Può sembrare incredibile ma nella Bibbia, quando Dio sceglie una persona per affidarle una missione, si tratta quasi sempre della persona più sbagliata che si possa immaginare. Ordina a una coppia anziana e sterile di generare un popolo, chiama a sé un balbuziente perché diventi oratore e profeta, mette giustizia e verità nelle mani di ladroni e prostitute. Le figure più venerabili dell'Antico Testamento, come Abramo, Mosè, Davide e Salomone, sono in realtà segnate da una moltitudine di colpe, destinate a coprirsi di ridicolo. Dio stesso, il più delle volte, si rivela inaffidabile: dice una cosa e poi ne fa un'altra, prende decisioni di cui presto si pente, compie un'azione per poi tornare precipitosamente sui suoi passi. Qual è il senso di tutto questo? Ce lo racconta Mercadini, come solo lui sa fare. Trascinandoci in una carrellata di prescelti improbabili, ci guida tra le pagine ardenti delle Scritture e ci invita a riflettere sulla lezione che si nasconde in ciascun versetto: se ti trovi di fronte a un'impresa per cui ti senti impreparato, inadatto, troppo piccolo, non disperare. Perché nessuno, per quanto possa esserne convinto, può davvero conoscere la volontà divina. E magari Dio, dovendo scegliere uno fra tutti, sceglierebbe proprio te.
Giovanni ha ventiquattro anni e ha coronato il suo sogno, quello di lavorare nella redazione di un quotidiano. Intorno a sé, però, ha soltanto colleghi più anziani, ormai apatici, storditi da un mestiere sempre più in crisi. Tranne uno, Sergio Fabiani, caposervizio della cultura, che gli affida il compito di scrivere un pezzo su Donato Carretta, direttore del carcere di Regina Coeli, linciato in modo selvaggio dalla folla nel settembre 1944. Il giovane giornalista si immerge allora nella ricerca e nello scavo: sotto la guida paterna di Fabiani, Giovanni ci porta sui luoghi che furono teatro del fatto - il Palazzo di Giustizia, il Tevere, Regina Coeli -, ci mostra le testimonianze di chi quel massacro l'ha visto e documentato, e ce lo restituisce in un racconto vivido, crudo, reale. Chi era Carretta? Un fascista o un antifascista? Oppure uno della "zona grigia"? Con la precisione del reporter e l'abilità dello scrittore, Giovanni ricostruisce la storia di una condanna controversa, brutale, di certo ingiusta. Indagando le pulsioni e la rabbia che agitano la folla di quel settembre 1944 rivede, nella Roma liberata dal fascismo e dall'occupazione nazista, gli strepiti e i livori che si muovono, velenosi, nelle relazioni di oggi, nella comunicazione, sui social. Walter Veltroni torna con un romanzo intenso, capace di raccontare un passato ancora attuale, in cui possiamo leggere in controluce - e forse decifrare, un passo alla volta, insieme a Giovanni - il presente in cui viviamo.
L'unico modo per raggiungere Sassaia, minuscolo borgo incastonato tra le montagne, è una strada sterrata, ripidissima, nascosta tra i faggi. È da lì che un giorno compare Emilia, capelli rossi e crespi, magra come uno stecco, un'adolescente di trent'anni con gli anfibi viola e il giaccone verde fluo. Dalla casa accanto, Bruno assiste al suo arrivo come si assiste a un'invasione. Quella donna ha l'accento "foresto" e un mucchio di borse e valigie: cosa ci fa lassù, lontana dal resto del mondo? Quando finalmente s'incontrano, ciascuno con la propria solitudine, negli occhi di Emilia - "privi di luce, come due stelle morte" - Bruno intuisce un abisso simile al suo, ma di segno opposto. Entrambi hanno conosciuto il male: lui perché l'ha subito, lei perché l'ha compiuto - un male di cui ha pagato il prezzo con molti anni di carcere, ma che non si può riparare. Sassaia è il loro punto di fuga, l'unica soluzione per sottrarsi a un futuro in cui entrambi hanno smesso di credere. Ma il futuro arriva e segue leggi proprie; che tu sia colpevole o innocente, vittima o carnefice, il tempo passa e ci rivela per ciò che tutti siamo: infinitamente fragili, fatalmente umani. Con l'amore che solo i grandi autori sanno dedicare ai propri personaggi, Silvia Avallone ha scritto il suo romanzo più maturo, una storia di condanna e di salvezza che indaga le crepe più buie e profonde dell'anima per riempirle di compassione, di vita e di luce.
