Perché presso diverse culture è il fegato, e non il cuore, la sede della vita spirituale e affettiva dell'uomo? Possiamo non essere "legalmente" proprietari del nostro corpo? Monna Lisa non ha le sopracciglia e noi non lo notiamo: com'è possibile? Gli universi culturali e simbolici del corpo umano sono infiniti, sempre diversi nel corso della storia dell'umanità. In questo libro Aldersey-Williams ne traccia un ritratto sorprendente, ricco di scoperte e clamorose smentite, soffermandosi su significati e caratteri attribuiti alle sue parti e ai suoi organi: dagli studi di Leonardo sull'armonia delle proporzioni alla presunta purezza del sangue e della razza, dal cannibalismo alla simbologia dello scheletro, da Frankenstein ai robot umanoidi, dai crani rimpiccioliti di alcune tribù amazzoniche al cervello di Einstein, conservato a Princeton e studiato ancora oggi per scoprire il segreto del suo genio. Con scarsi risultati, a dir la verità: notizie bomba sui modi in cui la genialità si manifesta nel corpo fisico per ora non ci sono arrivate. Familiare eppure misterioso, il nostro corpo ha da dirci su noi stessi molto più di quanto immaginiamo.
Il bravo poliziotto non è senza paura, è un uomo che la paura ha imparato a conoscerla, a dominarla, ne ha fatto un'arma di difesa e contrattacco. Lo sa bene l'ispettore Giovanni Galasso, che in trent'anni di carriera ha combattuto la criminalità di strada e quella organizzata, imparando sulla propria pelle che l'unico modo per restare vivi è non abbassare mai la guardia. A Palermo ha subito il più ignobile degli attacchi, ha dovuto accettare il trasferimento, e adesso alla Squadra Mobile di Roma ha trovato una seconda casa, un gruppo di amici leali, una famiglia. Ma nella vita di uno sbirro la pace non può durare troppo a lungo: succede così che l'omicidio di Anna De Caprariis, un'affascinante nobildonna nota nella capitale come organizzatrice di iniziative benefiche, diventa per Galasso l'inizio di un'indagine piena di insidie e interrogativi, destinata a riportare alla luce antichi misteri personali. Come quello del suicidio di Laura, sua fiamma giovanile, che scopre collegata alla De Caprariis attraverso discutibili amicizie. Per venirne a capo servirà intuito, cattiveria e quel pizzico di imprevedibilità che appartiene soltanto ai numeri uno.
Venezia, 1327. Quello di Giulia Bondimier, unica erede di un'illustre famiglia patrizia, è un amore sincero, travolgente e passionale. Ma anche impossibile. Vietata dai costumi del tempo, la sua relazione con il giovane Samuel Macalia, setaiolo ebreo, ha come tragica conseguenza una gravidanza inattesa. Segnata da questa macchia indelebile, Giulia non ha scelta: deve cambiare vita e rinunciare al frutto della sua colpa. Destino parallelo, quello di Nicoleta. Figlia di un umile carpentiere e vittima di uno stupro, è costretta a privarsi della creatura che porta in grembo. Fuggita in terraferma, riesce a trovare un lavoro capace di restituirle dignità e rispetto. Giulia, invece, obbligata suo malgrado alla vita monastica, rimane nella città che l'ha vista nascere. Venezia è una prigione per lei, ma è anche l'unico luogo che le permette di rimanere vicino a chi non avrebbe mai voluto perdere. Passati vent'anni, Giulia sarà chiamata a scelte difficili e coraggiose. Nonostante la società di cui fa parte sia dominata dai rapporti di forza stabiliti da uomini, saprà dimostrare come il legame ancestrale che unisce una donna ai suoi figli non possa essere spezzato da niente e da nessuno. In una Venezia opulenta, alle soglie della più tremenda epidemia di peste mai conosciuta in Europa, Valeria Montaldi ci regala una vicenda dolce e potente, che, tra le pieghe della grande Storia, racconta il senso pieno dell'essere donne e madri.
