
Partendo dall'esame del legame naturale tra madre e bambino, fondato sull'amore, Winnicott affronta il tema dell'interazione con i genitori e le problematiche legate all'ingresso a scuola. I primi capitoli sono dedicati all'allattamento, allo svezzamento e all'innata moralità del bambino. L'autore approfondisce le difficoltà dei figli unici, le ragioni che spingono i bambini a mentire e rubare, e il processo di conquista dell'indipendenza. "Sono convinto - sostiene Winnicott - che la qualità più importante di una buona madre sia una naturale fiducia nelle proprie capacità. Ritengo sia fondamentale distinguere tra i comportamenti spontanei e quelli che devono essere appresi, in modo da evitare di guastare la naturalezza del maternage".
Nel volume sono riportate le esperienze più significative e consolidate che rappresentano la moltitudine degli interventi terapeutici che si svolgono in Italia da molti anni a favore dei bambini con disturbo dello spettro autistico. Nell'ambito dell'acceso dibattito, il fatto che il Presidente dell'ISS prof. Enrico Garaci abbia specificato che le linee guida non siano prescrittive ma siano una raccomandazione, ha permesso la riattivazione di un dialogo che garantisce la proficuità dell'apertura scientifica. L'On. Paola Binetti, in qualità primariamente di neuropsichiatra infantile, ha promosso l'incontro di diverse scuole di pensiero per far sì che tante esperienze pluridecennali non venissero accantonate e che i genitori continuassero a esercitare la libertà di scelta. Il convegno di cui il presente volume è una testimonianza, si è posto l'obiettivo primario di rispondere alla complessità del disturbo autistico dando voce a quanti si impegnano quotidianamente nell'ambito riabilitativo. Oltre agli interessanti contributi di ordine scientifico, come per esempio quello di Gabriel Levi, sono presenti riflessioni di più ampio respiro che coinvolgono temi di bio-etica, come il contributo di Marianna Gensabella Furnari.
"Che cosa è, allora, il tempo?", si domandava Sant'Agostino.
Sono trascorsi molti secoli, ma ancora non sappiamo rispondere univocamente a questa domanda, nonostante varie discipline abbiano tentato di farlo. Il tempo rappresenta il tipico tema di frontiera poiché abbraccia sia le scienze naturali sia le scienze dello spirito e la sua comprensione necessita di una visione d'insieme in quanto la principale caratteristica del tempo è proprio il suo polimorfismo. La multidisciplinarietà dell'argomento ha dato vita a interpretazioni apparentemente inconciliabili; grazie a una visione complessiva, però, si scopre con stupore quanto tali letture costituiscano, tutte,tasselli fondamentali per organizzare il quadro d'insieme, senza il quale non può essere compreso un argomento così complesso. Per capire le sfumature del fenomeno sarebbe opportuno, quindi, riferirci a più tipologie temporali che guidano l'individuo e risultano fondamentali per la strutturazione della sua identità e personalità. Le modalità con cui percepiamo il tempo si trasformano nella nostra psiche in paradigmi mentali, cioè nel modo di "guardare" il mondo e ciò che ci accade. Tali interpretazioni influenzano la percezione di noi stessi, i nostri atteggiamenti e i nostri comportamenti. Anche la fisica, ormai, non esclude che studiando il tempo ci si possa legittimamente orientare verso qualcosa di "psichico". Il tempo diventa, quindi, un concetto prettamente mentale: contemporaneamente noi siamo dentro il tempo e il tempo è dentro di noi… E l'insieme dei fenomeni potrebbe trovare una spiegazione nella straordinarietà della mente dell'uomo e nella sua contiguità profonda con l'intero Creato.
Come fanno le serie tv di nuova generazione a tenerci incollati allo schermo, spingendoci a guardare dieci puntate di fila e a parlare dei protagonisti come se fossero i nostri amici più cari? Quasi mai per caso, né per l'idea geniale di un solo showrunner, bensì grazie allo sforzo creativo e collaborativo che avviene nella «stanza degli autori». In "Complex Tv" lo studioso di televisione e media Jason Mittell ci accompagna lungo la filiera delle serie, dall'ideazione alla produzione, dalla ricezione del pubblico alla gemmazione dei paratesti. In questo percorso l'autore ci spiega cosa distingue la «televisione complessa» da quella del passato, con particolare attenzione allo storytelling e alle tecniche peculiari del mezzo. Emancipandosi dalla narratologia tramite un linguaggio nuovo e dedicato, esamina tutti i capisaldi di questo formato e i fenomeni a essi associati: dalla rivoluzione apportata dai "Soprano" al successo irripetibile di "Lost", dalla struttura comica complessa di "Arrested Development" e "How I Met Your Mother" fino alla radicale trasformazione di Walter White in "Breaking Bad". "Complex Tv" non si rivolge soltanto agli appassionati: oltre a essere lo strumento che mancava per analizzare questa nuova arte, può rivelarsi prezioso per chiunque voglia scoprire (e magari imparare) i segreti dello storytelling.
