Nella seconda metà del Novecento, le aree urbane sono state radicalmente trasformate da un convulso processo di sviluppo caratterizzato da un'industrializzazione vorace (nel senso che i processi produttivi hanno inglobato quantità crescenti di risorse naturali), accompagnata da una disordinata urbanizzazione e dall'esponenziale crescita dei consumi. Il risultato è stato una significativa riduzione del potenziale ecologico causata dalle attività antropiche, che hanno originato una vera e propria emergenza ambientale, già evidente al termine del periodo di crescita accelerata (il "miracolo economico"). Il volume, utilizzando numerose fonti d'archivio, indaga i processi di trasformazione della città di Firenze e della conurbazione fiorentino-pratese, avendo cura di non isolare le vicende delle aree metropolitane esaminate dal contesto nazionale e internazionale. L'autore sovrappone molteplici letture (politico-sociale, ambientale, urbana) attraverso le quali analizza le complesse dinamiche che hanno contribuito a trasformare l'area fiorentino-pratese da territorio di campagne, paesi, piccole e medie città in conurbazione a forte vocazione industriale immersa in un contesto rurale profondamente urbanizzato.
All'indomani della seconda guerra mondiale lo scenario del Mediterraneo orientale era completamente mutato. Quello che per lungo tempo era stato percepito come il "mare nostrum" si presentava come un mare ostile. Occorreva immaginare e ritessere o impiantare ex-novo la rete dei rapporti con i Paesi rivieraschi. In questo volume sono ricostruiti i primi passi della politica estera italiana nello scacchiere orientale, dalla sofferta ripresa dei rapporti fra Italia e Albania alla fine della guerra ai negoziati per i trattati di amicizia con la Grecia, il Libano e la Turchia nel quadro di un'azione diplomatica finalizzata a rilanciare nel Mediterraneo orientale una nuova presenza italiana fondata sull'amicizia e la cooperazione.
I protagonisti di questo libro sono i diplomatici italiani del secondo dopoguerra. In particolare quei bravi e qualificati diplomatici che, rispettivamente, a Roma nei vari uffici di Palazzo Chigi e nelle nostre Legazioni in Egitto, Libano e Siria, erano, giorno dopo giorno, impegnati a ritrovare e riannodare pazientemente i fili sottili dei tanti rapporti, non solo politici, che la guerra aveva sommerso, rovinato e, talvolta, addirittura reciso. Questi diplomatici, leali servitori dello Stato, fatti i conti con polemiche e rancori legati alla pesante eredità della sconfitta ed alla sofferta rinuncia italiana ad ogni residua ambizione coloniale, si misero subito all'opera, con entusiasmo e con passione, per ricostruire (malgrado i limiti imposti dalla debole posizione internazionale del Governo di Roma) la nuova immagine della nostra giovane Repubblica e rilanciare la sua presenza nell'Oriente mediterraneo all'insegna della pace e dell'autodeterminazione dei popoli arabi. Ma, soprattutto, all'insegna della "diplomazia dell'amicizia", quell'originale "modello politico" tipicamente italiano di relazioni mediterranee che in questo libro si cerca di analizzare ed approfondire in maniera sistematica.