
Tra gli argomenti presenti nel volume: Economia politica e politica economica, la New Economy, globalizzazione, povertà, ambiente; La gestione dell'azienda e il marketing nell'era di Internet, Reti, e-commerce, piccola e media impresa, non profit; Banca, borsa, finanza, assicurazioni, strumenti finanziari e derivati; Nozioni di diritto societario, del lavoro e previdenziale, le trasformazioni del welfare; Statistica e demografia, matematica finanziaria e attuariale; L'Italia nella UE e nell'Eurosistema; L'informazione economica on-line.
La società oligarchica propria dell'umanità globalizzata vede al vertice della piramide una casta di super-ricchi composta da qualche decina di migliaia di individui. Subito sotto, politici, manager, scienziati, intellettuali e funzionari, Risultato: 300.000 persone, su 6 miliardi, controllano la quasi totalità del capitale finanziario globale. C'è chi possiede un appartamento a Manhattan da 2800 metri quadri con 4 cucine, chi offre pacchetti-vacanza spaziali da 200.000 dollari, chi gironzola su un sottomarino con appartamento di lusso da 43 milioni di dollari. Peggio, non solo spendono i loro guadagni in modi assurdi, ma cosi facendo danneggiano il pianeta. Ormai non è più solo un problema di giustizia (e di etica), è in gioco la sopravvivenza stessa del pianeta.
Nel 1999 Paul Krugman aveva raccontato le crisi che hanno devastato diverse economie in Asia e in America Latina, lanciando un terribile monito: può accadere anche da noi, e possiamo andare incontro a una nuova Grande Depressione. Così come i batteri diventano resistenti agli antibiotici, anche la moderna finanza è diventata immune ai rimedi escogitati dopo la crisi del '29. I primi anni del nuovo millennio, con il boom di Wall Street e il trionfo della finanza allegra, sembravano smentire questa previsione. Poi è arrivato il "grande crac" del settembre 2008, e nelle stesse settimane Paul Krugman ha vinto il Premio Nobel per l'Economia. In questa nuova edizione del Ritorno dell'economia della depressione, ampiamente rivista e aggiornata, Paul Krugman ci fa capire come la "deregulation" e le dinamiche di un sistema finanziario svincolato da ogni controllo abbiano prodotto la peggiore crisi dagli anni Trenta a oggi. E ci illustra le misure che bisogna prendere perché fenomeni del genere non si ripetano.
"Il tempo è scardinato", si lamenta Amleto. È vero che da sempre il progresso tecnologico ed economico è accompagnato - e forse causato dall'accelerazione. È vero che il trasporto sempre più veloce di uomini e mercanzie, l'accelerazione degli scambi e dei commerci, per non parlare delle armi, sono senz'altro il marchio della modernità. Il futuro, che l'economia mondiale ha cercato di addomesticare facendo gonfiare a dismisura il credito, si è praticamente azzerato in una crisi di proporzioni planetarie. I primi a sperimentare gli effetti di questo eccesso di velocità sono stati gli uomini politici, le star dello spettacolo e dello sport, i grandi manager. Ma ora il fenomeno, grazie alla diffusione delle nuove tecnologie, che permettono di restare connessi sempre e dovunque, si è diffuso a livello di massa. Il tempo breve esplora, con finezza e profondità, la malattia forse più grave della nostra epoca, quella che ci sta facendo perdere alcuni fondamentali punti di riferimento. Marco Niada ripercorre in una felice sintesi la storia del tempo, dagli antichi calendari ai monasteri, dai mercati alle microfrazioni di secondo dei moderni traders. E soppesa l'impatto che questa mutazione ha avuto su di noi, uomini e donne del nuovo millennio: perché sta cambiando per sempre la nostra capacità d'attenzione, la nostra immaginazion nostra memoria, la nostra identità.
