Un romanzo profetico (il nazismo è lì, in trasparenza) che delinea con crudo e grottesco sarcasmo il ritratto del perfetto suddito tedesco. Il protagonista, Diederich Essling, viene seguito a partire dall'infanzia segnata dalle prussiane frustate del padre fino al trionfo politico e sociale. Tutte le tappe della sua "maturazione" sono delineate e scandite con ritmica ferocia: la vita dissipata e gaglioffa delle associazioni studentesche con annessi duelli, tragiche bevute, vergognosi amorazzi, quella militare (che in sostanza ne è il doppione), l'assunzione di responsabilità nell'azienda paterna (condita di tante piccole e meno piccole malversazioni) e in famiglia (dove si atteggia a capofamiglia retto e irreprensibile)... Un capitolo a parte sono le sue vicende sentimentali, sempre dettate oltre che da una sordida sensualità, da una smania di "crescita" sociale. E poi, sopra tutto: la politica, nella quale si butta con goffaggine stolida ma vincente... Fantastica la conclusione quando, ottenuto il ruolo di conferenziere ufficiale nell'inaugurazione del monumento a Guglielmo II da lui fortemente voluto, la cerimonia viene rovinata da una tremenda tempesta. Tempesta che prefigura la devastante incipiente guerra. Perché, giova ricordarlo, il libro è stato scritto nel 1914 (ma pubblicato solo nel 1918, dopo molte esitazioni dell'editore). Prefazione di Luigi Forte.
Nella prima metà del XIX secolo, Hermann von Pückler, il dandy tedesco, il Casanova prussiano viaggia a cavallo e in carrozza, scala montagne, prende parte a rocambolesche partite di caccia ed altrettante bevute con prelati e signorotti di campagna, amoreggia con nobildonne e ostesse, visita castelli e baracche, si intrattiene con i ribelli irlandesi (si incontra spesso con Daniel O'Connor, il fautore dell'indipendenza irlandese, con il quale discute apertamente del futuro dell'Irianda) ed i padroni inglesi: l'autore soccombe alle bellezze crude dell'Isola di Smeraldo, ne registra l'arretratezza con precisione a la Dickens e con tutta la forza estetizzante di un Romantico. Precursore del "Taccuino Irlandese" di Heinrich Boll, il suo non ha perso nulla della sua freschezza e attualità. Nelle Lettere dall'Irlanda l'attenzione di Pückler è tutta rivolta al popolo irlandese, alla sua miseria, alla sua storia di secolare repressione e sfruttamento "trascurato dal governo o da questi represso, vituperato dalla stupida ignoranza del clero inglese, abbandonato dalla sua casta di feudatari assenteisti e bollato dalla povertà e dall'alcolismo.»