I contributi contenuti nel volume fanno emergere gli accenti di un monachesimo che insiste sul'ascesa sulla croce. I tratti di questo monachesimo, già insinuati dai legami con il monachesimo egiziano, sono qui precisati dal confronto col monachesimo palestinese contemporaneo.
Questo libro inizia con uno sguardo generale sulla vita e sull'opera di Cassiano il quale visse in diversi paesi ricoprendo svariate mansioni, ma la costante nella sua vita straordinaria è stata una vocazione monastica vissuta a servizio della Chiesa.
Questo libro è stato scritto per due tipi di lettori che in parte si sovrappongono: da una parte, monaci e monache e coloro che sono attratti dalla spiritualità monastica; dall'altra gli studiosi della prima era cristiana. L'autore ha sempre avuto presente coloro che guardano a Cassiano come ad un maestro della vita monastica.
L'obiettivo di Cassiano è quello di raggiungere la purezza del cuore; questo significava porsi in una posizione contemplativa nei riguardi di tutta l'esperienza umana, inclusa l'esperienza di Dio. Il suo insegnamento sull'interazione fra contemplazione e azione ci conduce ad una sfida perenne insita nella vita monastica.
Il volume del p. abate Pierre Miquel vuole essere una presentazione della vita monastica secondo il pensiero di san Benedetto. Ma il testo non è riservato solo alla piccola schiera dei monaci; nel pensiero dell’Autore esso può servire anche ai laici cristiani per avere una migliore consapevolezza del ruolo dei monaci nella chiesa attuale.
L’autore delinea la fisionomia e la spiritualità di san Benedetto, il suo carattere, e passa in rassegna i temi maggiori della Regola così che viene messo in rilievo il pensiero del suo autore.
La Bibbia costituisce la base dei temi presenti nella Regola di san Benedetto, ispirandosi liberamente alle tradizioni dell’Oriente e dell’Occidente.
Abbiamo qui una riflessione sul monachesimo secondo san Benedetto, sia attraverso la sua Regola che i temi a lui cari.
La lettura del volume è profiqua per conoscere e approfondire la figura di san Benedetto e il suo messaggio.
La vita dei Padri del Giura con il suo titolo completo: Vita o Regola dei Santi Padri Romano, Lupicino ed Eugendo, abati dei monasteri del Giura è l'opera di un autore anonimo. Un'attenta lettura del testo porta, comunque, a diverse tracce dell'autore. Il biografo scrive con una buona conoscenza del luogo, delle condizioni di vita e delle particolari vicende del suo oggetto. Ciò porta alla conclusione che lui stesso abbia vissuto in uno dei monasteri del Giura. Il suo scritto, poco dopo la morte dell'abate Eugendo, si può collocare intorno al 520. Il tempo del racconto delle tre vite degli Abati copre un periodo di quasi 90 anni (Romano si ritirò nel Giura intorno al 453), dei quali gli ultimi 30 sono stati vissuti anche dall'autore. La compattezza di una comunità monastica, unita alla preoccupazione per la fedeltà ai primi periodi, consente di attribuire un elevato grado di credibilità a quanto scrive l'autore il quale, come agiografo, lo fa per edificare oltre che per informare. L'autore certamente conosceva i più importanti testi monastici, come la Vita Antonii di Atanasio nella sua forma latina, la Vita Martini di Sulpicio Severo, l'Historia monachorum nella versione di Rufino e altre serie di scritti della tradizione dei padri. Nel suo modo di scrivere l'autore rivela una buona capacità letteraria cosicché la Vita patrum jurensium è testimonianza della latinità del 6° secolo ed anche dell'educazione monastica del suo tempo.
Il volume presenta le vite degli eremiti Paolo, Malco e Ilarione che Girolamo ha scritto quasi ripercorrendo, in un progetto unitario, le tappe della diffusione del monachesimo: Egitto, Siria, Palestina.
Le Vite sono opera di ricerca, di formazione, di viaggio.
I protagonisti sono personaggi che,attraverso le asperità e le tortuosità del mondo fisico, compiono un cammino interiore.
I santi asceti descritti non dimostrano di essere irraggiungibili e lontani, ma vicini al pubblico ed alle sue debolezze.
Girolamo permette al lettore di conoscere esempi non impossibili da imitare e in cui riconoscersi, soprattutto per condurre un eguale viaggio spirituale.
Composta intorno al 400, la Storia dei monaci dell'Egitto è di autore anonimo. In questa Storia il potere carismatico del miracolo, anche se talvolta è evidenziato con accenti marcati, ha il solo scopo di sottolineare il clima spirituale che circondava quegli "uomini di Dio". Non si tratta, quindi, di una componente fantasiosa e leggendaria anche perché il nostro autore si preoccupa di precisare che di alcuni fatti prodigiosi narrati è stato testimone oculare, di altri ha trascritto il racconto così come gli è stato riferito. Ed i miracoli operati dai "santi" monaci sono, per loro esplicita ammissione, sempre dovuti al Figlio di Dio. In merito il Lietzmann osserva giustamente: "Tutti i segni e i miracoli operati dagli uomini di Dio dell'Antico Testamento, tutti quelli operati da Cristo e dagli apostoli, tutto è imitato e anche superato dagli eroi della Chiesa delle origini". La Storia dei monaci dell'Egitto, al pari delle altre opere del genere dello stesso periodo, va letta ed intesa senza mai perdere di vista l'epoca in cui fu scritta, la sua finalità, la sua destinazione. Il racconto delle esperienze dirette ed indirette annotate dall'autore costituisce un documento dal quale emerge un dato inconfutabile: quei pionieri del deserto, messaggeri stabili o itineranti del Vangelo, hanno lasciato una cospicua eredità spirituale, una lezione di fede viva ed operante. Soprattutto hanno gettato le basi di un'istituzione che nel corso dei secoli ha conquistato milioni di anime...