L'ultima spaventosa crisi economica - quella che stiamo subendo in questi anni - ci obbliga a riflessioni radicali sul mondo intorno a noi, sugli altri e su noi stessi. In particolare, ci costringe a ripensare il nostro rapporto con il denaro, in una società dominata dal principio dell'avidità e dell'arricchimento a qualunque costo, dove la speculazione finanziaria produce incontrollabili effetti perversi. Lo squilibrio tra ricchezza e povertà è un tema su cui gli esseri umani riflettono da quando è nata la civiltà. Tomás Sedlácek ha avuto un'intuizione semplice e geniale: rileggere in questa prospettiva i testi che hanno ispirato l'umanità, sia opere di carattere religioso - dal Vecchio Testamento al Talmud al Corano - sia opere filosofiche, ma spaziando anche in altri ambiti quali il mito, la psicologia, la letteratura, il cinema. Oggi la "scienza triste" privilegia la freddezza astratta dei modelli matematici. "L'economia del bene e del male" riporta invece in primo piano il fattore umano, la sensibilità dei saggi e dei poeti, il nostro senso della giustizia, il valore della solidarietà. Solo ripartendo da questa base, suggerisce Sedlácek, è possibile cambiare il modo in cui pensiamo l'economia e la società in cui viviamo. Prefazione di Vaclaw Havel.
L'ultima spaventosa crisi economica - quella che stiamo subendo in questi anni - ci obbliga a riflessioni radicali sul mondo intorno a noi, sugli altri e su noi stessi. In particolare, ci costringe a ripensare il nostro rapporto con il denaro, in una società dominata dal principio dell'avidità e dell'arricchimento a qualunque costo, dove la speculazione finanziaria produce incontrollabili effetti perversi. Lo squilibrio tra ricchezza e povertà è un tema su cui gli esseri umani riflettono da quando è nata la civiltà. Tomás Sedlácek ha avuto un'intuizione semplice e geniale: rileggere in questa prospettiva i testi che hanno ispirato l'umanità, sia opere di carattere religioso - dal Vecchio Testamento al Talmud al Corano - sia opere filosofiche, ma spaziando anche in altri ambiti quali il mito, la psicologia, la letteratura, il cinema. Oggi la "scienza triste" privilegia la freddezza astratta dei modelli matematici. "L'economia del bene e del male" riporta invece in primo piano il fattore umano, la sensibilità dei saggi e dei poeti, il nostro senso della giustizia, il valore della solidarietà. Solo ripartendo da questa base, suggerisce Sedlácek, è possibile cambiare il modo in cui pensiamo l'economia e la società in cui viviamo. Prefazione di Vaclaw Havel.
Attraverso un'ampia documentazione storica, "La ricchezza e la povertà delle nazioni" affronta il problema più grave e urgente del pianeta: il divario crescente tra i ricchi e i poveri. Nel corso degli ultimi 600 anni, i paesi più ricchi del pianeta sono stati quasi tutti europei. Alla fine del XX secolo la bilancia ha iniziato a inclinarsi verso l'Asia, dove paesi come il Giappone si sono sviluppati con inedita rapidità. Ma perché alcune nazioni sono state privilegiate mentre altre sembrano destinate a restare per sempre nella miseria? Riprendendo la riflessione di Adam Smith, David S. Landes ricostruisce la lunga storia della ricchezza e della potenza nel mondo.
La società industriale collegava un modo di produzione a un sistema di protezione e di welfare. La questione economica s'intrecciava con quella sociale, con fortissime implicazioni politiche. La società postindustriale tende invece a separare queste due sfere, segnando così l'inizio di una nuova era, dove il dominio assoluto del mercato non crea più tra chi vi partecipa una evidente comunità di destini e di interessi, un orizzonte sociale condiviso. A determinare il nuovo modello postindustriale sono state in primo luogo le quattro grandi rivoluzioni (tecnologica, sociale, culturale, finanziaria) che Cohen pone al centro della sua prima lezione. A queste trasformazioni si aggiunge l'impatto della globalizzazione, con la divergenza tra l'immaginario collettivo proiettato dalla società dell'informazione e le identità territoriali, e con il divario crescente tra ricchezza e povertà su scala planetaria e su scala locale. L'autore ricostruisce la rottura che si è delineata a partire dagli anni Ottanta del Novecento, identificando gli snodi più significativi ed evidenziando le conseguenze di una trasformazione ancora in corso. Nella lezione conclusiva ci aiuta a capire le sfide e le opportunità che ci pone questo scenario, centrato sull'immaterialità e sulla velocità di internet e della finanza internazionale.
