
"Ho imparato a contrabbandare pezzi di matita nella mollica del pane o nelle bustine di tabacco che poi gli amici trasformavano in fumo velenoso. Ma tutti quei fogliettini li ho persi chissà dove. Trascrivevo in cirillico testi slovacchi, parole inglesi e pensieri personali. Ma anche quei quaderni russi sono andati perduti. Come scritti sull'acqua o su un marciapiede. Il detenuto scrive sul proprio corpo con il filo spinato". L'autore, sacerdote salesiano, ha trascorso dieci anni di prigionia, di cui otto ai lavori forzati, nelle miniere di uranio della Cecoslovacchia. Le sue memorie si intrecciano con la storia dell'Europa dopo la seconda guerra mondiale: la morte di Stalin e l'inizio dell'era di Kruscev, la Primavera di Praga e la stagione di Dubek, il manifesto di Charta 77 sulla violazione dei diritti umani e l'elezione di Karol Wojtyla al soglio pontificio, gli anni di Gorbaciov, la caduta del muro di Berlino e la nascita, dalle ceneri della Cecoslovacchia, della Repubblica Ceca, presieduta da Václav Havel, e della Repubblica Slovacca. "Dall'inizio della primavera alla fine dell'autunno ci costringevano a piccoli gruppi a pulire la zona tra le staccionate elettriche e la recinzione di filo spinato", ricorda Srholec, "dovevamo estirpare con le mani nude tutte le erbacce; le armi automatiche di esperti tiratori erano puntate contro di noi dalle torri di guardia. Tornavamo in camera pieni di graffi, tra sterpi e filo spinato. Ma i graffi non sono infortuni..."
Nato a Palermo nel 1834 da un'agiata famiglia cattolica, Giacomo Cusmano si era laureato in medicina a 21 anni e aveva scelto di diventare prete per occuparsi delle persone più disagiate. Nel 1868 Pio IX aveva benedetto la sua Opera, "Il boccone del povero": dodici anni dopo avrebbero preso l'abito religioso le prime suore e quattro anni più tardi i primi frati. L'opera di Cusmano, dichiarato beato da Giovanni Paolo II nel 1983, si inquadra nel contesto delle precarie condizioni economiche e sociali della Sicilia prima e dopo l'unità italiana e la sua figura può essere avvicinata ai molti apostoli della carità della stagione napoleonica e del periodo risorgimentale: don Giovanni Bosco a Torino, l'agostiniano Giacomo Bellesini a Trento, l'oratoriano Alfonso Capecelatro nel Regno di Napoli, il francescano Lodovico da Casoria. A partire dall'epistolario, il volume affronta il magistero cusmaniano del "povero" delineando il contesto storico-sociologico degli inizi del risorgimento italiano e approfondendo il tema della povertà in termini cristologici ed ecclesiali come "ottavo sacramento". Nella conclusione, l'arcivescovo di Catanzaro, Vincenzo Bertolone, valuta il tenore dottrinale della vita evangelica di Cusmano chiedendosi se il medico e prete dei poveri, animato da una "carità sfrenata" che non si ferma all'elemosina ma cerca l'affrancamento dalla miseria, possa essere considerato santo e dottore della Chiesa.
"Le milizie comuniste ci portarono in un "monastero-campo di concentramento". Vi erano religiosi di tutti gli ordini e congregazioni. Ci suddivisero in gruppi e ci misero in diversi campi di lavoro. Io, con altri quattro gesuiti, avevo un documento di esenzione dal servizio militare per ragioni di salute. Per un gioco della Provvidenza ci trovammo liberi e cominciammo a lavorare in un'impresa civile". Ján Korec, classe 1924, giovanissimo vescovo slovacco, si ritrovò a riparare ascensori e fare l'operaio in incognito, per 25 anni, nelle fabbriche comuniste, dedicandosi al tempo stesso al servizio della Chiesa soprattutto attraverso la pubblicazioni di libri e samizdat. Tenuto in libertà vigilata e sotto il controllo della Polizia di Stato, venne arrestato nel 1960 e rinchiuso nel carcere di Valdice. Liberato dodici anni dopo, nel 1990 venne nominato vescovo di Nitra, prima sede episcopale dell'Europa centrale, e l'anno successivo creato cardinale. Apertamente ostile all'Ostpolitik vaticana, Korec ha confessato di aver sofferto meno nelle prigioni che quando gli imposero di non ordinare sacerdoti nella clandestinità: "Ho ubbidito. Questo è il mio testamento: non lasciarsi mai coinvolgere in azioni che dividono la Chiesa". Prefazione del card. Giovanni Coppa.
