
La crisi economica della Grecia si è presto tramutata in un terremoto sociale, un sisma che scuote la vita delle famiglie, delle imprese, dell'intera organizzazione della società. Con "Oúzo amaro" Patrizio Nissirio si avventura nei numeri della crisi ellenica, quelli del debito pubblico, quelli delle richieste della comunità internazionale, della disoccupazione, del PIL in picchiata, raccontando le cause antiche e recenti di questa catastrofe che tuttora rischia di contagiare il resto d'Europa. Da un sistema politico opaco e clientelare che impera da almeno tre decenni alla diffusa corruzione, dall'ambiguità dei paesi stranieri che danno lezioni ad Atene, ma continuano a curare in maniera spesso spregiudicata i propri interessi, al ruolo delle grandi banche d'affari nei giochi contabili che hanno spinto la Grecia a un passo dal collasso. Un libro anche personale, che vuole narrare la Grecia di questi anni dall'interno, raccontando la cultura e la società di questo Paese, così drammatico nei suoi fenomeni, contraddittorio ed affascinante.
Era solo il 30 agosto 2010 quando Gheddafi e Berlusconi festeggiavano a Roma il secondo anniversario dell'accordo di amicizia e cooperazione italo-libico. Gli turbinosi eventi hanno sconvolto un panorama libico già profondamente trasformato dalla Primavera araba. Da un lato, dopo la violenta uscita di scena del rais, in Libia sembra essersi avviato un promettente processo di democratizzazione, segnato dalle tappe del governo provvisorio, delle prime elezioni libere e ora della nomina di Abu Shakour. Dall'altro le tensioni sono ancora una minaccia concreta, come hanno drammaticamente dimostrato le proteste al consolato americano che hanno causato la morte di tre persone oltre a quella dell'Ambasciatore. Pelosi e Varvelli ci guidano attraverso i rapidi cambiamenti del paese individuando con precisione le diverse sfide che si prospettano nel futuro libico: la difficoltà di costruire un'unità nazionale, la ricomposizione in un esercito centrale delle milizie ribelli che ancora dettano legge in alcune aree del paese, l'enigma della Costituzione a venire nel suo rapporto con la Sharia, la capacità della Libia di gestire la fitta rete internazionale di interessi petroliferi che investono il suo territorio. Con determinazione i due autori invitano l'Italia a recuperare il suo rapporto storicamente privilegiato con il vicino libico, indicando nella ricostruzione materiale e istituzionale della Libia un'opportunità di crescita per entrambi i paesi.
L'Europa rappresenta da almeno tre generazioni un sogno di pace, benessere, solidarietà e democrazia post-nazionale. Eppure, dallo scoppio della crisi del 2008 in poi, la gestione dell'UE ha assunto dei tratti quasi da incubo, dando man forte all'avanzata dei movimenti euroscettici in tutto il continente. Le procedure democratiche hanno lasciato il posto al "diritto d'emergenza", sempre più decisioni sono state prese dai capi di Stato e dalla Troika, che ha imposto a tutti i paesi in difficoltà le famigerate misure di austerità. Partendo da questo quadro, i due autori riportano il dibattito che ha avuto luogo soprattutto in Germania, dando voce alle proposte per un'Europa diversa di intellettuali quali Habermas, Streeck, Beck, Balibar, Offe e Bauman, ma accogliendo anche le istanze dei movimenti sociali, ai quali attribuiscono un ruolo chiave nella spinta al rinnovamento europeo. L'obiettivo è l'abbandono del nazionalismo e il rafforzamento del potere democratico sovranazionale. In altre parole, salvare il sogno e dargli concretezza.
Quando venticinque anni fa è stata istituita la legge antitrust ci si proponeva due obiettivi: stabilire una disciplina del mercato attraverso una serie di norme atte a evitare cartelli e monopolizzazioni e stimolare la politica ad ampliare lo spazio della concorrenza per facilitare alle nuove imprese l'ingresso nel mercato. Partendo dall'assunto che la tutela e la promozione della concorrenza favoriscano la crescita dell'economia e debbano fare da traino all'uscita della crisi, "La rivoluzione incompiuta" racconta con spirito critico la storia dell'Autorità Antitrust, con l'intenzione di offrire spunti che aiutino a comprendere la realtà attuale, che non sempre si è evoluta al passo con le aspettative. Dal punto di vista di due addetti ai lavori, gli autori analizzano com'è stato interpretato il ruolo dell'Antitrust dai cinque presidenti che si sono succeduti dal 1990 a oggi - Saja, Amato, Tesauro, Catricalà e Pitruzzella - con riguardo ai due obiettivi principali della legge e con la convinzione che l'efficace applicazione della legge è figlia del funzionamento delle istituzioni, ma che quest'ultimo, in definitiva, dipende dalla condotta degli uomini.