Per migliorare la produttività dei dipendenti, le aziende – pubbliche o private che siano – usano un sistema apparentemente collaudato e infallibile: i manager creano uno o più indici per valutare l'impegno dei dipendenti e poi li abbinano a premi e incentivi. Nella realtà, non sempre questo meccanismo funziona. Anzi, molto spesso i risultati sono disastrosi. Maya Beauvallet, esperta di gestione del personale, ci spiega perché, illustrando una serie di ricerche scientifiche su vari ambienti di lavoro.
Le sue conclusioni sono sorprendenti e a volte paradossali. Per cominciare, è più facile accettare un sito di scorie nucleari nel proprio Comune gratis che a pagamento; per le stesse ragioni, pagare i volontari non conviene. E molto spesso i premi portano a risultati inattesi: scoraggiano i migliori, e possono incoraggiare gli imbroglioni...
Le strategie assurde ci aiuta a capire, con sorridente competenza, come fuinzionano davvero il mondo del lavoro e i rapporti interpersonali. Perché gli esseri umani sono piuttosto complicati, e in genere si rivelano molto più complicati (e astuti) di quanto non pensino i manager (con i loro schemi infallibili) e gli uomini politici (con le loro leggi).
"Un matematico gioca in Borsa" racconta con straordinario brio una storia divertente e istruttiva. Inizia quando Paulos decide di investire una piccola somma acquistando un pacchetto di titoli di una società high tech dal luminoso avvenire (così asserivano unanimi gli esperti). Come un amore finito male, quelle azioni lo intrappolano nell'universo della Borsa: un mondo dove la psicologia umana conduce facilmente all'errore (e a perseverare nell'errore), dove vigono regole che sfidano l'intuizione e il buonsenso, e dove spesso regna il paradosso. Facendosi forte della propria esperienza di investitore tanto competente quanto sfortunato, ma anche utilizzando le proprie conoscenze scientifiche e una straordinaria chiarezza espositiva, Paulos ci rivela i misteri della Borsa. Con un sorriso sulle labbra, illumina le complessità del mercato azionario, le sue promesse e le sue trappole.
La Grande Recessione è iniziata nel 2008 negli Stati Uniti. Ha immediatamente contagiato l'economia mondiale e continua ad aggravarsi. Tra fatalismo e paura, aspettiamo l'evolvere degli eventi - verso il peggio, ci assicurano gli esperti. Ma come siamo finiti in questo vicolo cieco? E perché, chiede Krugman, "i cittadini dei paesi più avanzati del mondo, paesi ricchi di risorse, talenti e competenze - gli ingredienti che assicurano prosperità e un tenore di vita dignitoso per tutti - stanno ancora soffrendo"? Con l'abituale lucidità e forza polemica, il Premio Nobel per l'Economia individua le origini della crisi finanziaria, economica e politica che stiamo attraversando. E spiega quale strada dobbiamo intraprendere per superare le attuali difficoltà. "Fuori da questa crisi, adesso!" si rivolge prima di tutto a chi sta soffrendo di più: a chi ha perso il lavoro e a chi non lo trova, soprattutto i giovani che rischiano di pagare più di tutti, oggi e nel futuro. Per Krugman, la soluzione per uscire dalla Grande Recessione esiste ed è a portata di mano: ma è necessario che i nostri leader politici trovino la lucidità intellettuale e la determinazione necessarie.