«Non sono del mestiere: mi occupo di politica quel tanto che è di dovere per un uomo che non accetta di lasciarsi ciecamente condurre»: al di là di quest'affermazione un po' ironica su di sé del dicembre 1945 e sebbene estraneo alla politica dal punto di vista della militanza, di certo Mazzolari non lo fu sotto il profilo della preoccupazione per il bene comune, dell'impegno nel realizzare una società più giusta, dell'appassionato amore per la libertà, della convinta appartenenza alla vita della città. Anzi, in tale prospettiva egli può essere a ragione considerato una delle voci più significative dell'Italia cattolica del Novecento.
L'accurato e impegnativo lavoro di Truffelli si propone di fornire uno strumento utile a delineare la presenza di don Primo nel confronto politico-culturale del proprio tempo. Attraverso una paziente raccolta di testi sparsi di un'opera vasta e insieme frammentaria, distribuita su un arco di tempo più che quarantennale, viene ricostruito un quadro sufficientemente ampio della prolungata e originale riflessione mazzolariana. Ne emerge un uomo pienamente calato nel confronto pubblico a lui contemporaneo, sempre proteso a portare il proprio contributo di pensiero ai processi politici in atto, riconducendoli, a suo modo di vedere, alle ragioni di fondo.
Accanto ai corposi volumi dei Discorsi, curati da P. Trionfini (2006) e degli Scritti sulla pace e sulla guerra, curati da G. Formigoni e M. De Giuseppe (2009), il volume viene a formare un trittico prezioso per l'ampiezza dei documenti, l'apparato di note e la cura dell'edizione critica.
Sommario
Prefazione (G. Campanini). Introduzione (M. Truffelli). Criteri editoriali. Tavola delle abbreviazioni. I. Dalla Grande Guerra alla crisi del fascismo (1916 - 1943). II. La rinascita della democrazia (25 aprile 1945 - 2 giugno 1946). III. Il periodo dell'Assemblea Costituente (giugno 1946 - dicembre 1947). IV. Il 1948. V. I primi anni di Adesso (gennaio 1949 - marzo 1951). VI. Dalla ripresa di Adesso alla morte (ottobre 1951 - aprile 1959). Indice delle riviste. Indice dei nomi.
Note sull'autore
Don Primo Mazzolari (1890-1959), prete dal 1912, dopo essere stato cappellano militare al tempo della prima guerra mondiale, trascorse la sua vita come parroco di piccoli paesi di campagna. I suoi scritti e le sue predicazioni lo imposero all'attenzione pubblica, ma attirarono su di lui anche molte misure disciplinari della gerarchia. Don Primo si sforzò di vivere e di proporre il vangelo nella sua integralità, anticipando molte acquisizioni del concilio Vaticano II. Di grande rilievo furono le sue riflessioni sulla parrocchia, sui «lontani» e sui poveri, sulla pace e la giustizia sociale.
Note sul curatore
Matteo Truffelli è ricercatore di Storia delle dottrine politiche presso l'Università degli studi di Parma. Le sue ricerche sono indirizzate soprattutto allo studio delle culture politiche dell'Ottocento e del Novecento. Tra le sue pubblicazioni: L'ombra della politica. Saggio sulla storia del pensiero antipolitico, Rubbettino, Soveria Mannelli 2008; La "questione partito" dal fascismo alla Repubblica. Culture politiche nella transizione, Studium, Roma 2003.
