
Il volume è la nuova edizione aggiornata del Manuale di Studi strategici pubblicato da Vitae Pensiero nel 2010 e più volte ristampato negli anni successivi. Che cos'è la strategia? Come si è sviluppato il 'pensiero strategico' nella storia? Esistono alcuni principi 'immutabili' della guerra? Che cosa sono le 'nuove guerre', i 'conflitti asimmetrici' e la 'guerra fra la gente'? E gli 'studi strategici'? Ripercorrendo l'opera di diversi autori che nel corso del tempo si sono confrontati con queste domande impegnative, da Tucidide a Sun Tzu,da Machiavelli a Clausewitz, fino ai contemporanei Liddell Hart, Kissinger, Luttwak, Giampiero Giacomello e Gianmarco Badialetti provano a spiegare, in maniera chiara e sintetica, da dove provengono concetti e termini strategici (così male utilizzati nei media), quali sono le dinamiche strategiche che condizionano il ricorso alla forza militare da parte dei governi e quali gli strumenti (come il controllo degli armamenti e il peacekeeping) che possono oggi limitarne le conseguenze. Ne risulta un manuale agevole, rivolto in particolare agli studenti di scienze politiche, relazioni internazionali, cooperazione e sviluppo e peace studies, ma utile anche, più in generale, a coloro che sono interessati a capire i rapporti tra politica e logica di guerra, nella convinzione che in una democrazia è fondamentale conoscere questi temi per poterne discutere apertamente.
Che cos'è l'ordine internazionale liberale e perché è a rischio di estinzione? Dai suoi esordi, all'indomani del primo dopoguerra, l'ordine liberale ha significativamente mutato trama, attori e toni della politica internazionale, mirando a creare istituzioni e norme che imbrigliassero le forze che per secoli hanno condotto le comunità politiche a farsi la guerra. Mai realizzato compiutamente, l'ordine liberale ha prodotto la più significativa rete di connessioni tra le società, giungendo a rendere la guerra improbabile nelle aree nelle quali si è affermato più in profondità. Un modello ambizioso che, rifiutandosi di separare lo spazio pacifico della democrazia liberale e quello internazionale degli stati vestfaliani, promette benessere diffuso, sicurezza e prospettive di progresso per i singoli individui e per i gruppi. Oggi, tuttavia, molto del liberalismo delle origini sembra essersi perduto. Al libero mercato si sono sostituiti oligopoli globali, alla centralità dell'individuo la politica dell'identità che ipostatizza l'appartenenza di gruppo; alla promessa di benessere per tutti sono subentrate crescenti ineguaglianze. Promesse mancate del liberalismo che lo hanno delegittimato, originando manifestazioni antagoniste che sostituiscono la fiducia nel progresso con lo scetticismo nei confronti delle forze che lo rendono possibile (la scienza, la tecnica, il sapere). Gli effetti sono evidenti sia internamente alle democrazie liberali sia a livello internazionale. Il volume analizza le fondamenta, l'evoluzione e la crisi dell'ordine liberale, sottolineando le sfide rappresentate dalle ricette neoliberiste all'economia globale, dalla rivoluzione digitale e dalla necessità di combinare sicurezza e diritti, rivendicazioni particolaristiche e vocazione universalista. L'elezione di Donald Trump, la Brexit, il populismo sovranista, la crisi del multilateralismo, l'euroscetticismo vengono interpretati nel quadro complessivo di un ordine vittima delle proprie mancate promesse. Il risultato è un quadro complesso e articolato, nel quale processi di natura tecnologica, sociale, politica ed economica si intrecciano, a livello globale, regionale e nazionale. L'esito finale induce più di una preoccupazione per le sorti dell'ordine internazionale fondato sul diritto, delle istituzioni nazionali basate sulla democrazia liberale e dei processi di integrazione politica come l'Unione europea. Le sfide sono tali per cui non basterà la capacità di resistere, ma occorrerà quella di adattarsi e trasformarsi. Solo così il sipario sull'ordine liberale potrà restare aperto.
La questione dell'autorità, tema classico delle filosofie dell'educazione, del diritto e della politica, non pare aver trovato altrettanta attenzione da parte della filosofia morale. Tale difetto di interesse potrebbe avere a che fare con un certo sospetto che la nozione tradizionalmente suscita, sospetto riconducibile a una presunta alternativa tra l'autorità e la libertà. Dal punto di vista sostanziale, tuttavia, la libertà ha una sua genealogia: si sviluppa e matura nel tempo, grazie anche a mediazioni esteriori, simbolicamente istituite, le quali assumono per il soggetto e per la collettività la figura dell'autorità. Autorità è ciò che genera libertà e umanità: questa è la conclusione a cui giunge un secolo di studi sul tema, ma è anche l'intuizione fondamentale di una peculiare filosofia italiana dell'autorità che, iniziata da Vico nel XVIII secolo, conosce significative riprese nel XX secolo e apre prospettive future in vista di un'antropologia e di un'etica dell'autorità.
