Un alfiere malandato narra a un dottore curioso le conseguenze del raggiro matrimoniale di cui è stato vittima e artefice: un morbo venereo che sta curando e un'esperienza eccezionale che sta scrivendo. Il manoscritto che l'alfiere fa leggere al dottore riguarda infatti la conversazione notturna fra i due cani di guardia dell'ospedale, che egli aveva ascoltato o forse sognato. "Il matrimonio ad inganno" genera allora una seconda storia di vita randagia, in cui il cane Berganza racconta al cane Scipione le malefatte della schiera dei suoi padroni. Ma la doppia novella di colpo si interrompe. L'autobiografia dell'altro cane non è narrata, così come l'autenticità dell'intera vicenda non è chiarita, lasciando alle lusinghe del non finito la continuazione dell'opera.
Con questo romanzo (1899), dapprima dimenticato e poi divenuto testo sacro del femminile, si retrodata l'inizio ideale della modernità. Corrispettivo americano di Madame Bovary, Il risveglio narra la storia di un adulterio. Edna Pontellier, giovane e bella moglie di un uomo d'affari, madre di due figli, si innamora del giovane Robert. Divisa tra marito, figli e amante, costretta a confrontarsi con modelli femminili diversi, in conflitto con i modelli comportamentali imposti dal contesto sociale, Edna affronta alla fine una solitudine che si conclude con un gesto tragico e definitivo.
In questo tardo dialogo (168 d.C.) Luciano, canzonatorio e talvolta crudele cronista del mondo illogico che lo circonda, appunta la sua poco benevola attenzione sull'occulto e sull'arcano. A casa del saggio Eucrate vecchio e malato, tre filosofi, uno platonico, uno stoico e uno pitagorico, intervengono in una animata conversazione su maghi, sortilegi, demoni, statue viventi, discese nell'aldilà e spiriti maligni. Su queste "menzogne", che spesso tuttavia trovano ampio credito, si appunta la critica ironica dell'autore, nemico dell'impostura e delle superstizioni, per convincerci a vedere le cose senza veli e a far piazza pulita di tutte le "cristallerie".
La "Teoria generale del montaggio" fu scritta nel corso del 1937 ed è rimasta per molto tempo medita. Si tratta della più ampia e audace ricognizione sul montaggio che Ejzenstejn abbia mai concepito: il cinema resta il suo referente esemplare, ma l'indagine si muove con grande libertà nei più diversi campi della produzione artistica, con illuminanti incursioni nell'antropologia e nell'estetica filosofica. Ne risulta un quadro interpretativo capace di gettar luce non solo sui fondamenti teorici e sull'evoluzione storica del montaggio ma anche sulle prospettive, ancor oggi in larga parte inesplorate, di una cultura dell'audiovisivo.
Questo è un libro di biologia che spiega i sistemi viventi come sistemi che si auto-producono (autopoietici) e la cognizione come il processo che caratterizza questa auto-produzione (autopoiesi). Ma è anche un libro di teoria dei sistemi che presenta una nuova nozione di sistema auto-referenziale, oganizzativamente chiuso, che compensa le perturbazioni provocate dall'ambiente per conservare la sua organizzazione ma le cui trasformazioni non sono funzione degli stimoli dell'ambiente. Ed è infine un libro di filosofia che propone un approccio fenomenologico alla cognizione.