"Il mondo magico" di Ernesto De Martino occupa un posto di rilievo tra i classici del pensiero europeo contemporaneo: pubblicato nel 1948, ha conosciuto un numero cospicuo di edizioni, che testimonia di un perdurante interesse per l'inedita valutazione della magia come istituzione culturale garante della presenza umana nel mondo. Ogni generazione di lettori si è così accostata al capolavoro demartiniano in modi conformi allo spirito del tempo, privilegiando determinati nuclei problematici e lasciandone altri nell'ombra. Oggi siamo più inclini a riconoscere tutto il valore innovativo del metodo di ricerca di Ernesto De Martino, basato sull'intreccio tra prospettiva storica ed etnologica. L'asse portante del libro risiede nel confronto critico, funzionale alla presa di coscienza dei rispettivi caratteri individuanti, tra l'Occidente e l'Altro da sé, tra il nostro e l'altrui modo di «essere uomini in società». Profondamente radicato nel contesto storico in cui venne concepito, "Il mondo magico" va letto oggi alla luce dell'immane tragedia del secondo conflitto mondiale. De Martino si interroga sulle cause profonde della grande crisi dell'Occidente, di cui individua con sensibilità antropologica i germi nell'abbandono della tradizione storico-culturale di appartenenza: da qui l'urgenza di promuoverne una rinnovata consapevolezza critica. E proprio in relazione al conseguimento di tale obiettivo, che non potrebbe non riguardare anche il nostro presente, il confronto con il «culturalmente alieno» manifesta tutta la sua pregnanza.
Con questo libro De Martino intese dare una ricostruzione dell'età magica come momento di sviluppo della storia dello spirito. Essa è un'epoca in cui i confini tra uomo e natura, tra soggetto e oggetto sono ancora incerti. Ma anziché risolversi in una partecipazione mistica, come riteneva l'etnologia di ispirazione irrazionalista, questa incertezza crea un dramma: quello della "crisi della presenza", del rischio per l'uomo di essere annullato da forze naturali incommensurabili e incontrollabili. La magia appare così come un insieme di tecniche per riscattarlo da questa crisi e rassicurarlo del proprio "esserci". Attraverso un'accurata scelta di reperti etnografici, De Martino rievoca plasticamente, in pagine indimenticabili, i momenti di tale dramma. Egualmente distante da irrazionalismo e razionalismo, che diversamente rimuovono il carattere storico di tale dramma, De Martino mostra come il soggetto umano sia esso stesso un prodotto storico la cui genesi si situa appunto nell'età magica. La posizione teorica di De Martino, al crocevia tra idealismo, esistenzialismo e marxismo e affacciata sui problemi della parapsicologia e della psicoanalisi, è talmente ricca di stimoli e di tensioni che mantiene ancora oggi intatta la sua forza di suggestione.
Una storia religiosa del sud, un'indagine etnologica che spiega perché il momento magico sia sopravvisuto nella vita culturale meridionale e come questa abbia partecipato consapevolmente alla grande alternativa tra "magia" e "razionalità" da cui è nata la civiltà moderna. De Martino esplora le sopravvivenze lucane di rozze pratiche di magia cerimoniale, quali fascinazione stregonesca, possessione, esorcismo, fattura, analizzando la struttura delle tecniche magiche, la loro funzione psicologica, il regime di esistenza che ne favorisce la riproduzione.