
Brand identikit è un vademecum culturale, tecnico e al tempo stesso pedagogico sull'identità di marca e d'impresa, che mette a disposizione del lettore tutto l'occorrente per capire cos'è il branding, cosa si intende per marca e marchio e come funziona la brand identity. questo libro si rivolge a: brand manager, imprenditori, manager direzionali, responsabili marketing e comunicazione, consulenti aziendali, giornalisti, graphic designer, creativi, pubblicitari, docenti, studenti universitari. Prefazione di Carlo Branzaglia. Introduzione di Mauro Chiabrondo.
Il brand viene comunicato attraverso una comunicazione scritta, sonora e visuale. Il "Design del Gusto" è un nuovo concept culturale che intende studiare i rapporti tra il linguaggio e gli effetti "sinestetici" ovvero multisensoriali che sono generati dai processi di comunicazione. La parte sensoriale è spesso mortificata o affrontata con modalità casuali, approssimative, parziali e non mirate. Quindi inefficaci. Con il "Design del Gusto" i valori di una impresa o di una organizzazione sono tradotti nei loro corrispettivi sensoriali, per cui la comunicazione di marketing diventa concretamente operativa perché agisce in modo integrato con il suono, l'immagine, aromi e sapori. Il processo di coinvolgimento del target diviene più intenso. Questo nuovo filone progettuale si concretizza per esempio nello studio di un gadget alimentare specifico, unico per ogni azienda, marchio, prodotto o evento. Con la collaborazione di specialisti del settore enogastronomico, analisti sensoriali, tecnici multimediali e una sperimentazione concreta e sinergica, è possibile dotare la comunicazione di un potenziale espressivo e un impatto straordinariamente efficaci. In questo testo sono indicate le procedure, le case-history, le sperimentazioni e le basi metodologiche che rendono possibile il "total branding". Un nuovo filone di ricerca, analisi e strategia della comunicazione, rendendo possibile il sogno di un imprinting esperienziale memorabile...
«Un giorno o l’altro questa crisi si concluderà, come tutte le altre, lasciando dietro di sé innumerevoli vittime e qualche raro vincitore. Ma ciascuno di noi potrebbe anche uscirne in uno stato di gran lunga migliore di quello con cui ci siamo entrati. Questo a patto di comprenderne la logica e il percorso, di servirsi delle nuove conoscenze accumulate in vari settori, di contare soltanto su se stessi, di prendersi sul serio, di diventare attori del proprio destino e di adottare audaci strategie di sopravvivenza personale.
Il mio scopo non è pertanto quello di esporre un programma politico per risolvere questa crisi e tutte quelle che seguiranno, e neppure quello di offrire vaghe generalizzazioni moraleggianti, bensì di suggerire strategie precise e concrete che permettano a ognuno di “cercare uno spiraglio nella sventura” e di sapersi destreggiare tra gli ostacoli che si presenteranno, senza affidarsi ad altri per sopravvivere, per vivere meglio».
Dopo aver analizzato il crac del 2008 e le sue cause socioeconomiche nel precedente saggio La crisi, e poi?, Jacques Attali estende ora la sua riflessione alle fasi cruciali della vita personale e collettiva.
In una realtà complessa come quella di oggi, però, diventa sempre più arduo superare le difficoltà che incontriamo nel nostro cammino. Per questo l’autore individua sette principi
da applicare, di volta in volta, di fronte alle avversità, siano esse di natura macroeconomica e internazionale (la crisi finanziaria) o privata (la fine di un amore). E ci offre una sorta di “manuale d’uso” per ricominciare a vivere pienamente sotto ogni aspetto: come individui, come lavoratori, come cittadini.
Se la questione del debito pubblico non diventa una delle sfide-chiave, o la sfida principale delle prossime elezioni legislative, sarà inevitabile una crisi di proporzioni enormi. L'Italia è pronta a raccogliere questa sfida?».
