"Mia madre è sempre stata una persona scomoda, non solo per le autorità russe, ma anche per la gente comune. Scriveva la verità, nuda e cruda, su soldati, banditi e civili finiti nel tritacarne della guerra. Parlava di dolore, sangue, morte, corpi smembrati e destini infranti." Giornalista di "Novaja Gazeta", uno dei principali quotidiani dell'opposizione russa, Anna Politkovskaja ha raccontato fino alla sua morte la seconda guerra in Cecenia, la corruzione, i delitti e le omertà della Russia di Putin. Il 7 ottobre 2006, quando è stata uccisa nella sua casa nel centro di Mosca, il suo volto è diventato il simbolo della libertà d'espressione. Sua figlia Vera aveva ventisei anni e da quel giorno si è battuta insieme al fratello Il'ja per avere giustizia. Ha vissuto sulla sua pelle tutte le lentezze e le ambiguità della macchina della giustizia russa, le informazioni contraddittorie, le ipotesi più assurde. E soprattutto ha lottato per ricordare la lezione della madre: "siate coraggiosi e chiamate sempre le cose con il loro nome, dittatori compresi". Dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, il cognome Politkovskaja è tornato a essere oggetto di minacce di morte al punto da doversi trasferire in una località segreta con la famiglia. Ha scritto questo libro perché sua figlia, la nipote che Anna non ha mai conosciuto, e il mondo intero possano ricordarsi sempre la storia unica di una donna che non ha mai nascosto il suo dissenso per la politica di Vladimir Putin e che non ha avuto paura di denunciare le violazioni dei diritti umani in Russia compiute da un ex ufficiale del Kgb diventato l'artefice di un minaccioso disegno imperiale.
Sono passati dieci anni dall'ultima volta che il teologo Tommaso Vegas ha incontrato Myriam, quando lei era la sua assistente e una ragazza inquieta e instabile con cui ha trascorso giorni e notti gomito a gomito, impegnati negli stessi studi. Si erano scambiati un lieve bacio sotto i carrubi, a Gerusalemme. Poi più niente. Eppure, Tommaso ha continuato a sognarla e a immaginarla. Molte cose sono cambiate da allora: Vegas è un uomo disilluso, ha smesso di interessarsi alle cose divine, così come anche Myriam, che lavora in un ospedale pediatrico. Altrettante ancora però li uniscono, primo tra tutti Marco, compagno di Myriam e amico di Tommaso, che lo invita a Vienna per un convegno sul Nuovo Testamento. Nel fittizio caldo tropicale del Pyramide Hotel, i tre riprendono da dove si erano lasciati. Partono quindi insieme per Alessandria, poi Il Cairo e ancora Gerusalemme, in esplorazione di quei luoghi che sono stati testimoni dell'esistenza terrena di Gesù. In un viaggio sospeso tra il passato e il presente, tra la materia e il divino, Vegas scoprirà nella donna che l'ha ossessionato per anni una persona vitale e irresistibile, ma anche pragmatica e intransigente, capace di abbandonare l'astrazione degli studi teologici per portare aiuto concreto ai suoi pazienti.