Dalla seconda metà degli anni novanta, i format hanno avuto un impatto inaudito sulla televisione, sui suoi linguaggi e di conseguenza sulle nostre abitudini di consumo. I primi grandi format hanno diffuso in tutto il mondo programmi identici: titoli come "Grande fratello" o "Chi vuol essere milionario?" portano gli stessi brand globali sulla tv italiana come su quelle di molte altre nazioni, adattati solo in parte secondo i gusti e le necessità locali. "L'era dei format" è un testo che, attraverso il ricorso costante alle riflessioni dei professionisti e a documenti industriali eccezionalmente resi pubblici, riesce a raccontare l'evoluzione del mercato, dalla stagione dei cosiddetti «superformat» ai più recenti format delle società di produzione indipendenti e all'odierna grande parcellizzazione di idee in seguito allo sviluppo dell'offerta con centinaia di canali e di piattaforme. Chalaby offre uno sguardo originale, completo e informato sulle professioni del format, sugli snodi principali del mercato e sui flussi commerciali più importanti. Compie inoltre una panoramica sui paesi più attivi - in cui, a sorpresa, gli Stati Uniti o il Regno Unito si trovano affiancati da mercati più piccoli ma agguerriti come Olanda e Israele - portando il lettore a scoprire i segreti alla base dei format di maggiore successo, i loro significati e l'impatto che hanno sulla popular culture contemporanea.
Se chiedete a un giornalista, affermato o meno, perché abbia scelto di scrivere per guadagnarsi da vivere, la risposta che vi darà, proverbialmente, sarà: «Fare il giornalista è sempre meglio che lavorare».
La realtà è che saper scrivere è ben più che un talento o una dote, e che per arrivare a lavorare in un giornale sono fondamentali sì l’abilità nel raccontare storie e la passione per la comunicazione ma soprattutto il costante aggiornamento personale e un continuo esercizio sulla scrittura.
Questo libro non è un semplice manuale di tecnica. È, piuttosto, un lungo viaggio compiuto “testi alla mano” attraverso tutti i generi giornalistici, analizzando per ciascuno di essi i pezzi più decisivi degli ultimi anni in una sorta di autopsia della struttura, della forma e delle tecniche più efficaci sperimentate da giornalisti e scrittori dei principali giornali italiani.
Obiettivo: insegnare al lettore che è possibile provare a scrivere come un reporter, un commentatore o un intervistatore sia per diletto che per esercitare la propria passione per la notizia o, più ambiziosamente, per imparare dalle grandi firme del passato e dai professionisti di oggi a raccontare “per mestiere” la società in cui viviamo.
Partendo da alcune affermazioni di Umberto Eco sull'analisi testuale, l'autore tenta di rintracciare i confini della scrittura teatrale prescindendo dalla rappresentazione. Ryngaert presenta numerosi esempi di analisi così come esercizi per addestrare alla tecnica analitica. Il commento a due testi, una scena del "Don Giovanni" di Molière e "Finale di partita" di Samuel Beckett, illustra concretamente l'impostazione dell'autore. Quest'opera è destinata agli studenti di lettere (modeme e classiche), agli studenti di teatro e a tutti coloro per i quali la lettura dei testi teatrali è oggetto di interesse professionale e di piacere.