"Sociologia generale" si propone come manuale di riferimento per studenti che affrontano la disciplina nei corsi universitari. L'impianto dell'opera si fonda sulla centralità della categoria di persona: in questa linea di pensiero, essa viene intesa come fondata sul possesso di quattro principali attributi (unicità, relazionalità, storicità e concretezza)e nella sua correlazione con la struttura sociale, distinguendola così dal concetto di individuo, concepito come astratto e fungibile. La centralità della persona evidenzia anche la scelta di considerare "la voce della scienza" un'impresa comune, sintesi di voci diverse che, insieme, costruiscono la società e la scelta di fare legittimamente propri tutti gli strumenti che la ricerca sociale ha sviluppato nel corso del tempo. Il volume è suddiviso in due parti: nella prima è presentato lo sviluppo delle idee sulla società che, nell'arco di due secoli, gli scienziati e le scienziate sociali hanno generato vivendo nel loro tempo; nella seconda vengono illustratigli ambiti nei quali gli esseri umani in società si trovano a fare esperienza di vita. In questo libro, dunque, si può trovare il pensiero della disciplina: le teorie che autori e autrici hanno contribuito a costruire producendo idee utili alla comprensione e alla spiegazione delle forme della convivenza umana. Inoltre, si può trovare la discussione sulle sfere d'azione nelle quali le persone vivono, dalle forme delle loro interazioni al lavoro, dai modi della comunicazione alla famiglia, dalla scuola al tempo libero, solo per fare alcuni esempi. Il manuale propone anche lo studio di alcune sociologhe degli ultimi due secoli: spesso il lavoro di queste donne è stato relegato in un secondo piano che non ha consentito loro di far conoscere diffusamente il proprio pensiero, oscurato da logiche escludenti. Il presente testo si propone di recuperare e proporre questa ricchezza alle nuove generazioni di studenti. Il manuale è corredato da strumenti didattici digitali per studenti e docenti, tra cui Padri e madri della sociologia un podcast pensato come percorso di apprendimento sonoro, liberamente fruibile inquadrando il codice QR posto sul risvolto di copertina.
Nel costante dibattito sulle trasformazioni della democrazia, riemerge spesso la tentazione di dare forma a un nuovo modello di organizzazione del potere che faccia a meno delle mediazioni, così da consentire a ogni cittadino di essere direttamente in contatto con il decisore politico. Questo libro cerca di discutere problematicamente tale ipotesi, sottolineando come la distanza tra rappresentanti e rappresentati sia un elemento indispensabile per il funzionamento della democrazia. L'obiettivo principale è infatti quello di riportare l'attenzione della teoria politica sull'area intermedia tra chi governa e chi è governato, a partire da una ricostruzione del tortuoso percorso di sviluppo e di legittimazione dei corpi intermedi e dalla discussione delle principali teorie della mediazione (e della disintermediazione). Uno spazio particolare verrà riservato alla «democrazia immediata»: un'espressione usata in tempi recenti per indicare un modello politico fortemente influenzato dai processi di disintermediazione che, in verità, ha una lunga storia alle spalle, intrecciata con i processi di sviluppo della democrazia rappresentativa.
La psicologia giuridica rappresenta il punto di incontro tra la psicologia e il diritto. Come un tessitore che combina in modo armonico fili e stoffe di diverso colore e consistenza per realizzare la sua opera, così lo psicologo giuridico è impegnato, da un lato, in un'opera di paziente "cucitura" all'interno di storie di persone e famiglie la cui vita si è intrecciata con il mondo della giustizia, dall'altro, in un compito di accurato confronto e integrazione tra due contesti, quello psicologico e quello giuridico, con due diversi saperi e modi di operare. Questo volume attraversa alcune tra le principali aree applicative della psicologia giuridica, evidenziando le questioni aperte che si pongono a chi si accosta alla disciplina per approfondire le proprie conoscenze e a chi desidera svolgere la propria attività in questo ambito con competenza e attenzione al contesto. Nell'ottica di percorrere e mettere a fuoco aspetti teorici e applicativi della psicologia giuridica, vengono analizzate tematiche attuali quali la tutela del minore vittima e autore di reato, la consulenza valutativa in tema di affidamento dei figli e di danno di natura psichica, i diversi aspetti della violenza di genere e nella coppia, la possibilità di svolgere trattamenti in carcere nell'orizzonte di un'ottica educativa e riparativa. Per ogni tematica affrontata si delineano i costrutti psicologici di interesse, la cornice giuridica di riferimento e le prassi operative più attuali, attraverso un approccio completo e interdisciplinare. Ne deriva un ampio quadro della psicologia giuridica nelle sue varie ramificazioni e nelle metodologie e strumenti che lo psicologo può utilizzare in ambito psico-giuridico, con un'attenzione particolare ai confini dell'intervento e alla deontologia. Psicologia giuridica è un manuale indispensabile per chi desidera operare con rigore e sensibilità all'intersezione tra psicologia e diritto.