«Devi "stare dove bisogna stare". Così mi ha detto un'amica poche ore dopo aver perso suo padre mentre lei era in mezzo al mare a salvare le vite delle persone migranti. "Dove bisogna stare", perché c'è sempre un luogo dove una crisi umanitaria si sta consumando, dove le violazioni dei diritti umani sono costanti. La mia amica si chiama Cecilia Strada, suo padre si chiamava Gino e ci ha mostrato l'importanza di "stare dove bisogna stare".» Valerio Nicolosi, giornalista, regista e reporter, dove stare, l'ha deciso da tempo. Non a caso è stato il primo ad arrivare in Ucraina per descriverne la tragedia, atterrando a Kiev un giorno prima dell'attacco russo che ha aperto la guerra. Da lì ha dato voce alla resistenza ucraina e ha raccontato l'esodo di donne e bambini verso la Polonia e l'Europa. Una rotta migratoria organizzata dalle autorità e sostenuta con generosità da cittadini e associazioni, ma che nasconde la stessa minaccia implicita delle rotte nei Balcani e nel Mediterraneo: è il «gioco sporco» che l'autore di questo libro ha visto fin troppe volte, in troppe parti del mondo, messo in piedi da alcuni governi sulla vita di migranti in fuga da conflitti armati, persecuzioni, carestia e povertà. Dalle coste dell'isola di Lesbo a Trieste, da Mariupol a Cracovia, dalla Turchia alla Libia, dai Balcani alla Sicilia, le vite di persone disperate - pronte a rischiare tutto pur di avere anche solo l'occasione di un futuro decente - vengono usate ogni giorno come mezzo di pressione geopolitica o di vero e proprio attacco non convenzionale. Così, chi scappa dall'inferno finisce per ritrovarsi in Paesi con situazioni politiche e sociali delicate, dove l'odio xenofobo esplode in vere e proprie battute di «caccia al migrante». Attraverso le sue foto e il suo racconto sul campo, Nicolosi denuncia le violenze dei regimi autoritari e le ipocrisie di governi conniventi, e soprattutto apre uno squarcio sui limiti dell'Occidente e sull'uso dei migranti come arma impropria delle guerre. Un'inchiesta sui veri interessi che controllano le aperture e le chiusure delle frontiere.
Il porto di Boston è avvolto nella nebbia quando in una mattina del 1899 il piroscafo partito da Napoli comincia le operazioni di attracco. A bordo c'è Gina, un'adolescente con il fuoco nelle vene che ha lasciato il suo paesino alle falde dell'Etna in cerca di un futuro migliore. Quando la bruma si scioglie e Gina mette piede nel nuovo mondo, l'America l'accoglie con i suoi spazi infiniti e le sue ciminiere, il melting pot di visi e lingue, il labirinto di strade e palazzoni. Una qualsiasi altra ragazza si sentirebbe venir meno le forze a una simile vista, ma per Gina quel caleidoscopio di promesse e opportunità è una vera e propria folgorazione e non vede l'ora di gettarsi anima e corpo in quella nuova vita. Le sorprese però non sono finite perché la prima persona che incontra sul molo, quasi fosse un segno del destino, è Harry Barrington, un giovane timido e insicuro, schiacciato dal peso del proprio cognome. I due non potrebbero essere più diversi - lei, un'immigrata senza un soldo; lui, rampollo di uno degli uomini d'affari più in vista di Boston -, eppure l'amore tra loro è immediato, inesorabile, e, come prevedibile quando si incontrano mondi tanto lontani, ostacolato dalle rispettive famiglie. È con queste premesse che Gina e Harry saranno chiamati a fare una scelta di campo, sofferta e radicale: seguire la strada che altri hanno tracciato per loro o disegnarne una propria, contro tutto e tutti, trovando un difficile equilibrio tra vecchio e nuovo, obblighi e desideri, aspettative e realtà. Dalla penna di Paullina Simons, autrice della trilogia Il cavaliere d'inverno, di cui Figli della libertà è l'atteso prequel, un romanzo sulla forza dell'amore e della passione, popolato da personaggi indimenticabili in un'America che corre a capofitto verso il futuro.