A partire dal XVII centenario dell'Editto di Milano, il cardinale Scola indaga sul pensiero e sulla pratica della libertà religiosa, al centro di un dibattito più che mai attuale e complesso per le marcate diversità che il problema presenta nelle democrazie rispetto alle dittature, nei paesi a maggioranza musulmana e in quelli più secolarizzati. Dopo aver ripercorso, per sommi capi, il cammino travagliato della libertà religiosa dall'"initium" mancato di Costantino e Licinio fino al Concilio Vaticano II, a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, l'autore si sofferma su vari "nodi" del problema, in particolare sulla libertà di fedi e di culture nella società plurale. E parla del valore irrinunciabile della aconfessionalità dello Stato: per l' arcivescovo di Milano è necessario uno Stato che, senza far propria una specifica visione, non interpreti la sua aconfessionalità come "distacco", come una neutralizzazione delle fedi e delle culture che si esprimono nella società civile, ma apra spazi in cui ciascun soggetto, personale e sociale, possa portare il proprio contributo all'edificazione del bene comune. In questo orizzonte, la libertà di religioni e di culture si presenta come la più sensibile cartina di tornasole del grado di civiltà delle nostre società plurali. Non c'è spazio in queste pagine per sterili nostalgie del passato, ma a partire dal bene pratico comune che è l'essere insieme si suggerisce qualche passo per il cammino futuro.
Le parole servono a comunicare e raccontare storie. Ma anche a produrre trasformazioni e cambiare la realtà. Quando se ne fa un uso sciatto e inconsapevole o se ne manipolano deliberatamente i significati, l'effetto è il logoramento e la perdita di senso. Se questo accade, è necessario sottoporre le parole a una manutenzione attenta, ripristinare la loro forza originaria, renderle di nuovo aderenti alle cose. In questo libro, atipico e sorprendente, Gianrico Carofiglio riflette sulle lingue del potere e della sopraffazione, e si dedica al recupero di cinque parole chiave del lessico civile: vergogna, giustizia, ribellione, bellezza, scelta, legate fra loro in un itinerario concettuale ricco di suggestioni. Il rigore dell'indagine - letteraria, politica ed etica - si combina con il gusto anarchico degli sconfinamenti e degli accostamenti inattesi: Aristotele e don Milani, Cicerone e Primo Levi, Dante e Bob Marley, fino alle pagine esemplari della nostra Costituzione. Ne derivano una lettura emozionante, una prospettiva nuova per osservare il nostro mondo. Chiamare le cose con il loro nome è un gesto rivoluzionario, dichiarava Rosa Luxemburg ormai un secolo fa. Ripensare il linguaggio, oggi, significa immaginare una nuova forma di vita.
"Facebook non è stato originariamente creato per essere una società. È stato costruito per compiere una missione sociale: rendere il mondo più aperto e interconnesso", ha detto Mark Zuckerberg agli investitori in occasione del debutto in Borsa, nel febbraio 2012. Oggi sappiamo che l'operazione non è stata un successo, ma l'opinione del fondatore non appare cambiata. In questo ritratto di Facebook e del "billionaire boy" che l'ha creato, attraverso le parole dello stesso Zuckerberg e le opinioni di un selezionato numero di "commentatori" (amici, colleghi, critici, insider, ammiratori ma anche detrattori), George Beahm fornisce diverse prospettive su di lui e il social network più usato al mondo, con particolari dall'interno, strategie di business e "lezioni apprese". Dagli inizi ad Harvard ai rapporti, a volte turbolenti, con i soci; dai modelli ispiratori primo tra tutti Steve Jobs alle contraddizioni sulla privacy, fino allo "stile hacker" che ispira l'innovazione continua in azienda, il libro è una lettura per comprendere l'anti-conformista con la felpa al quale tutti abbiamo affidato le informazioni più personali (e qualcuno anche il proprio denaro).
Sedie, scrivanie, librerie, vasi, appendiabiti realizzabili da tutti con materiali facilmente reperibili nei negozi di bricolage. Pezzi unici da fare con le proprie mani, e in più l'opportunità di adattarli o migliorarli condividendone i risultati con gli altri. Con i contributi inediti di quattro maestri del design contemporaneo: Andrea Branzi e Aldo Cibic, Michele De Lucchi e Alessandro Mendini.
Il mondo come lo conosciamo non esiste più: l'umanità è stata decimata da una febbre globale e fatale. Hig è uno dei pochi sopravvissuti. A bordo di un vecchio Cessna, un cane come copilota, presidia volando un pezzo d'America che una volta si chiamava Colorado, più deserto di quanto non sia mai stato ma incredibilmente bello nella sua selvaggia desolazione. A terra lo aspetta il suo socio Bangley, che difende il loro territorio e le loro provviste sparando a vista su chiunque si avvicini. Hig no, lui non spara: lui è diverso. Nell'epidemia ha perso la moglie; non piange da anni; solo la pesca, la caccia, il ritrovato legame con la natura lo tengono in vita. E l'affetto per il cane Jasper, compagno silenzioso e sereno. Ma nel mondo alla fine del mondo non ci sono certezze. Si può perdere in una notte anche il poco che si possiede. Solo il desiderio di volare salva Hig da se stesso e lo porta a scoprire dentro un canyon un Eden abitato da un vecchio e da sua figlia: allevano animali, coltivano un orto. Un'oasi che accoglie Hig e lo consola. Eppure anche quel minuscolo paradiso corre rischi.