Il volume è una ricostruzione biografica che fa ampio ricorso a brani originali di don Primo Mazzolari, spesso inediti: corrispondenza, appunti, manoscritti vari, tracce di discorsi e prediche, articoli a stampa. Poche sono le pagine di un vero e proprio diario: l'archivio di Bozzolo conserva infatti solo "pezzi" autografi che riguardano una settimana nel 1946 e poche pagine sparse per tutti gli anni seguenti, fino al 1953. Si inizia con il racconto della giornata bozzolese del 25 aprile 1945 per seguire gli avvenimenti del cruciale periodo fondativo della democrazia e della repubblica e si conclude con il 31 dicembre 1950, nel mezzo di aspre polemiche e di attacchi a don Primo e al suo giornale Adesso. I testi danno spazio al Mazzolari parroco, conferenziere su temi religiosi, amico e consigliere spirituale di innumerevoli persone, osservatore attento delle più diverse realtà (il carcere, l'esperienza di Nomadelfia, la condizione religiosa del popolo italiano, l'Anno Santo). Si resta colpiti dalla sua poliedrica attività, soprattutto se si considera che ogni notte, dopo una giornata faticosa, egli passava ancora del tempo per rispondere alle tantissime persone che si rivolgevano a lui per un consiglio, un conforto, un suggerimento. In diverse pagine di questo volume questo fatto emerge con chiarezza, insieme agli sfoghi "intimi" di un uomo convinto della sua missione, intelligente e colto, ma anche ipersensibile e fragile nella salute.
Oltre 300 lettere, molte delle quali pubblicate per la prima volta in questo libro, compongono il copioso epistolario tra don Primo Mazzolari e i vescovi della sua diocesi di Cremona: Geremia Bonomelli, Giovanni Cazzani e Danio Bolognini. Si tratta di un vero e proprio patrimonio di spiritualità, che permette di approfondire le diverse stagioni del ministero sacerdotale del parroco di Bozzolo e di mostrare il suo rapporto filiale con l'autorità ecclesiastica, senza nascondere incomprensioni e crisi. Anche i vescovi fanno emergere i loro diversi temperamenti e il loro differente approccio nei confronti di Mazzolari. L'epistolario è un utile tassello per approfondire la figura del parroco, ma anche per sondare la spiritualità cristiana come luogo di incarnazione e di decisioni, soprattutto in merito al tema tanto discusso dell'obbedienza. Le lettere mostrano la fatica della fedeltà al vangelo e rivelano schiettezza, apertura di cuore, fiducia, sostegno, dubbi, incoraggiamenti, condivisione, ragionevolezza. Un quadro di fede e di amore alla Chiesa tutt'altro che scontato.
Le oltre trecento lettere raccolte in questo libro aiutano ad approfondire la profonda amicizia tra don Primo Mazzolari e don Guido Astori. Compagni di ordinazione, i due preti lombardi condividono l'esperienza di cappellani militari nella prima guerra mondiale, prima di occuparsi di alcune parrocchie della diocesi: Mazzolari a Cicognara e Bozzolo, nel mantovano, Astori a Bordolano, Casalbuttano e Cremona nella parrocchia di Sant'Agata. Il volume mette a tema l'amicizia presbiterale, uno degli aspetti più interessanti ma anche poco sondati della spiritualità sacerdotale. È un tassello in più per approfondire la figura di don Primo, soprattutto nella ferialità delle sue amicizie e del suo impegno pastorale in parrocchia. I testi d'archivio riportati in appendice consentono di rileggere le parole con le quali don Mazzolari parla dell'amico, presentandolo, nel 1934, alla parrocchia di Casalbuttano e, nel 1940, alla parrocchia cittadina di Sant'Agata, nonché di riscoprire il discorso pronunciato da don Astori al funerale di don Mazzolari, nell'aprile 1959. Postfazione di monsignor Gualtiero Sigismondi.
Nella società francese del XIX secolo, cattolicesimo sociale e questione ebraica si incontrano e si incrociano. Con l'avvento del capitalismo, il rapido sviluppo dell'industria trova ingenti risorse presso i grandi esponenti della finanza del tempo, in larga parte ebrei, come i Rotschild o i Pereire. Questa configurazione genererà una situazione sociale catastrofica per il mondo del lavoro e una ventata antigiudaica molto marcata nella seconda metà del secolo. Essa investirà anche la maggior parte degli attori sociali cattolici dell'epoca, fra cui p. Leone Dehon.