Dimenticate quello che credete di sapere sul capitalismo come lo conosciamo oggi. Dimenticate la diffusa convinzione che si tratti di un sistema meritocratico in cui chiunque, se lavora davvero sodo, può farcela; che quelli che non ce la fanno, i poveri, siano responsabili della loro condizione. Dimenticate, soprattutto, l'idea che il mercato sia così com'è perché la sua razionalità intrinseca l'ha plasmato nel migliore dei modi possibili. Il mercato, come ogni cosa creata dall'uomo, può essere ordinato e regolato in molti modi alternativi, e chi ne decide le regole è la politica. In quest'ispirato saggio, che porta alla luce, anche per chi di economia non sa nulla, i meccanismi reali che muovono il mercato, Robert B. Reich - economista di fama internazionale ed ex ministro del Lavoro statunitense - mostra come in questi anni i centri di potere economico abbiano organizzato il gioco per vincerlo. Utilizzando la loro ricchezza per intervenire sulla politica attraverso spregiudicate donazioni elettorali e una feroce attività di lobbying, le grandi multinazionali e le banche di Wall Street si sono assicurate il potere per far sì che le regole economiche continuino a essere in loro favore. È questo il motivo della crescente disuguaglianza dei redditi che sta indebolendo la società americana. Per modificare le regole affinché soddisfino anche i loro bisogni, i cittadini devono allora riguadagnare un potere che faccia da contrappeso a quello dei super ricchi...
In questo libro l'economista e collaboratore del "New Yorker", del "New York Times", del "Wall Street Journal" e infine Ministro del Lavoro per il governo Clinton, illustra in modo chiaro e sintetico le forze economiche e sociali alla base di una società ormai frenetica. Le persone lavorano più di quanto non abbiano mai fatto in passato. Più il tenore di vita aumenta, più gli imprenditori, i lavoratori e i professionisti si mostrano disposti a sacrificare il proprio tempo libero. Senza mai ricorrere a toni pedanti o didascalici, il volume spiega quali siano i modelli sociali emergenti che stanno mettendo in crisi il concetto di famiglia e di comunità.
Tutti i dipendenti del settore privato devono prendere una decisione difficile: dire addio per sempre alla liquidazione? Per 11 milioni di lavoratori la prima scadenza è il 30 giugno 2007 e chi la lascia passare senza dire nulla perde comunque il TFR. Dovrà inoltre compiere la medesima scelta ogni nuovo assunto. Sindacalisti, politici, economisti, giornalisti consigliano in massa di abbandonare il TFR e scegliere la previdenza integrativa: fondi pensione e forme individuali previdenziali. Ma molti esitano, e, secondo l'autore, almeno per ora hanno ragione. "La pensione tradita" spiega perché, smontando i principali luoghi comuni.
A partire dagli anni Novanta l'economia mondiale ha avuto un nuovo comandamento: globalizzare. Produrre in ogni angolo della terra al minor costo possibile e utilizzare i vantaggi offerti dalla rete per estendere al massimo il proprio mercato. Oggi, però, anche questo modello di business si sta evolvendo in una forma ulteriore: il supercapitalismo. Ancora più potente, ancora più pervasivo di quanto non fosse la globalizzazione. Intanto la democrazia - dovendo tutelare ciascun cittadino - si sta indebolendo progressivamente proprio a causa delle pressioni esercitate dal nuovo sistema economico. E il crescente dislivello fra reddito e ricchezza, la precarietà lavorativa in aumento e gli effetti ad ampio raggio del surriscaldamento del pianeta sono le naturali conseguenze di questo processo. "La scomoda verità", sostiene l'autore, "è che la maggior parte di noi ha due menti. Come consumatori e investitori puntiamo a fare grandi affari. Come cittadini disapproviamo le molte conseguenze sociali che ne derivano". Reich, economista di stampo liberal e segretario del lavoro durante la presidenza Clinton, propone in alternativa un capitalismo forte ed energico, che però non interferisca con l'esercizio dei diritti primari.
