"Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?". Siamo nel febbraio del 1969: Bruce Chatwin ha rassegnato da tre anni le dimissioni da Sotheby's e ha appena deciso di abbandonare gli studi di Archeologia. Nonostante l'iniziale entusiasmo e il talento dimostrato in entrambi i campi, si è convinto che "il cambiamento" sia "l'unica cosa per cui valga la pena vivere"; per questo scrive una lettera all'editore Tom Maschler in cui abbozza le sue idee per una storia del nomadismo - argomento che sente quanto mai affine. Il titolo è già pronto: "L'alternativa nomade". Da questo momento in poi Chatwin consacrerà la sua esistenza al viaggio e alla scrittura. Una vita in perpetuo movimento, che avrà come corollario una corrispondenza smisurata, per la gran parte raccolta in questo libro curato dall'amico Nicholas Shakespeare e arricchito dalle note laconiche, affilate e amorevoli della moglie Elizabeth. Scritte a partire dai sette anni, destinate ai genitori, alla moglie e agli amici, le lettere di Chatwin svelano sul loro autore molto più di quanto lui fosse disposto a lasciare affiorare nei suoi libri. Ma non compongono propriamente un'autobiografia involontaria: leggendole si ha semmai l'impressione di seguire in presa diretta la voce di un narratore naturale, di un cercatore di storie, che seppe fare del suo impulso al mutamento e della sua inappagabile avidità di conoscenze un'opera d'arte.
Un paio di decenni fa Iosif Brodskij ebbe a scrivere di Walcott: «Per quasi quarant’anni, senza sosta, i suoi versi pulsanti e inesorabili sono arrivati nella lingua inglese come onde di marea, coagulandosi in un arcipelago di poesie senza il quale la mappa della letteratura moderna assomiglierebbe, di fatto, a una carta da parati». Un arcipelago al quale, da allora, non hanno mai smesso di aggiungersi nuove isole, ma le cui coordinate sono rimaste immutate: dalle promesse giovanili di In una notte verde – imparare «a soffrire in giambici accurati», «lodare finché amore duri, i vivi e i morti bruni» – alle riflessioni sull’arte e sulla vecchiaia del Prodigo. Una dedizione totale alla poesia e una preoccupazione per la condizione umana nate dalla volontà di rimanere fedele a un’epifania precoce – magistralmente narrata nel poema autobiografico Un’altra vita – che, alla maniera di Dante, ha segnato e continua a segnare il corso di un’intera esistenza. Ripercorrere l’avventura letteraria di Walcott significa assistere al dispiegarsi di un dono poetico capace, come forse nessun altro ai nostri giorni, di coniugare il lampo lirico dell’istante «in cui ogni sfaccettatura» è «còlta in un cristallo di ambiguità» con il gesto aperto e impersonale dell’epica. Il risultato, sulla pagina, è un’opera di straordinaria versatilità formale, magnificenza linguistica e precisione metaforica, costantemente illuminata da una compassione ampia, come nei grandi poeti di ogni tempo.