Nel 2006 Dino Audino pubblicava un volume che a suo modo è diventato un piccolo cult: Overlooking Kubrick. Raccoglieva i risultati di una serie di convegni dedicati al Maestro (scomparso nel 1999) da diverse Università italiane. Molta acqua è passata sotto i ponti, molti libri e saggi sono stati scritti, tante riflessioni e analisi sono state fatte. Ma vale la pena rileggere alcuni "storici" interventi (tra questi saggi di studiosi italiani e stranieri tra i più illustri, da Sorlin a Bruno, da Bertetto a De Gaetano, da Sesti a Bernardi), mettendoli a confronto con analisi di studiosi delle generazioni più giovani (come Carocci e Ugenti). Sono altri "sguardi" su un regista che permette di riflettere sui rapporti del cinema con la storia, con la letteratura, coi generi, con l'ideologia, con le emozioni. È un'occasione per continuare a indagare su uno dei più grandi autori della storia del cinema, e anche un viatico per ulteriori studi.
La prassi quotidiana dell'operatore o dell'assistente sociale è costellata di aspetti burocratici che s'incarnano sempre in documenti scritti da elaborare per ogni occasione di rapporto con le istituzioni. Il libro di Floris e Mostardi si propone di aiutare gli addetti dei servizi sociali in questo lavoro di scrittura puntuale ed efficace. La prima parte del manuale è stata pensata come una guida per orientarsi nei procedimenti corretti di costruzione di un testo e affinare le competenze della pragmatica della comunicazione: dall'aspetto sintattico della frase, alla punteggiatura, dal registro linguistico appropriato, all'organizzazione dei diversi testi. La seconda parte invece è centrata sulle differenti tipologie testuali in uso nel lavoro pratico dei professionisti del sociale, con l'obiettivo di migliorare la scrittura argomentativa e informativa nelle comunicazioni formali con interlocutori diversi, oltre alla corretta stesura di progetti e documentazione degli interventi. Un'ultima parte è dedicata alle innovazioni tecnologiche delle intelligenze artificiali, come ChatGPT che ha aperto nuovi orizzonti e riflessioni nella scrittura.
Il volume raccoglie gli atti del convegno svoltosi nell'ottobre 2020 a Omegna, città natale di Gianni Rodari, per ricordare lo scrittore nel centenario della nascita. Nelle pagine del libro viene messa in rilievo l'essenza profonda del lavoro di Rodari, che consiste nel porre al centro dell'attenzione la parola, per sperimentare tutta la gamma dei suoi usi. La parola è la chiave per accedere alla libertà e dunque alla democrazia: «Tutti gli usi della parola a tutti [...] Non perché tutti siano artisti, ma perché nessuno sia schiavo». Lavorando con le parole lo scrittore traccia anche la strada per la creazione fantastica. Il linguaggio e la fantasia sono infatti strettamente legati mediante il gioco linguistico. «Una parola può generare una storia perché mette in movimento tratti della nostra esperienza, del nostro vocabolario, del nostro inconscio. Mette in movimento le nostre idee, la nostra ideologia». Ecco allora che il gioco con le parole, con i loro suoni, sensi e significati, permette di sfruttare le numerose potenzialità della lingua, di usarla in modo libero e "trasgressivo" infrangendone l'uso solito e, "trasgredendo", consente di dar vita all'invenzione di storie o filastrocche. Testi creativi che lo hanno reso noto in tutto il mondo e che consentono agli insegnanti di mettersi alla prova con i propri allievi per sperimentare gli arnesi e le tecniche usati dallo scrittore. E, nel contempo, di impadronirsi meglio di tutti gli usi della lingua.
Il contesto generale del discorso di Dalarun è costituito dal medioevo occidentale. A partire da tale contesto si propone la domanda capitale: come e perché governare diviene sinonimo di servire. Alcuni prelievi circoscritti da un ciclo di lezioni di Michel Foucault, pubblicato postumo nel 2004, suggeriscono l'andamento di questo libro. Si tratta in particolare della distinzione tra sovranità e governo. Sovranità infatti implica dominio. Governo comporta un'arte di governare gli uomini che li avvolge e li coinvolge ma non li domina. Ed è qui che Dalarun coglie un'analogia con le elaborazioni che l'idea e la pratica di governo avevano conosciuto nell'ambito degli Ordini religiosi medievali. È un libro prezioso, prezioso perché offre un esempio spinto all'estremo di scomposizione di alcuni testi medievali per darne una lettura e un'interpretazione le più fondate ed esaurienti possibili (e che si tratti di testi in fondo "minori" - alcuni passi riguardanti la vita di Chiara, il biglietto di Francesco a frate Leone - accentua la preziosità dell'impresa). È un libro infine fitto di pagine illuminanti ma anche non privo di affermazioni che non mancheranno di suscitare discussioni.