"Non sono mai esploso di gioia, ma ho visto i miei tifosi pazzi di felicità. Non sono mai rimasto a bocca aperta, ma li ho visti emozionarsi. Non mi sono mai messo le mani nei capelli, ma li ho visti disperarsi. Non ho mai avuto un sorriso stampato sul volto, ma li ho visti divertirsi tanto. Eppure dentro, in silenzio, a modo mio, quello che hanno vissuto apertamente loro l'ho vissuto anch'io." Autentico filosofo del calcio, uomo di Sport senza compromessi e senza mezze misure, allenatore amato ovunque abbia importato le sue idee, fondatore di Zemanlandia, la terra promessa del gol, Zdenek Zeman è un'autentica figura di culto. In cinquant'anni di carriera ha diviso ma soprattutto unito, fatto discutere tifosi e addetti ai lavori, versare i proverbiali fiumi d'inchiostro però mai, prima d'oggi, si era raccontato con la sua viva voce. Mai aveva spiegato il suo calcio e illustrato i suoi metodi di allenamento così in dettaglio, mai aveva parlato in modo così intimo della sua vita fuori dal campo. Lo fa in queste pagine che sono esattamente come lui: profonde, piene di intuizioni folgoranti, divertenti e sincere nel raccontare se stesso e tutto ciò che ha visto e costruito nel mondo del pallone. Dai primi gradoni nel Foggia dei miracoli alla Lazio di Signori, Nesta e di un Nedved scoperto prima di tutti; dalla Roma di un giovanissimo Totti (il "ragazzino", come lo chiamava il presidente Sensi) al quale Zeman affida le chiavi della squadra e la fascia da capitano, alle battaglie per un calcio lontano dalle farmacie e dagli uffici finanziari, dal doping reale e amministrativo; dal Pescara dei tre gioielli Immobile, Insigne e Verratti ("Ciruzzo", "Lorenzolo" e "Marcolino", futuri campioni d'Europa) a oggi. Fra autobiografia e manifesto, "La bellezza non ha prezzo" regala pagine traboccanti di un amore straordinario per il gioco del calcio e per tutto ciò che di più bello può caratterizzarlo: la passione dei tifosi, lo spirito di squadra, la cura dei talenti. È la storia di un uomo - e di un allenatore visionario - che ha sempre anteposto i suoi ideali all'imperativo di vincere.
Venezia è un patrimonio tanto inestimabile quanto fragile. Quando nel novembre 2019 l'acqua alta ha raggiunto i 187 cm sul livello medio del mare, tutto il mondo l'ha vista in pericolo. Successivamente il MoSE, entrando in funzione, ha stabilizzato la situazione, ma questo non significa che non ci si debba preparare a profondi cambiamenti nei prossimi decenni. La realtà di Venezia - città "anfibia" che va considerata insieme alla laguna e al mare che la circondano - è estremamente complessa e va valutata con uno sguardo d'insieme. Questo è il primo saggio che lo fa intrecciando il tema del cambiamento climatico con quelli del turismo di massa e degli effetti della pandemia di COVID-19. Quale futuro allora attende Venezia? La prova più ardua sarà posta dall'innalzamento globale del livello dei mari, per cui vengono prefigurati diversi scenari per i prossimi decenni. Inoltre, di sicuro la città dovrà cambiare in una direzione di sostenibilità sociale, economica e ambientale. Ma non si può parlare di un solo futuro, bensì di diverse opzioni, a seconda delle scelte di politica economica e ambientale che verranno attuate. Scelte sommamente delicate per salvare un tesoro di bellezza, vita e cultura che l'umanità non può perdere.
L'invasione russa dell'Ucraina è il momento di frattura dell'ordine internazionale scaturito dalla fine della Guerra fredda. Il conflitto innescato da Vladimir Putin nel cuore dell'Europa accelera un mutamento che sconvolge il mondo in cui viviamo, fa emergere in maniera brutale come sul pianeta vi siano quattro grandi attori, le cui caratteristiche e capacità sono a tal punto superiori rispetto al resto della comunità internazionale da poter rispolverare, come propone Maurizio Molinari, la definizione di imperi, reali o potenziali. Russia, Unione europea, Stati Uniti e Cina popolare: una partita fra vecchie e nuove grandi potenze, ognuna con un'identità, una genesi storica, degli interessi e un orizzonte assai peculiare, ingaggiate in una sfida per la leadership globale che non ha più connotati solo economici e diplomatici, ma anche militari. Maurizio Molinari, da sempre attento osservatore della politica internazionale e profondo conoscitore delle dinamiche in atto, ci aiuta a capire quali esiti può avere questo confronto, spiegandoci, anche con lo strumento delle mappe, la portata dei mutamenti a cui stiamo assistendo e la minaccia che incombe sulla sicurezza di tutti noi, europei in primis. Con un focus sul ruolo dell'Italia sul nuovo scacchiere del Mediterraneo allargato che va delineandosi. Perché il conflitto in Ucraina non costituisce solo il ritorno della guerra nel Vecchio Continente, ma offre una rappresentazione drammatica della sfida tra democrazie e autocrazie, che solo una attenta analisi come quella offerta in queste pagine può permetterci di comprendere a pieno. Nella consapevolezza che quelli a venire saranno anni difficili e di tensione crescente, per far fronte a una minaccia che tutti, leader e opinioni pubbliche, hanno il dovere di comprendere per poter poi disinnescare. Con le mappe che spiegano il mondo che verrà.