«Saremo ben presto rovinati? Stiamo portando alla rovina i nostri figli?». Cosa accadrà all'Italia, all'Europa e al mondo se la politica non sarà in grado di frenare la crescita del debito pubblico? Da queste domande parte Jacques Attali per spiegare il fenomeno più evidente nell'economia degli ultimi anni. Mai, se non in tempo di guerra, il debito dei paesi più sviluppati e potenti è stato così alto. Questo saggio, bestseller in Francia, analizza le cause che hanno portato all'indebitamento e ne ripercorre la storia: dai sistemi di amministrazione fiscale dei governi dell'antica Grecia al primo "buco" nel bilancio nella Roma repubblicana (40 milioni di sesterzi spesi da Cesare per farsi eleggere Pontifex Maximus), dalla nascita del "Tesoro pubblico" nell'Italia del XIII secolo (il "Monte", istituito nel 1262 a Venezia dal Doge) ai primi esattori delle tasse dell'età moderna (i Fermiers généraux in Francia), fino ad arrivare al XXI secolo. Oggi si può ancora evitare la rovina dei risparmiatori, dei salariati e dei pensionati? Ma a che prezzo? Quali strategie saranno indispensabili? Come finirà? È un testo fondamentale per capire le difficoltà di un paese come il nostro: infatti come sostiene Attali nel capitolo scritto per l'edizione italiana "la situazione dell'Italia è resa ancor più preoccupante dal fatto che la popolazione non sembra essere in grado, quando sarà il momento, di rispondere agli sforzi richiesti per diminuire drasticamente il livello del debito pubblico».
Jacques Attali, giornalista, esperto di economia, è stato consigliere di Mitterrand e primo presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo. Pur essendo un uomo di sinistra, ha presieduto la Commissione per la Liberazione della Crescita nel governo Sarkozy. Dirige Planet Finance, ONG per la diffusione della microfinanza nei paesi in via di sviluppo che ha sostenuto anche i progetti del premio Nobel Muhammad Yunus. Fazi Editore ha pubblicato la biografia Karl Marx ovvero, lo spirito del mondo (2006, ed. tasc. 2008), Breve storia del futuro (2007), Amori (sempre con Stéphanie Bonvicini, 2008), La crisi, e poi? (2009), Sopravvivere alle crisi (2010).
«È urgente combattere il debito pubblico, sostiene Jacques Attali nel suo ultimo libro. Perché le crisi che esso ha provocato in passato sono tutte finite male». l'Express
«Il saggio descrive uno scenario catastrofico che si avvererà nei prossimi quindici anni, se non si metteranno in pratica immediatamente i rimedi proposti dall'autore. Animi sensibili, astenetevi!». Valeurs actuelles
«In Come finirà?, Jacques Attali passa in rassegna il passato per valutare i rischi che può correre l'Europa. Corrosivo». Le point
I ricchi sono sempre più ricchi. I poveri sempre più poveri. Come ricorda Robert Reich, "all'inizio del 2010, a poco più di un anno dal crollo, Wall Street ha elargito pacchetti retributivi a banchieri, trader e facoltosi dirigenti come se la crisi non ci fosse mai stata". Nel nostro paese, è accaduta la stessa cosa: il gotha dell'economia si è spartito, e continua a farlo, liquidazioni e stipendi milionari, mentre il ceto medio si sente più insicuro e vulnerabile di prima. L'Italia, infatti, tra le economie avanzate, è divenuto il terzo paese con il maggior livello di diseguaglianza dei redditi. Se la politica tradizionale è incapace di risolvere i problemi dei cittadini e di attenuare il divario di ricchezza, saranno i demagoghi ad avere il sopravvento alimentando le preoccupazioni e le frustrazioni delle persone e incitandole a dare la colpa dei problemi economici agli stranieri e agli immigrati. Che fare allora? Robert Reich propone un nuovo patto di base in grado di coinvolgere lavoratori, Stato e imprenditori. Un patto che affronti le riforme strutturali, difenda i salari rimettendo al centro la questione del lavoro e lotti contro le iniquità determinate dal "grande business". Con una lucidità e una capacità d'analisi fuori dal comune, l'autore ripercorre la storia, le idee e gli uomini che hanno portato al cosiddetto "svuotamento" del ceto medio e rivendica come necessaria una nuova stagione di trasformazioni e cambiamenti.