In due giornate di studio svoltesi a Parigi, storici e teologi hanno approfondito tale questione, tentando almeno in parte di rispondere a una domanda che non si può non porsi: a quali condizioni può effettuarsi un'analisi critica del giudaismo del XIX secolo senza parlare necessariamente di antisemitismo, nel senso in cui oggi lo si definisce?
Descrizione dell'opera
Monsignor Giuseppe B. Pasini (1932) ha segnato la storia recente di due grandi organizzazioni cristiane: le ACLI, di cui è stato vice assistente nazionale dal 1967 al 1971, e la Caritas Italiana, di cui ha contribuito alla fondazione ed è stato direttore nel decennio 1986-1996, consolidandone la presenza e la connotazione educativa e sociale.
Nel corso di circa trent'anni di impegno civile ed ecclesiale, Pasini è stato tra le figure più influenti del panorama nazionale. Dalla sua posizione di «osservatore privilegiato», alla direzione del più grande organismo socio-pastorale della Chiesa italiana con un radicamento capillare e stabile in tutte le 220 diocesi, ha potuto cogliere luci e ombre del nostro paese ed evidenziare il persistere di varie forme di povertà ed emarginazione.
Nella ricorrenza degli ottant'anni di monsignor Pasini, il volume propone gli editoriali da lui scritti per Italia Caritas dal 1986 al 1996, una sua conversazione col curatore, una contestualizzazione storica e un'appendice con lettere di apprezzamento e di riconoscenza completata da una galleria fotografica.
Sommario
Presentazione(F. Soddu). Introduzione (S. Ferdinandi). I. Una visione della carità di alto profilo. (G. Brunet). II. Un ministero a servizio del vangelo della carità. III. Tra memoria e prospettive. A colloquio con mons. Giuseppe Pasini (S. Ferdinandi). APPENDICE. Lettere di riconoscimento. Galleria fotografica.
Note sul curatore
SALVATORE FERDINANDI, sacerdote della diocesi Terni-Narni-Amelia, dal 1982 al 2001 è stato direttore della Caritas diocesana, esperienza pastorale riversata poi in Caritas Italiana, dove è responsabile per gli ambiti della formazione e della promozione delle Caritas diocesane e parrocchiali, della documentazione e della sussidiazione. Dopo la specializzazione all'Accademia Alfonsiana di Roma, ha insegnato Dottrina sociale della Chiesa alla Pontificia Università Urbaniana ed è ora docente di Teologia pastorale al Pontificio Collegio Leonino di Anagni. Per EDB ha pubblicato Per una carità aperta al mondo (2003); Radicati e fondati nella carità. Itinerario di formazione alla carità per sacerdoti, seminaristi e diaconi nella Chiesa italiana (22008); Quarant'anni di Caritas. Metodo e strumenti pastorali per educare alla carità (22012).
Giovanni Nervo (1918-2013), prete, cappellano di fabbrica, «padre fondatore» e primo presidente della Caritas Italiana, ha dato un contributo fondamentale a innovare metodi e cultura del welfare state e della cooperazione tra istituzioni pubbliche, privato sociale e volontariato.
Lo testimoniano gli articoli, i testi e i contributi raccolti nel volume. La prima parte, a cura di Salvatore Ferdinandi, disegna un profilo biografico di Giovanni Nervo, mentre la seconda, a firma di Domenico Rosati, ricostruisce il quadro storico, sociale ed ecclesiale nel quale si è trovato a operare il primo presidente dell'organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana per la promozione della carità. La terza parte propone gli editoriali scritti da Nervo per la rivista Italia Caritas e il trimestrale Italia Caritas Documentazione. Essi formano una sorta di «alfabeto della carità» ‒ dall'accoglienza allo zelo pastorale, dalle leggi finanziarie alla povertà, dai diritti negati alle emergenze, dalla condivisione agli stili di vita - che consente di delineare un originale percorso di riflessione ancora oggi di grande attualità.
Il volume è inoltre arricchito dal testamento del sacerdote, da lettere, testimonianze e immagini fotografiche.