Le idee non stanno ferme. Le grandi idee, i grandi principi, le visioni del mondo hanno sempre delle radici, come le piante. Ma, diversamente dalle piante, raramente restano dove sono nate. Le idee si muovono, cambiano habitat, come uccelli di passo. È quel che è successo a tre grandi ideali della sinistra: difesa dei deboli, libertà di pensiero, cultura come via privilegiata verso l'eguaglianza. Oggi queste idee, che hanno fatto la storia della sinistra, non abitano più lì. Alcune vagano senza meta, altre si sono posate sulla destra. A vagare senza meta è soprattutto l'idea gramsciana della cultura alta come strumento di emancipazione dei ceti popolari, un'idea ancora viva ai tempi di Togliatti, ma completamente sopraffatta da mezzo secolo di riforme dell'istruzione, che - abbassando la qualità degli studi - hanno finito per bloccare l'ascensore sociale. A posarsi sulla destra, invece, sono state la difesa della libertà di pensiero, contro l'adesione acritica della sinistra al politicamente corretto, e la difesa dei deboli, contro l'incapacità di ascoltare la domanda di protezione dei ceti popolari. Attraverso un nuovo modello interpretativo, la dottrina delle tre società, Ricolfi individua con precisione chi sono i deboli oggi, e ricostruisce il lungo processo che ha portato la destra e la sinistra a scambiarsi le rispettive basi sociali, determinando una vera e propria mutazione del sistema politico. E azzarda l'ipotesi che sia un'eccessiva celebrazione del progresso ad accecare i progressisti, incapaci di vederne anche i lati oscuri, le falle che alimentano una nuova disperazione sociale, di cui sarebbe bene invece intercettare il grido.
"Vado per gli ottanta. L'ultima partita l'ho giocata che non ne avevo trentadue, e sarà anche vero che dura un attimo la gloria ma poi portarsela dentro per tutto questo tempo senza più la possibilità di rinverdirla è durissima. Anche un po' crudele." Inizia così Gigi Riva la sua lunga, eccezionale confessione autobiografica che in questo libro affida alla penna esperta di Gigi Garanzini. Monumento assoluto del calcio, Riva è un uomo profondamente riservato e finora non solo si è sempre tenuto lontano dalle cronache, ma non si è nemmeno mai raccontato. Eppure - sono pochi ormai quelli che possono ricordarselo -, per alcuni anni Gigi Riva stregò il mondo con il suo istinto per il gol, diventò un mito (le due star più attese al Mondiale del Messico 1970 erano lui e Pelé) e dimostrò sempre personalità forte e decisa, anche con la scelta di legare tutta la propria carriera al Cagliari, rifiutando offerte stellari. Queste pagine schiudono un mondo antico, forse irriconoscibile per i giovani di oggi, ma proprio per questo di grande ispirazione. Dopo un'infanzia segnata da diversi lutti familiari nell'Italia impoverita del Dopoguerra, a diciott'anni Riva salì su un aereo a elica che in tre tappe lo portò da Varese a Cagliari, una destinazione che allora sembrava più lontana dell'Antartide. Ma la Sardegna lo accolse come la madre che non aveva più, e non dovette passare molto tempo perché partisse la cavalcata del Cagliari verso lo scudetto ed esplodesse - per lui eroe schivo e affascinante come Hud il Selvaggio interpretato da Paul Newman - la gloria con i 35 gol segnati per l'Italia. Però le fiabe più belle finiscono sempre troppo presto e fu proprio la Patria, a cui Riva sacrificò ben due gambe, a interrompere bruscamente la sua formidabile avventura. Chissà quanto ancora ci avrebbe fatto sognare se fosse durata anche solo un po' di più.