Si può essere madri di figlie e figli che si scelgono, e che a loro volta ci hanno scelte? Si può costruire una famiglia senza vincoli di sangue? La risposta è sì. La queerness familiare è ormai una realtà, e affrontarla una necessità politica, come lo è quella di un dialogo lucido e aperto sulla gestazione per altr*, un tema che mette in crisi la presunta radice dell'essere donne. Interrogarci, discutere intorno a questa radice significa sfidare il concetto di normalità e naturalità a cui siamo abituati. Michela Murgia lo ha fatto per anni, nei suoi libri e sui social, e nelle ultime settimane di vita ha raccolto i suoi pensieri per donarci questo pamphlet densissimo e prezioso, in cui ci racconta - partendo dall'esperienza personale - un altro modello di maternità, come si possa dare la vita senza generare biologicamente, come i legami d'anima possano sommarsi ai legami di sangue. Pagine straordinarie che ci permettono di entrare nelle infinite sfaccettature degli affetti e di comprendere come aprire all'altr* non riduce ma amplifica l'amore.
È il 1943, Dacia Maraini ha sette anni e vive in Giappone con i genitori e le sorelline Toni e Yuki. Suo padre, Fosco, insegna all'università di Kyoto, sua madre, Topazia Alliata, è felicemente integrata nel tessuto della città. Il sogno è la pace, si pensa che la guerra finirà presto. Tutto precipita, invece, quando Fosco e Topazia decidono di non giurare fedeltà al governo nazifascista della Repubblica di Salò. La coppia e le figlie vengono portate in un campo di concentramento destinato ai traditori della patria. Per la famiglia Maraini iniziano gli anni più difficili della loro esistenza: con pochi grammi di riso al giorno, tra fame, malattie, attesa, gelo e vessazioni, dovranno imparare a sopravvivere rinchiusi in un luogo ostile insieme ad altri prigionieri. Una delle voci più importanti della nostra narrativa torna in libreria con il suo libro più intimo, il racconto di un tempo terribile tenuto chiuso per decenni in un cassetto della memoria. In una cronaca vivida, dolorosa, commista a pagine di speranza, di incredulo stupore, attraverso gli occhi di una bambina ripercorriamo i lunghi mesi della prigionia di Dacia e dei Maraini nel campo giapponese. Per non dimenticare gli orrori del Novecento, e per celebrare il coraggio, la fedeltà alle idee, il rifiuto del razzismo di una famiglia che ha lasciato il segno nella Storia, e di chi come loro ha lottato per la libertà di tutti.
