
Questo libro raccoglie alcuni testi di Vittorio Bachelet (1926-1980) in ambito ecclesiale e civile. Essi spiegano, con parole semplici e coinvolgenti, quale debba essere l’atteggiamento del cristiano di fronte alle novità e agli impegni che ci attendono.
Un esempio che Bachelet non dette solo a parole, ma anche con la sua stessa vita fino ad arrivare al suo “martirio laico", come lo definì il card. Martini, cioè la suprema testimonianza di un laico cristiano al servizio della Chiesa e della crescita civile nella giustizia e della pace.
Introduzione di Angelo Bertan.
Il volume presenta i profili di venti grandi personalità della storia (da Agostino a Francesco d'Assisi, da Caterina da Siena a Bonhoeffer) che hanno influito sul loro tempo e che possono dire qualche cosa anche al nostro.
L'Occidente sarebbe diverso scena le energie spirituali di questi santi che sono diventate parte integrante del nostro patrimonio.
Non è solo una rivisitazione storica, ma un'occasione per riflettere su ciò che ha contribuito a costruire una cultura e a rendere grande una civiltà.
Il volume propone materiali poco conosciuti e in gran parte inediti scritti da don Primo Mazzolari (1890-1959) riguardo ad alcuni grandi temi dell'educazione. Dopo aver proposto una sintesi della biografia del parroco di Bozzolo, aggiornata sulla base dei più recenti studi. l'autore esamina il ruolo centrale assegnato da don Mazzolari alla coscienza della singola persona, con il conseguente dovere di educare/educarsi alla coscienza, sia sul punto strettamente della fede e della morale sia su quella della professione e dell'impegno sociale e politico. Il libro si sofferma sul rapporto che don Mazzolari intrattenne con gli insegnanti, in particolare i maestri e le maestre rurali della bassa Lombardia, per aiutarli a riflettere sul significato del loro lavoro e della loro missione pedagogica. Emergono importanti annotazioni come il "dovere" dell'intelligenza e la preminenza dei doveri professionali persino rispetto a quelli della militanza nella Chiesa.
Radicalismo sociale non vuole dire ateismo, il cristianesimo comporta interesse profondo per le sorti del mondo. Questa sembra la lezione che ci ha lasciato la statunitense Dorothy Day (1897-1980), una delle grandi protagoniste del cattolicesimo sociale del Novecento. Fondatrice del giornale "The Catholic Worker" e dell'omonimo movimento che creò case di ospitalità soprattutto per gli emarginati in città e in campagna, conciliò un mestiere moderno come il giornalismo con una fede intensamente vissuta.
I brani antologici presentati, tratti dalle autobiografie e dal giornale, ripercorrono le tappe della sua vita, compresa tra lo "scrivere" e il "fare". Educò con la sua azione generazioni di giovani americani al senso della comunità, della giustizia, della democrazia e della solidarietà sociale e a un profondo pacifismo.
«L'uomo non è perfettamente felice fino a che gli rimane qualche cosa da desiderare e da cercare [...]. Perciò rimane nell'uomo il desiderio naturale di conoscere la natura della causa, quando nel conoscere gli effetti arriva a comprendere che essi hanno una causa. Si tratta di un desiderio dovuto a meraviglia, come dice Aristotele, che stimola la ricerca [...]. Ma alla perfetta felicità si richiede che l'intelletto raggiunga l'essenza stessa della causa prima. E allora avrà la sua perfezione nell'unione a Dio, come all'oggetto del suo desiderio, nel quale soltanto consiste la felicità dell'uomo» (Sum. Theol., I-II, q. 3, a. 8).
La riflessione sull'educazione negli scritti di Giovanni Battista Montini: gli anni dell'attività come assistente della FUCI, l'episcopato milanese, il pontificato di Paolo VI. I temi sono quelli dello studio e dell'insegnamento, della formazione cristiana dei giovani, dell'evangelizzazione intesa come educazione alla fede. «La gioventù avrebbe bisogno di sperare nella giustizia; forse ha un senso eccessivo dell'ingiustizia che ancora è diffusa nel mondo; noi non dobbiamo deludere la sua speranza che l'ingiustizia possa essere se non debellata, almeno gradualmente rimossa. La gioventù ha forse un eccessivo desiderio di dinamismo: non dobbiamo così frenare questo dinamismo da togliergli la spinta verso una perfezione maggiore di quella presente».
Questo libro raccoglie le memorie di prigionia di due martiri albanesi che hanno vissuto la dittatura di Enver Hoxha. Anton Luli e Gjovalin Zezaj svelano il prezzo della grande utopia albanese: passare da paese più arretrato d'Europa a paese guida della rivoluzione mondiale. Tra carceri e torture, gulag e lavori forzati, il sogno egualitario si realizza a rovescio, nell'abbrutimento comune a tutti. Dopo il 1990, con l'avvento della democrazia, gli albanesi scopriranno che la vera felicità non sta nell'agognato consumismo bensì nell'essere e restare umani.