"Siamo chiamati a reinventare noi stessi in quanto specie", si legge in questo saggio scritto dal brasiliano Leonardo Boff, ex francescano, riconosciuto a livello mondiale come uno dei massimi esponenti della teologia della liberazione, e dal ricercatore e educatore statunitense Mark Hathaway. Il compito non è certo facile, ma per "liberazione", suggeriscono gli autori, va inteso un cambiamento radicale della coscienza umana. A occupare la scena è la crisi odierna, una società "spiritualmente" malata, ossessionata dalla crescita e dal consumo materiale, attaccata a valori che hanno portato al progressivo saccheggio delle risorse e all'aumento delle disuguaglianze. La grande sfida del XXI secolo è allora quella di invertire rotta, operando una trasformazione che sia allo stesso tempo individuale e collettiva. Come? Gli autori tracciano un cammino di guarigione - Tao è l'antico termine cinese per "via" - cercando il punto di intersezione tra la tradizione cattolica e quella orientale. Non solo, la rinascita spirituale che invocano si nutre dell'apporto di psicologia e fisica quantistica, femminismo e cosmologia, economia ed evoluzionismo. Solo incrociando le prospettive di scienze, religioni e saggezze antiche si può produrre una rivoluzione della percezione, il preludio al cambiamento delle nostre abitudini.
I ricchi sono sempre più ricchi. I poveri sempre più poveri. Come ricorda Robert Reich, "all'inizio del 2010, a poco più di un anno dal crollo, Wall Street ha elargito pacchetti retributivi a banchieri, trader e facoltosi dirigenti come se la crisi non ci fosse mai stata". Nel nostro paese, è accaduta la stessa cosa: il gotha dell'economia si è spartito, e continua a farlo, liquidazioni e stipendi milionari, mentre il ceto medio si sente più insicuro e vulnerabile di prima. L'Italia, infatti, tra le economie avanzate, è divenuto il terzo paese con il maggior livello di diseguaglianza dei redditi. Se la politica tradizionale è incapace di risolvere i problemi dei cittadini e di attenuare il divario di ricchezza, saranno i demagoghi ad avere il sopravvento alimentando le preoccupazioni e le frustrazioni delle persone e incitandole a dare la colpa dei problemi economici agli stranieri e agli immigrati. Che fare allora? Robert Reich propone un nuovo patto di base in grado di coinvolgere lavoratori, Stato e imprenditori. Un patto che affronti le riforme strutturali, difenda i salari rimettendo al centro la questione del lavoro e lotti contro le iniquità determinate dal "grande business". Con una lucidità e una capacità d'analisi fuori dal comune, l'autore ripercorre la storia, le idee e gli uomini che hanno portato al cosiddetto "svuotamento" del ceto medio e rivendica come necessaria una nuova stagione di trasformazioni e cambiamenti. Postfazione di Michele Salvati.
È vero che la crisi finanziaria di Wall Street del 2008 è stata peggiore di quella del 1929? Perché Andrea Camilleri ha dichiarato sabato 21 gennaio al nuovo programma di Serena Dandini su La7 che è scoppiata la terza guerra mondiale, per ora solo in versione soft? E perché un finanziere come George Soros, uno che viene ancora oggi ricordato come "colui che spezzò la schiena alla Banca d'Inghilterra nel 1992", dichiara che Lloyd Blankfein, il capo della Goldman Sachs, non è soltanto un uomo avido e poco illuminato, ma il "male assoluto", come il nazismo e il comunismo? Cosa ne pensa Mario Monti, per anni consulente della Goldman Sachs? Soprattutto, possono gli Stati Uniti - che sono il paese più indebitato al mondo e il meno competitivo in assoluto se si guarda alla differenza tra importazioni e esportazioni - uscire dalla situazione economica in cui si trovano senza innescare una guerra? Perché il Presidente Obama ha firmato il 31 dicembre del 2011 una legge per punire qualunque organizzazione faccia transazioni con la Banca Centrale dell'Iran, che ha avuto l'ardire di aprire una Borsa del petrolio dove si tratta in euro e altre valute, ma non in dollari? Ecco alcuni dei temi affrontati in questo pamphlet, scritto di getto analizzando le cause più profonde della crisi americana e di quella europea in un contesto in cui si trovano alla ribalta gli interessi di paesi come la Cina e l'India
Un approfondimento sulla crisi internazionale e sul ruolo della finanza di Wall Street, a partire dalla storia recente americana. Elido Fazi riprende i fili del suo racconto sulla crisi economica del 2008 e ne spiega gli effetti e le conseguenze ancora in corso. L’analisi si concentra sulla figura di Obama, il quale, nonostante le dichiarazioni fatte durante la campagna elettorale, ha privilegiato la continuità con il sistema di potere precedente, confermando l’establishment responsabile della crisi, legato a doppio filo al “sistema” Goldman Sachs. Dal salvataggio incondizionato delle banche alla scelta dei consiglieri economici della Casa Bianca, Elido Fazi riflette sulle misure, poche e inadatte, messe in campo dall’amministrazione Obama per far fronte al crac finanziario di Wall Street e per regolamentare il sistema delle grandi banche d’affari.