C'è una linea che unisce la vita di una donna nei suoi trent'anni a quella di un Paese lontano, immenso e controverso: gli Stati Uniti d'America. Questa linea attraversa metropoli, deserti, oceani e angoli di provincia e disegna mappe, ritratti, situazioni, incontri: disegna storie personali e collettive di un territorio e di un tempo che rifiutano comode definizioni e si rivelano nella loro complessità, nella dolcezza che ha bisogno della crudeltà, nella bellezza che non può stare senza l'ingiustizia. Dai campi di grano di David Foster Wallace del Midwest al confine con il Messico, dal New Jersey alle paludi della Louisiana di True Detective, dai grattacieli di New York alle strade di Los Angeles di Joan Didion, dal Texas che, come suggerisce Cormac McCarthy, custodisce "il segreto del mondo" alle vette del Colorado, questo libro è un'immersione in quell'America così familiare e al tempo stesso sconosciuta, che nutre i nostri sogni e dà forma ai nostri incubi. È il racconto di luoghi e momenti della società e della storia contemporanea statunitense che, nonostante si rispecchino spesso nella letteratura, arrivano sulla pagina in tutta la loro realtà. Ma è anche la storia di come quella donna ha ritrovato il suo personalissimo "sogno americano" nell'incontro con persone sconosciute, nel confronto con risvolti dell'attualità, nell'esplorazione di luoghi remoti e nel dialogo con i personaggi dei libri. Con "Sparire qui" Marta Ciccolari Micaldi ci porta alla scoperta degli Stati Uniti in tutta la loro struggente complessità e ci invita a perderci con lei sulle strade della solitudine, dello stupore, dell'ignoto e della libertà.
Un piccolo aeroplano turistico diretto in Sardegna si schianta nel mar Tirreno con a bordo diverse persone. Tra loro, un noto imprenditore che ha rilasciato la sua ultima intervista poco prima del decollo, con il vociare degli altri passeggeri sullo sfondo, tutti tranquilli e sorridenti, ignari dell'imminente tragedia. Quando l'agente dei Servizi in pensione Andrea Catapano sente le voci delle vittime - lui che non vede ma sa ascoltare meglio di chiunque altro - un ricordo nitido riaffiora. Così decide di chiamare l'ex collega Teresa Pandolfi, ora a capo dell'Unità investigativa. Il disastro potrebbe celare un mistero che risale agli anni di Tangentopoli. E se la caduta del velivolo non fosse stata un incidente, ma il nesso tra una vicenda degli anni Novanta e il nostro presente? L'unica che può scoprire la verità è la donna invisibile, Sara Morozzi. Affiancata dall'ispettore Davide Pardo e da Viola, Mora si trova a investigare su personalità pubbliche intoccabili, scavando dentro gli ingranaggi del potere d'Italia a suo rischio e pericolo, senza paracadute.
Roma, 1928. Ruth Draper, attrice newyorkese, è una donna colta, indipendente, schiva. Si è votata al teatro come una vestale al tempio e non ha mai ceduto alle lusinghe dell'amore. Fino a quando, nella Città Eterna per una tournée, non incontra il giovane e fascinoso Lauro De Bosis. Dandy per eccellenza, poeta per vocazione, antifascista per scelta, aviatore per necessità, Lauro è un visionario ma è anche un uomo coraggioso capace di passare all'azione: con due amici infatti ha fondato un'organizzazione segreta che diffonde messaggi clandestini di propaganda contro il regime. Tra il giovanissimo Lauro e la matura Ruth, nonostante diciassette anni di differenza, scoppia un amore travolgente e tragico, che si cementa nella lotta al fascismo. Sullo sfondo, l'Italietta del regime, ma anche l'inquieto mondo dell'antifascismo in esilio, tra Parigi, Londra e Bruxelles e l'America divisa tra i fremiti del jazz, la cappa del Proibizionismo e la Grande depressione. Dopo Il caso Kaufmann, Giovanni Grasso torna a mescolare storia e invenzione, ricostruendo nei dettagli l'epopea e il ricco mondo di relazioni di un eroe dimenticato che fece tremare la dittatura: la sera del 2 ottobre 1931, a bordo di un piccolo monoplano, Lauro De Bosis sorvolò Roma, beffando clamorosamente il regime, prima di scomparire nel Tirreno al termine di un volo fatale compiuto in nome della libertà.