"Cos'è, per te, la famiglia?" È da una domanda che Nicolò Govoni è partito per scrivere queste cinque storie ambientate nelle fumanti megalopoli del Kenya, tra le macerie della Siria, nelle profondità delle miniere in Congo, in un campo profughi in Grecia e anche là dove non ci saremmo aspettati di vedere arrivare scontri e violenza, così vicini alle porte di casa. Racconti con protagonisti quei bambini e quelle bambine a cui Nicolò sta dedicando la vita, e che ci portano in mondi dove la protezione e la normalità sono ancora privilegio di pochi. Così, entriamo nella vita di Njoki, che aspetta il ritorno di sua sorella in fuga per un amore osteggiato dalla comunità; leggiamo la lunga lettera che Wasim, nella sua prima notte da clandestino per evitare l'arruolamento, scrive alla sorellina Isra con i suoi sogni di piccola calciatrice; vediamo Musa, l'unico albino del suo villaggio, schivare le angherie dei coetanei che lo additano come il figlio di una strega; seguiamo Nur mentre cerca il suo cane scomparso nel campo profughi che divide con altri fuggitivi anche loro senza più una casa; e ascoltiamo come Khal e i suoi compagni hanno in mente di cambiare il loro mondo un pezzo alla volta, iniziando dalle tende che ora li ospitano. Nicolò Govoni torna con un libro potente e delicato, che ci ricorda come la distanza non è importante quando si tratta di crescere e diventare adulti insieme, e di come, in un mondo dove a volte sembra impossibile sognare, lo sguardo e la voce di un innocente possono avere tutta la forza necessaria per costruire il domani.
Robinson Crusoe è un mito, il capostipite del romanzo moderno. È stato e continua a essere un'icona per generazioni di lettori di ogni età, sempre così vicino a noi nei suoi innumerevoli echi cinematografici e letterari da farci scordare che la storia del naufrago più famoso di tutti i tempi ha avuto origine nell'Inghilterra del XVIII secolo. In questa nuova traduzione di Flavio Santi, arricchita dalle illustrazioni di Grandville e dalla curatela di Riccardo Capoferro, ritroviamo il ritmo antico e meraviglioso della prosa di Defoe, ma soprattutto la sua stupefacente modernità. E ci immergiamo nel racconto del naufragio di Robinson, nel suo adoperarsi - unico sopravvissuto - per non soccombere alla natura selvaggia in un'avventura durata ventotto anni su un'isola sconosciuta ma non deserta come lui pensava; una parabola che racconta attraverso la vita di un singolo individuo il paradigma dell'intero Occidente. L'isola si fa così microcosmo in cui l'uomo riscopre le proprie radici mostrandoci come - con ingegno e disperato desiderio di sopravvivenza - sia possibile affrontare, superandole, le sfide della natura.
La realtà in cui siamo immersi è complessa, incerta e imprevedibile, forse a un livello mai visto in passato. Di fronte a questa complessità, però, il nostro pensiero non può arretrare: come potremmo vivere in un mondo che sappiamo decifrare solo in piccolissima parte? Il caos della pandemia, le reazioni scomposte di una certa politica e la circolazione di fake news sempre più virali hanno mostrato con chiarezza che solo ragionare in termini scientifici ci consente di capire e spiegare i molti aspetti di un fenomeno complesso. Proprio per questa ragione la scienza, con i suoi limiti, le sue incertezze, ma anche con la sua efficacia interpretativa dovrebbe essere pienamente accolta nella discussione pubblica. La conservazione dei valori democratici e il rafforzamento della fiducia nelle istituzioni sono possibili solo con il contributo di cittadini ben informati. Come ha scritto Stephen Hawking: "In una democrazia, è molto importante che i cittadini abbiano una conoscenza di base della scienza in modo da poter controllare quanto la scienza e la tecnologia influenzano sempre più le nostre vite". Quali sono le domande giuste davanti a una cosa che non capiamo? Come si smaschera una fallacia in un ragionamento? Quali sono gli errori cognitivi che condizionano le nostre decisioni? Abbiamo davanti a noi una sfida enorme, scrive Roberto Battiston, in cui mettere a frutto la lezione che abbiamo imparato con la pandemia: la questione ambientale. Un tema elusivo, lento, contraddittorio, eppure decisivo per il nostro futuro; un tema che dobbiamo affrontare ora, evitando di farci ingannare da suggestioni poco fondate. Grazie alla scienza abbiamo gli strumenti per capire i problemi e risolverli: dobbiamo solo imparare a usarli nel modo più opportuno.