La spiritualità ricopre un ruolo importante nel modellare la salute delle persone. Credenze e atteggiamenti in tema di benessere, stili di vita e comportamenti, decisioni terapeutiche e adesione alle cure sono influenzati dalle convinzioni spirituali e dalla fede religiosa. Inoltre, la spiritualità rappresenta una risorsa essenziale per fronteggiare la malattia, la disabilità, i traumi e la perdita di autonomia nei processi di invecchiamento. Malgrado ciò, l'identificazione dei bisogni spirituali è sottovalutata in ambito sanitario e l'assistenza spirituale non viene ancora sufficientemente presa in considerazione nei contesti di cura. Attraverso l'analisi degli studi più recenti, il volume offre una ricognizione delle evidenze di letteratura, delle strategie operative e degli strumenti metodologici, proponendo spunti e riflessioni per tutti gli studiosi e addetti ai lavori, al fine di promuovere una medicina centrata sulla persona.
Viviamo in un'epoca di cambiamento radicale dei nostri stili di vita e di profonda sfiducia nei confronti delle istituzioni e anche dei media. In questo contesto, che ruolo hanno le imprese? Con quale mindset deve essere progettata la loro comunicazione? Quali sono le sfide e le opportunità che interessano oggi questa disciplina? Il volume si rivolge a studenti universitari e professionisti con l'ambizione di farli appassionare alla comunicazione d'impresa e alle sue molte sfumature. Il manuale propone un'articolazione in tre parti: la prima offre una visione ampia del contesto in cui le imprese si trovano oggi a comunicare, fornendo un approccio sistemico fondamentale per generare valore; la seconda approfondisce i diversi ambiti in cui la comunicazione d'impresa si articola (comunicazione istituzionale, gestionale, commerciale ed economico-finanziaria) e li arricchisce con una nutrita selezione di esempi e alcune interviste a professioniste e professionisti della comunicazione; la terza tratta temi trasversali di grande attualità.
Questo libro raccoglie una serie di saggi e di testimonianze volti a promuovere una rivisitazione delle vicende della Federazione Cgil, Cisl, Uil che dal 1972 al 1984 ha rappresentato un'esperienza originale del movimento sindacale italiano, contribuendo ad accrescerne il ruolo e l'influenza nella vita economica, sociale e politica del paese così come nella dimensione internazionale in particolare sul piano europeo. L'esperienza della Federazione Unitaria segna profondamente l'intera vicenda degli anni Settanta e, malgrado il carattere di compromesso del Patto federativo, rappresenta indubbiamente il punto più alto del rapporto unitario fra le tre grandi confederazioni e del loro potere sindacale di fronte alle controparti, ma soprattutto di fronte al sistema politico e al governo.
Quale ruolo ha effettivamente svolto il servizio sociale nei vari ambiti e contesti in cui si è esplicata la sua attività? Che tipo di risposte ha saputo o potuto dare ai molteplici bisogni cui di volta in volta è stato chiamato a rispondere? E quale contributo ha fornito alla costruzione del nuovo welfare che la Repubblica, non senza difficoltà, veniva definendo dopo il secondo conflitto mondiale? Partendo dai dati emersi nel corso del VI incontro di studio Sostoss, tenutosi a Roma il 28 maggio 2013, arricchiti da ulteriori riflessioni, fonti e analisi, i testi raccolti in questo volume provano a tracciare un quadro critico della presenza e del ruolo del servizio sociale nel nostro paese. In particolare, è descritto e analizzato l'impegno della professione nei programmi sociali a carattere comunitario a favore di comunità territoriali, nelle periferie urbane e nelle aree rurali di vecchio e nuovo insediamenti, nel periodo compreso tra la fine della guerra e gli anni Settanta.
Questo volume - frutto di una feconda collaborazione tra storici contemporaneisti, archivisti e assistenti sociali, che hanno ricostruito il contesto nel quale operò la Commissione d'Inchiesta sulla diffusione della miseria nel Paese formata da parlamentari della prima legislatura - mostra l'Italia del 1952, nella quale erano ancora evidenti le disastrose conseguenze della guerra. Un mondo che la Repubblica appena nata si impegnò a cambiare in meglio, prima indagandolo - anche grazie al ruolo significativo degli assistenti sociali e delle loro interviste alle famiglie campionate - e poi con azioni dirette, volte a rispettare l'impegno dei Costituenti per promuovere una società democratica, dotata di un sistema di garanzie dei diritti capace di sostenere anche le persone svantaggiate. Le attuali condizioni socio-economiche dell'Italia sono indubbiamente migliori rispetto a quegli anni, ma la Società per la storia del servizio sociale ritiene doveroso ricordare l'impegno profuso allora.
La figura dell'assistente sociale si è sviluppata in Italia, negli anni complicati e carichi di speranza del secondo dopoguerra, con i tratti caratteristici e peculiari che, almeno in parte, tuttora la contraddistinguono. La nascita delle cosiddette "scuole nuove" di servizio sociale, il convegno per Studi di assistenza sociale di Tremezzo e l'ingresso degli assistenti sociali nel mondo degli enti di assistenza sono le tre tappe fondamentali di questa storia nella quale si impegnarono nomi di primo piano del mondo accademico, politico e culturale di allora. Una storia non conosciuta, a tratti avventurosa, contradditoria, che si è intrecciata con la storia della Resistenza, dell'assistenza e più in generale con la storia della giovane democrazia italiana.

