
Come si "fa" concretamente un colloquio? E cosa differenzia un colloquio psichiatrico da una conversazione amichevole? Dall'analisi delle risposte a queste due domande prende le mosse tutto il testo di questo saggio, che - scaturendo dall'esperienza didattica dell'autore - cerca di condurre il lettore dalla descizione minuta dei particolari tecnici (come si prende un appuntamento, che arredamento dovrebbe avere una stanza adibita ai colloqui, come ci si presenta e così via) alla riflessione sul significato di questi particolari e sulle loro implicazioni teoriche e culturali. L'autore è convinto che solo studiando minutamente la tecnica lo psichiatra (o lo psicologo clinico) può giungere ad elaborare uno stile professionale che sia, ad un tempo, personalizzato al massimo e al massimo comunicabile, condizione, quest'ultima, necessaria per il mantenimento dell'equilibrio psichico di chi si occupa della mente degli altri.
Sebbene i clinici sappiano da lungo tempo che i problemi della vita adulta hanno radice nell'infanzia, fino a poco tempo fa non esisteva un accordo su quali eventi dell'infanzia fossero cruciali in tal senso. Questa situazione sta cambiando radicalmente. Una fonte per migliorare la nostra comprensione del problema viene dalla gran mole di studi sullo sviluppo socioemotivo dei bambini piccoli e dei più grandi che crescono nell'ambiente della famiglia, studi che furono stimolati dalle ricerche pionieristiche di John Bowlby sull'attaccamento, la separazione e la perdita. In questo testo Bowlby presenta ad un pubblico di clinici lo stato attuale della ricerca. Oltre a descrivere molte recenti scoperte sullo sviluppo, fornisce un profilo aggiornato della teoria dell'attaccamento, che oggi è ampiamente riconosciuta come una teoria estremamente efficace per organizzare i dati ottenuti dall'osservazione, e mostra come le nuove conoscenze, applicate alla psicoterapia di orientamento psicoanalitico, aiutino a chiarire gli obiettivi della terapia e a guidare il terapeuta nel suo lavoro.
L’attualità della consulenza di processo come risposta necessaria alle sfide dello sviluppo organizzativo
Perché è così difficile uscire dalla sindrome delle parole e realizzare davvero le organizzazioni centrate sul cliente interno ed esterno, piatte, flessibili, innovative, creative, capaci di apprendere? Perché tanti progetti di qualità non raggiungono in pieno gli obiettivi sperati? Il tema dell'empowerment rappresenta una proposta originale, un certo senso di frontiera, per coagulare i concetti e i temi sottesi a queste domande e rilanciare la centralità dell'uomo e le condizioni in cui le sue competenze e le sue potenzialità siano utilizzate al meglio, trasformandosi in reali "potenze" e "facoltà".
Gli autori rispondono ad alcune domande cruciali per la psicologia del ciclo di vita: che cos'è lo sviluppo? Come ha luogo? Quali sono le sue dinamiche generali? La definizione di sviluppo tiene in debita considerazione i concetti di stabilità, variabilità, cambiamento, fino a proporre un concreto modello del funzionamento e della struttura degli esseri umani.
A Princeton, nel 1955, un gruppo di illustri scienziati di campi diversi ingaggia una serrata discussione sul significato da dare alla parola "gioco", o più precisamente, su come intendere il messaggio "questo è un gioco". Gregory Bateson pone il problema e le sue parole sono il filo che avvolge l'intera discussione. Bateson approfondisce qui le sue riflessioni sul gioco, le amplifica, aggiungendo altri giri di pensiero, come l'immagine della struttura "a buccia di cipolla" o le spiegazioni del perché non si può mai dire a qualcuno "gioca!".
Arriva un momento nell'età adulta in cui si avverte il desiderio di raccontare la propria storia di vita. Per fare un po' d'ordine dentro di sé e capire il presente; per ritrovare emozioni perdute e sapere come si è diventati, chi dobbiamo ringraziare o dimenticare. Quando questo bisogno ci sorprende, l'autobiagrafia di quel che abbiamo fatto, amato, sofferto, inizia a prendere forma. Diventa scrittura di sé e alimenta l'esaltante passione di voler lasciare traccia di noi a chi verrà dopo o ci sarà accanto. Sperimentiamo così il "pensiero autobiografico", che richiede lavoro, coraggio, metodo, ma procura, al contempo, non poco benessere.
Il libro raccoglie gli scritti di Daniel Stern dagli anni '70 a oggi, disegna il percorso di ricerca e gli sviluppi clinici di questo studioso americano, figura innovativa nel panorama psicoanalitico. I primi scritti sulle interazioni precoci madre-bambino aprono nuove prospettive di studio non solo nel campo dei modelli dello sviluppo infantile ma nella stessa teoria del funzionamento psichico. La fertilità di questo approccio si rivela anche decisiva per rileggere le stesse esperienze cliniche e in particolare la psicoterapia madre-bambino, come risulta negli scritti degli ultimi anni. Dall'intersezione fra gli studi infantili e il lavoro clinico si viene a delineare questo nuovo campo di esplorazione.