"Esiste ancora la sinistra in Italia? Sembra di sì, e non so dire se sia un bene o un male. Qualche amico proverà orrore perché oso scriverlo e penserà che abbia davvero cambiato campo. Ogni tanto qualcuno mi accusa: Pansa, sei diventato di destra! Di solito sono signori che non hanno digerito i miei libri revisionisti sulla guerra civile. Adesso troveranno qui una conferma dei loro sospetti. Li capisco. "Tipi sinistri" è il ritratto dei vizi che uccidono il progressismo italiano, una descrizione fondata sulle figure dei suoi capi e capetti. Ho imparato da tempo una verità: le idee camminano sulle gambe degli esseri umani. È un principio che vale anche per i partiti. Se vogliamo capire di quale pasta sono fatti, bisogna osservare i personaggi che ne occupano le prime file. "Tipi sinistri" dipinge senza riguardi i big rossi. Ma soprattutto li colloca in una sequenza di gironi infernali che spiega molte delle loro disgrazie. Si va dagli Invincibili agli Sconfitti, dai Superstiti agli Isterici, dagli Apprendisti agli Indignati, per approdare ai Bolliti, ai Dispersi, ai Rinati e agli Inguaiati. (...) Concludo avvertendo che nella catastrofe delle sinistre ho saputo distinguere. Giorgio Napolitano non assomiglia certo a tante eccellenze rosse. Lo stesso vale per Carlo De Benedetti: l'Ingegnere è meglio di molti dei soloni che scrivono sui suoi giornali." (Giampaolo Pansa)
Pelle scura, lingua tagliente, grandi occhi vivissimi: Kim è uno dei tanti orfani indiani a cui la città di Lahore ha insegnato a sopravvivere grazie a piccoli e grandi espedienti. L'incontro con un vecchio lama dà una svolta improvvisa alla vita del bambino. Scoprire di non essere Kim il piccolo indiano, ma Kimball O'Hara, il figlio di un soldato inglese, sarà solo l'inizio della pericolosa avventura che il nostro eroe dovrà affrontare per trovare il suo posto nel mondo. Età di lettura: da 7 anni.
Gli alchimisti desideravano scoprire la formula della pietra filosofale e trovare così il rimedio che curasse le malattie fisiche e spirituali: allo stesso modo, Tara Bennett-Goleman spiega a tutti noi come possiamo raggiungere la giusta "alchimia emotiva" che ci consenta di vincere i momenti di confusione e dolore e conquistare la felicità. Fondendo le ultime scoperte delle neuroscienze e del cognitivismo con gli antichi insegnamenti del buddhismo, questo testo ci insegna a sottrarci alla morsa delle abitudini che ci impediscono di raggiungere il benessere interiore: per mezzo di agevoli spiegazioni e semplici esercizi pratici, l'autrice ci aiuta a identificare i comportamenti distruttivi e gli schemi emotivi in cui tendiamo a farci imprigionare, e soprattutto ci indica i metodi per calmare la nostra mente e giungere alla serenità spirituale. Prefazione del Dalai Lama
La democrazia che abbiamo ricevuto dai nostri padri, e che a molti sembrava una forma definitiva e perfetta, è in sofferenza. Nell'intero Occidente, ma soprattutto in Italia, sono in crisi gli elementi essenziali del suo funzionamento: i partiti, le assemblee elettive, l'idea stessa della rappresentanza. La paura dell'ignoto e un malinteso senso del politicamente corretto ci impediscono di riconoscere che tutti i sistemi politici sono storicamente determinati, e che nessuno di essi - nemmeno il più fortunato può essere considerato come la fine della storia. La democrazia rappresentativa, nel modello che abbiamo conosciuto finora, è figlia delle rivoluzioni politiche ed economiche del Settecento e porta scritto sulla fronte le sue origini. Rispetto ad allora, oggi tutto è cambiato: socialità, lavoro, tecnologie, informazione. È difficile immaginare che questa grande trasformazione non si rifletta sulle istituzioni della politica, anche le più essenziali. È venuto perciò il momento di ripensare a fondo il rapporto cruciale fra popolo e sovranità, da cui dipende il nostro futuro. Nessuno ha la ricetta pronta, ma questo libro invita a riflettere con coraggio, a percorrere vie inesplorate, aperte su un modo nuovo di concepire la cittadinanza e su un uso diverso del suffragio universale, reso possibile dalla tecnica: non solo per delegare, ma per decidere.