La crisi economica della Grecia si è presto tramutata in un terremoto sociale, un sisma che scuote la vita delle famiglie, delle imprese, dell'intera organizzazione della società. Con "Oúzo amaro" Patrizio Nissirio si avventura nei numeri della crisi ellenica, quelli del debito pubblico, quelli delle richieste della comunità internazionale, della disoccupazione, del PIL in picchiata, raccontando le cause antiche e recenti di questa catastrofe che tuttora rischia di contagiare il resto d'Europa. Da un sistema politico opaco e clientelare che impera da almeno tre decenni alla diffusa corruzione, dall'ambiguità dei paesi stranieri che danno lezioni ad Atene, ma continuano a curare in maniera spesso spregiudicata i propri interessi, al ruolo delle grandi banche d'affari nei giochi contabili che hanno spinto la Grecia a un passo dal collasso. Un libro anche personale, che vuole narrare la Grecia di questi anni dall'interno, raccontando la cultura e la società di questo Paese, così drammatico nei suoi fenomeni, contraddittorio ed affascinante.
Era solo il 30 agosto 2010 quando Gheddafi e Berlusconi festeggiavano a Roma il secondo anniversario dell'accordo di amicizia e cooperazione italo-libico. Gli turbinosi eventi hanno sconvolto un panorama libico già profondamente trasformato dalla Primavera araba. Da un lato, dopo la violenta uscita di scena del rais, in Libia sembra essersi avviato un promettente processo di democratizzazione, segnato dalle tappe del governo provvisorio, delle prime elezioni libere e ora della nomina di Abu Shakour. Dall'altro le tensioni sono ancora una minaccia concreta, come hanno drammaticamente dimostrato le proteste al consolato americano che hanno causato la morte di tre persone oltre a quella dell'Ambasciatore. Pelosi e Varvelli ci guidano attraverso i rapidi cambiamenti del paese individuando con precisione le diverse sfide che si prospettano nel futuro libico: la difficoltà di costruire un'unità nazionale, la ricomposizione in un esercito centrale delle milizie ribelli che ancora dettano legge in alcune aree del paese, l'enigma della Costituzione a venire nel suo rapporto con la Sharia, la capacità della Libia di gestire la fitta rete internazionale di interessi petroliferi che investono il suo territorio. Con determinazione i due autori invitano l'Italia a recuperare il suo rapporto storicamente privilegiato con il vicino libico, indicando nella ricostruzione materiale e istituzionale della Libia un'opportunità di crescita per entrambi i paesi.
L'Europa rappresenta da almeno tre generazioni un sogno di pace, benessere, solidarietà e democrazia post-nazionale. Eppure, dallo scoppio della crisi del 2008 in poi, la gestione dell'UE ha assunto dei tratti quasi da incubo, dando man forte all'avanzata dei movimenti euroscettici in tutto il continente. Le procedure democratiche hanno lasciato il posto al "diritto d'emergenza", sempre più decisioni sono state prese dai capi di Stato e dalla Troika, che ha imposto a tutti i paesi in difficoltà le famigerate misure di austerità. Partendo da questo quadro, i due autori riportano il dibattito che ha avuto luogo soprattutto in Germania, dando voce alle proposte per un'Europa diversa di intellettuali quali Habermas, Streeck, Beck, Balibar, Offe e Bauman, ma accogliendo anche le istanze dei movimenti sociali, ai quali attribuiscono un ruolo chiave nella spinta al rinnovamento europeo. L'obiettivo è l'abbandono del nazionalismo e il rafforzamento del potere democratico sovranazionale. In altre parole, salvare il sogno e dargli concretezza.