Il dolore è un'esperienza forzata e violenta dei limiti della condizione umana. È una figura aliena e divorante che non lascia requie con la sua incessante tortura. Paralizza l'attività del pensiero e l'esercizio detta vita. Pesa sul gioco del desiderio, sul legame sociale. Altera il senso della durata e colonizza i fatti più importanti della giornata, trasformando la persona in uno spettatore distaccato che fa fatica a interessarsi all'essenziale. Il dolore isola, costringe l'individuo a una relazione privilegiata con la propria pena. Al tempo stesso, è una minaccia temibile per il senso d'identità: lacera la coscienza e schiaccia l'uomo su un senso dell'immediato privo di prospettiva, dandogli l'impressione che il suo corpo sia altro da sé. Incomunicabile, il dolore suscita il grido, il lamento, il pianto o il silenzio, tutti fallimenti della parola e del pensiero. Ma il dolore può anche essere mezzo di espiazione o manifestazione di fede - come nella tradizione religiosa cristiana - o strumento di affermazione identitaria o sociale, ad esempio quando inscrive nella carne la memoria di una filiazione e di una fedeltà alla comunità, come accade agli iniziati di una società tradizionale. Ci sono poi usi del dolore che si alimentano della disparità delle forze tra gli individui: la correzione, la punizione personale, la tortura, il supplizio. L'arte di far soffrire l'altro per umiliarlo o annichilirlo è inesauribile. Il dolore inflitto ne è lo strumento privilegiato, archetipo stesso del potere sull'altro. Sebbene in queste pagine la pratica medica sia spesso chiamata in causa, lo sguardo dell'autore è diretto piuttosto sull'uomo sofferente. Il proposito di Le Breton è di approcciare il dolore su un piano antropologico, di chiedersi come influisca sulla condotta dell'uomo e sui suoi valori, sulla trama sociale e culturale in cui è immerso. Tutto ciò, però, senza dimenticare che se l'uomo è una conseguenza delle sue condizioni sociali e culturali, è anche il creatore instancabile dei significati con cui vive.
"I miei demoni" è un racconto-saggio nel quale lo scrittore, lo storico e il pensatore si fondono. Vi si ritrova lo sguardo del sociologo attento agli eventi del presente, quello dell'antropologo che si rivolge al mito e all'immaginario e infine quello dell'autore de "Il metodo", per la quale la complessità è diventata la sfida che l'animo umano deve affrontare. L'autore investe con critica corrosiva le grandi ideologie del nostro secolo: il nazismo e gli orrori dello stalinismo, il nazionalismo intransigente, il capitalismo e la globalizzazione. Un affresco nel quale la vita dell'uomo e la storia si uniscono sintetizzando la crisi di un secolo.
"Ma come si possono adorare il legno e la pietra?" si chiedevano i missionari cristiani - e alcuni etnologi - di fronte al mistero delle religioni africane. Quale sia il senso del feticismo, cosa significhi (e implichi) attribuire forza vitale e potenza di senso a quelli che a noi appaiono solo degli oggetti, ce lo spiega Marc Auge in queste pagine, mostrandoci come nel "feticcio" trovi in realtà espressione un'affascinante concezione del rapporto tra cose e persone. Tra materia e vita, tra uomini e divinità, tra morti e viventi, sostiene un sacerdote del Benin, non c'è soluzione di continuità, come non c'è tra un individuo e un altro. Il feticismo, quindi, come chiave paradossalmente attuale per comprendere non solo un sistema di pensiero apparentemente molto lontano dal nostro, ma per intuire anche molte questioni al centro della riflessione delle scienze umane sulla surmodernità: la crisi del soggetto, la frammentazione dei confini tra categorie e relazioni. Nella postfazione Nicola Gasbarro - che ha tradotto e curato il volume ricostruisce il quadro teorico della riflessione di Auge, tracciando le coordinate dell'incrocio inevitabile tra antropologia e storia delle religioni.
Pubblicato la prima volta in Francia nel 1962 "Lo spirito del tempo" è stato il primo studio apparso in Europa sulla cultura di massa. Nelle due parti in cui si articola l'opera Morin analizza forme, contenuti, meccanismi ed effetti della cultura di massa riuscendo a dimostrare come questa non sia solo un nuovo strumento per fughe immaginarie dal mondo, ma anche produzione di precise modalità di partecipazione alla realtà del XX secolo.