In America, ma lo stesso dicasi di buona parte dell'Occidente, inclusa l'Italia, milioni di cittadini hanno perso la fiducia nei loro rappresentanti politici ed economici. A fronte di anni di salari stagnanti e mercati del lavoro sempre più precari, e del rifiuto delle classi dirigenti di prendere sul serio minacce esistenziali come la crisi climatica, si è andata radicando nelle persone l'idea che il sistema sia "truccato" per servire solo gli interessi di quei pochi che hanno abbastanza denaro per accaparrarsi una fetta della torta. E hanno ragione. Con la chiarezza e la passione che lo contraddistinguono da sempre, e che l'hanno reso una delle voci più importanti della sinistra mondiale, Robert B. Reich mostra come le élite politiche ed economiche abbiano cospirato per creare un sistema sempre più oligarchico, annientare la classe media e minare la democrazia. Prendendo come esempio Jamie Dimon, il presidente della JPMorgan Chase, una delle più grandi banche al mondo, Reich spiega come coloro che siedono al vertice della piramide sociale diffondano tutta una serie di miti sulla meritocrazia, sulla competitività nazionale, sulla responsabilità sociale delle imprese e sul "libero mercato" per distrarre i cittadini dagli osceni livelli di ricchezza dei nuovi "padroni dell'universo", dal controllo che esercitano sul sistema e dal fatto che le politiche che sostengono servono solo ad accrescere i loro profitti, a scapito della maggioranza. L'obiettivo di Reich non è quello di alimentare il cinismo e l'antipolitica, ma piuttosto quello di demistificare il sistema e mostrare come esso possa essere radicalmente trasformato, per far sì che la democrazia torni a servire gli interessi dei molti e non solo dei pochi.
Dopo anni di supremazia incontrastata, la teoria economica dominante è oggi seriamente minacciata da una nuova e controversa scuola di pensiero che sta rapidamente conquistando il mondo intero, rivoluzionando il nostro modo di concepire l'economia. Si tratta della cosiddetta "teoria monetaria moderna" o MMT (Modern Monetary Theory). La MMT ci invita a ripensare completamente il funzionamento della finanza pubblica: il bilancio dello Stato non è come quello di una famiglia; gli Stati che dispongono della sovranità monetaria, infatti, sono degli emittenti di valuta - possono, cioè, creare "dal nulla" tutto il denaro che vogliono - e dunque non possono mai "finire i soldi", né possono essere costretti a fare default sui loro titoli di debito; i deficit pubblici non danneggiano le future generazioni né pregiudicano la crescita a lungo termine; e soprattutto, le politiche sociali non compromettono la sostenibilità fiscale dello Stato. La MMT, in altre parole, ribalta completamente la narrazione che ci è stata ossessivamente propinata in questi anni per giustificare politiche di austerità dai devastanti effetti economici e sociali. E per questo fa così paura ai guardiani dell'ortodossia. Stephanie Kelton - economista statunitense di fama mondiale, consulente economico di Joe Biden e Bernie Sanders, ed ex economista capo presso la minoranza democratica della Commissione bilancio del Senato statunitense - è probabilmente la divulgatrice più nota della MMT. In questo libro Kelton offre un'introduzione semplice e accessibile ai concetti chiave della MMT, mostrandoci come possiamo utilizzarli per costruire una società più giusta e più prospera, passando da una narrazione di scarsità a una di opportunità. Il mito del deficit rappresenta anche un fondamentale contributo al dibattito europeo, permettendoci di comprendere appieno i problemi derivanti dall'aver rinunciato alla sovranità monetaria attraverso l'adesione alla moneta unica europea.
Una riflessione, alla luce della riflessione morale cristiana, sul mondo del lavoro, dell'etica degli affari e delle responsabilità sociali delle imprese nella vita della comunità civile. Una delle principali sfide dell'era moderna è stata quella di riuscire a integrare gli affari nella struttura e nella vita della comunità civile, ma troppo spesso i pensatori sociali cristiani hanno dato a questo tema meno importanza di quello che avrebbe meritato e hanno trascurato le modalità attraverso cui l'economia contribuisce al bene comune e a quello privato.
È normale affermare (anche all'interno della Chiesa) che le azioni degli imprenditori hanno effetti negativi sulla società: in questo saggio Padre Robert A. Sirico spiega invece che la professione imprenditoriale non solo è legittima, ma anche degna di lode, tanto da essere una vera e propria “vocazione” e una forma di evangelizzazione. Contribuendo a creare benessere per la società, questa vocazione è messa in relazione con il più profondo messaggio cristiano, la dignità dell'uomo e la santificazione del mondo attraverso il lavoro. Introduce il volume Ettore Gotti Tedeschi che immagina un'allocuzione indirizzata agli imprenditori scritta da un Papa di questo secolo.