Benedetto nacque a Norcia intorno al 480. Dopo un periodo trascorso a Roma, si ritirò in una grotta nei pressi di Subiaco. Non rimase però a lungo nascosto. Fu richiesto come abate da una comunità di monaci a Vicovaro. Ma fu un'esperienza negativa ed egli fu costretto a tornare nella sua grotta di Subiaco, attorno alla quale organizzò una colonia monastica. L'invidia di un prete del luogo lo indusse ad abbandonare anche Subiaco, e insieme ai discepoli più fedeli si recò a Cassino, sul cui monte fondò, intorno al 529, l'abbazia di Montecassino. Qui donò ai suoi monaci la Regola, e vi morì, secondo la tradizione, il 21 Marzo dell'anno 547, quaranta giorni dopo la scomparsa di sua sorella Scolastica con la quale ebbe comune sepoltura. I Dialoghi riferiscono che spirò in piedi, con le braccia sollevate in preghiera verso il cielo.
In questo volume sono raccolti una serie di testi patristici su "Cristo medico" dei corpi e delle anime. La recente e diffusa disumanizzazione nei rapporti medico-paziente (basti pensare ai sempre più frequenti episodi di malasanità) hanno fatto dimenticare chi è il "vero medico", l'uomo/donna capaci cioè di esercitare l'ars medica, come lo fa il Cristo medico, capaci di curare (e guarire) sia il corpo che lo spirito malati. L'idea dell'autore è stato quello di raccogliere in un libro di piccolo formato (ma grande per contenuto) una serie di pensieri che i Padri della Chiesa hanno espresso nei loro scritti sull'arte medica in riferimento a Cristo. Un libro fatto non solo per studiosi di patristica, ma anche per medici e sanitari da cui attingere qualche pensiero spirituale su questa difficile arte cristiana della cura.
Monaci e monache di tutte le razze e lingue si sentono profondamente legati. Ma cos'hanno veramente in comune? Già nel III secolo Clemente d'Alessandria segnalava la presenza, in questa città, di asceti indù e buddisti. Tuttavia i monaci delle diverse religioni non si sono incontrati che in questo nostro secolo, allorché il monachesimo cristiano si è impiantato in Asia e le religioni orientali si sono diffuse in Occidente. Dopo vari anni di ricerca, l'Autore confronta la Regola di s. Benedetto con le tradizioni ascetiche dell'Asia e quelle che l'hanno preceduta in Occidente. Il risultato di questo incontro e di questo scambio è un'emulazione reciproca nell'approfondimento della propria vita spirituale e della dottrina della propria religione. Per noi cristiani la questione della cultura e delle religioni nate fuori dall'Occidente ci invitano a precisare sempre meglio l'espressione della nostra fede, in modo da dare una risposta convincente ai nostri contemporanei.
L'autore, che ha sempre nutrito un vivo interesse per la Regola si san Benedetto, mostra una rara capacità di analisi di sintesi. Sa presentare l'ampio contenuto della Regola ordinando i singoli elementi in un quadro unitario con stile conciso. Il lettore non trova un semplice sommario della Regola, ma una visione ordinata e complessiva dei tanti aspetti monastici. Si è invitati a prendere conoscenza del monastero gradualmente, passando dall'esterno all'interno, arrivando a scoprire i valori originari che giustificano la vita monastica.
L'autore ci mette in mano un commento sistematico, ricco, originale, ben leggibile, che mediante una rete di citazioni spiega la Regola con la Regola, quasi un commento "canonico", cioè non dovuto ad altri che a Benedetto stesso
Nel IV secolo, il retore Procopio di Gaza (465-530 ca.) diede inizio a un genere nuovo di letteratura patristica che chiamiamo oggi catene. Se gli interi codici contenenti i testi dei più noti Padri e scrittori ecclesiastici non erano a portata di tutti, anche per motivi economici, era tuttavia possibile offrire i testi scritturistici corredandoli di un commento antologico formato da piccoli o lunghi estratti di commenti di diversi Padri, copiati dai redattori in modo ordinato accanto o sotto a ciascun versetto biblico. Ne risultò un genere nuovo di esegesi, un genere "corale", dove la voce di grandi autori offriva una valida interpretazione per ogni versetto dei singoli libri della Scrittura. La "Catena palestinese", è un testo di primaria importanza perché raccoglie estratti di quanto resta degli antichi commenti sui salmi, in massima parte andati perduti.
Con questo secondo volume dei Discorsi e dialoghi spirituali, si va delineando la figura di Macario/Simeone, autore siriaco del IV sec., padre spirituale di gruppi di monaci. Da questi discorsi egli appare come il monaco di provata esperienza che diventa consigliere di altri; talvolta menziona, per lo più indirettamente, proprie esperienze; e i suoi interlocutori permettono a Macario/Simeone di esplicitare tutta la sua libertà di parola. Come in san Basilio, cui per molti aspetti Macario/Simeone è vicino, - mancano i termini monachos o monazin, e gli asceti sono chiamati "fratelli" o "cristiani" -, i suoi scritti rivelano anche una certa affinità con Gregorio di Nissa. In questo volume sono presenti anche brani del cosiddetto Asceticon (domande e risposte), in cui ritornano i temi consueti della presenza nell'uomo del peccato e dello Spirito, delle lotte spirituali, della perfezione.