Alika Touré, la più bella, lascia il Mali insieme alla piccola Kambirì per raggiungere il marito che vive in Italia. Affronta prima il deserto e poi la traversata del mare. Ad attenderla un sogno, la promessa di una nuova vita. Ma il viaggio è crudele, e non come Alika lo immaginava. Con le ultime forze che le restano, affida la figlia alla compagna di viaggio Awa, pregandola di fare in modo che la piccola raggiunga il padre a Mirano. Ne nasce però un fraintendimento: Awa capisce Milano, ed è questo che riferisce al medico che a Lampedusa si prende subito cura della bambina. Mentre si fa di tutto per rintracciare suo padre, Kambirì cresce nell'isola tra l'affetto del dottor Niccolò, della sua amica Chiara e della singolare famiglia del Caffè dell'Amicizia. Dall'autore di Hachiko, un racconto commovente ispirato alla storia del medico Pietro Bartolo e dei tanti abitanti di Lampedusa che ogni giorno offrono soccorso e accoglienza ai migranti che arrivano sull'isola. Prefazione di Pietro Bartolo. Età di lettura: da 10 anni.
La storia di un ragazzo nato a Pianaccio, sull'Appennino tosco-emiliano, che per sfuggire alla coscrizione della Repubblica sociale entra a far parte di Giustizia e Libertà e nel dopoguerra diventa caporedattore del "Resto del Carlino": questo libro è al contempo romanzo d'invenzione e scrupolosa autobiografia, cronaca familiare e ricostruzione storica. Perché è stato il debutto nella narrativa di uno dei più grandi giornalisti che l'Italia ricordi ed è una sorta di sintesi del suo modo di osservare il mondo, sempre attento ai paradossi e alla vulnerabilità degli esseri umani.
«La letteratura per ragazzi ha una lunga e nobile storia di scarsa considerazione. Sul volto di certe persone si disegna un sorrisetto particolare quando racconto loro che cosa faccio, più o meno lo stesso che mi aspetterei di vedere se dicessi che costruisco minuscoli mobili da bagno per elfi. Scrivo narrativa per ragazzi da oltre dieci anni ormai, e faccio ancora fatica a darne una definizione. Ma so con certezza che cosa non è: non è solo per ragazzi.» Katherine Rundell firma un'appassionata difesa della letteratura per ragazzi, contro i pregiudizi e gli snobismi di chi pensa che leggerla dopo una certa età sia bandito. Ma chi lo ha detto che c'è un'unica direzione di lettura nella vita? Che non si possa andare avanti e indietro, mischiare i generi, leggere contemporaneamente Joyce e Dahl, i saggi di Derrida e le avventure di Mary Poppins? Leggere libri per ragazzi da adulti non è regredire, non è tornare indietro, ci spiega Rundell con puntuta saggezza, al contrario se li abbandoniamo del tutto «lo facciamo a nostro rischio e pericolo, perché rinunciamo a uno scrigno di meraviglie che, guardate con occhi adulti, possiedono una magia completamente nuova.»
Narrata in terza persona - la "bambina" del titolo altri non è che l'alter ego dell'autrice - questa autobiografia di una delle più note psicologhe italiane racconta la storia di un'infanzia a cavallo della seconda guerra mondiale. Nata da padre ebreo e madre cattolica, la bambina dovrà affrontare le discriminazioni razziali, senza però subire la deportazione - a cui riuscirà a sfuggire ricorrendo al cognome materno e quindi restando "senza stella" - ma anche il senso di perdita per la prigionia del padre e la difficoltà di un rapporto con la madre, dalla quale si sentirà sempre lontana. Una storia che, attraverso una serie di flashback puntualmente commentati, racconta i traumi e i dolori che i bambini devono spesso sopportare, e che li accompagneranno per tutta la vita, e come riescono a superarli attingendo a risorse segrete come il gioco, la fantasia, la creatività e l'ironia. Una testimonianza di vita che è anche una rassicurazione per i genitori: i loro figli ce la possono fare, e ce la faranno, se riusciranno a realizzare le loro potenzialità mettendosi alla prova.