Sommario
Presentazione (F. Soddu). Introduzione (S. Ferdinandi). I. Profilo di mons. Giovanni Nervo. La vita, l'uomo, il sacerdote, il maestro-testimone (S. Ferdinandi). Dalla parte di quelli che non contano. Un ritratto di mons. Giovanni Nervo morto il 21 marzo 2013 (A. Cecconi). Mons. Nervo. Povertà: stile e benedizione (G. Pasini). II. Gli ultimi: pensiero dominante. Contestualizzazione civile ed ecclesiale degli anni 1971-1999 nei quali mons.Giovanni Nervo ha operato per la Caritas (D. Rosati). III. Raccolta degli editoriali che mons. Giovanni Nervo ha scritto per Italia Caritas dal 1974 al 1999 e per il trimestrale Italia Caritas Documentazione dal 1981 al 1996. Da Italia Caritas degli anni 1974-1999. Da Italia Caritas Documentazione degli anni 1981-1996. IV. Un mosaico di caratteristiche del «padre» della Caritas. Raccolta di contributi frugando tra i ricordi e le testimonianze dei collaboratori di mons. Giovanni Nervo. Appendice. Testamento di mons. Giovanni Nervo.
Note sul curatore
Salvatore Ferdinandi, sacerdote della diocesi Terni-Narni-Amelia, dal 1982 al 2001 è stato direttore della Caritas diocesana, esperienza pastorale riversata poi in Caritas Italiana, dove è responsabile per gli ambiti della formazione e della promozione delle Caritas diocesane e parrocchiali, della documentazione e della sussidiazione. Dopo la specializzazione all'Accademia Alfonsiana di Roma, ha insegnato Dottrina sociale della Chiesa alla Pontificia Università Urbaniana ed è ora docente di Teologia pastorale al Pontificio Collegio Leonino di Anagni. Per EDB ha pubblicato Per una carità aperta al mondo (2003); Radicati e fondati nella carità. Itinerario di formazione alla carità per sacerdoti, seminaristi e diaconi nella Chiesa italiana (22008); Quarant'anni di Caritas. Metodo e strumenti pastorali per educare alla carità (22012) e ha curato La grammatica della carità. Dall'assistenza alla condivisione nel pensiero di Giuseppe B. Pasini (2013) e Memoria e profezia per testimoniare la carità (2013).
Questo volume tratteggia la figura di don Elvio Damoli, direttore di Caritas Italiana dai 1996 ai 2001, e ne illustra il pensiero sulla povertà, la carità e te politiche sociali. Dopo un profilo biografico, la riflessione considera i più significativi processi di cambiamento dei contesto nazionale ed ecclesiale avvenuti nei quinquennio detta sua direzione. Vengono inoltre proposti gli editoriali scritti da Damoli per il periodico Italia Caritas su temi che spaziano dalle emergenze ai gemellaggi, dalle forme di testimonianza detta carità alle Caritas parrocchiali. Il volume si conclude con i contributi di coloro che hanno avuto t'opportunità di lavorare con don Elvio e un'appendice formata da una breve galleria fotografica.
Papa Francesco ha dato il suo assenso alla beatificazione di 19 religiosi e religiose della Chiesa d’Algeria, assassinati tra il 1994 e il 1996, a causa della loro tenace fedeltà al vangelo, alla Chiesa e al Paese al quale avevano scelto di restare fedeli, nonostante la violenza islamista che imperversava dappertutto fin dagli inizi degli anni '90.
Questa beatificazione sarà un evento di eloquente spessore e di fondamentale importanza per la Chiesa contemporanea, per molteplici ragioni. I nuovi beati sono anzitutto dei contemporanei che molti di noi hanno conosciuto e frequentato e il loro messaggio è un invito a uscire dalla paura viscerale nei confronti dei musulmani e ad esplorare e individuare possibili percorsi realistici ma generosi di incontro, secondo quanto afferma il decreto conciliare Nostra Aetate. Un vescovo, religiose, sacerdoti e religiosi: il loro ruolo diverso nella Chiesa sottolinea che questa testimonianza di amore totale e disinteressato può essere offerta da cristiani comuni che non hanno cercato di diventare degli eroi.
Pierre Claverie, domenicano, vescovo di Orano, era uno di loro; e, con il priore dei monaci trappisti di Tibhirine, Christian de Chergé, è colui che dal punto di vista teologico ha maggiormente esplicitato il profondo significato di questa presenza discreta della Chiesa in un paese musulmano.

