrasti fra le varie confessioni - si riveleranno per quello che sono davvero: un'illusione. Potremo allora accedere al mistero che sta oltre, e in esso trovare la perfetta armonia e la pace assoluta dell'Uno da cui tutto trae origine.