Nell’ottica storico-critica dei 150 anni dell’Unità d’Italia si situa anche il presente volume, che intende verificare, in analogia a quanto avvenuto a livello nazionale, e nel contesto del Mezzogiorno d’Italia, come si è sviluppato il rapporto dialettico fra Stato e Chiesa nella provincia di Caserta, di certo non privo di tensione, nelle fasi immediatamente precedenti l’Unità d’Italia e nei primi decenni del nuovo Stato.
La monografia, collocandosi in un contesto molto ampio di ricerca storiografica nell’ambito del Mezzogiorno d’Italia, e grazie ad un’ampia consultazione dell’Archivio di Stato di Caserta, esplora il rapporto tra il clero e lo Stato unitario nella provincia di Caserta (1860-1878) in cinque capitoli: 1. Il clero dal legittimismo borbonico all’opposizione verso lo Stato unitario; 2. L’opposizione del clero durante il governo della Luogotenenza; 3. Il clero reazionario e il clero liberale; 4. Il clero e i vescovi tra reazione e rinnovamento; 5. Il clero e l’opinione pubblica.
Dalla documentazione esaminata emerge che il rapporto fra clero e Stato unitario ebbe punte di asprezze molto dure, all’interno di tentativi piuttosto fragili di conciliazione. Tuttavia, anche nella provincia di Caserta si manifestò un certo rinnovamento, dopo il 1870, con una maggiore adesione al Papa, con la nomina di nuovi vescovi, con l’attenzione a nuove forme di vita pastorale e religiosa e con la ricerca di nuove vie per l’educazione dei ragazzi.
La storia d'Italia, tra l'Unificazione del 1861 e l'avvento del regime fascista nel 1922, è la storia di uno Stato alla ricerca di una nazione e di una coscienza civile che possa legittimarla. A dispetto del luogo comune secondo il quale l'Italia era arretrata rispetto ad altri paesi industrializzati, si può sostenere che quell'Italia non era né premoderna né antimoderna. Questo libro sottolinea infatti il carattere peculiare della modernità italiana; una specificità che - forse a causa dell'incompiuta unità politica, sociale ed economica, insieme ai livelli di analfabetismo elevati e a una tradizione liberale debole - articolò una modernità "in crisi" estremamente sofisticata, e dunque una critica ante litteram della modernizzazione e del modernismo. Suzanne Stewart-Steinberg affronta questa modernità così cruciale attraverso un'approfondita lettura critica dei testi di alcuni tra i più importanti testimoni dell'Italia postunitaria: romanzieri, filosofi, giuristi, pedagoghi, criminologi, funzionari statali. In questo percorso, l'autrice si fa guidare dalla metafora di Pinocchio che, com'è noto, è un burattino, privo però di quei fili che gli consentirebbero di restare legato al nuovo Stato. Pinocchio diventa dunque emblematico delle complessità della modernità italiana perché - come l'Italia - è stato sia creato che influenzato dall'alto, pur mantenendo la sua autonomia.