"La scoperta dello spirito sono capitoli-saggio che vanno da Omero al periodo ellenistico e indagano come dalla naturalità indifferenziata della poesia epica si giunge attraverso la nascita della tragedia al problema di cos'è l'uomo, e come, dall'immagine-metafora, nasce il problema della scienza, e come la civiltà greca finisce con l'invenzione (Ellenisti, Virgilio) di un mondo arcadico, di arte pura: la letteratura. Indagine ricchissima di idee geniali, sorprendenti, di punti di vista illuminanti, su materia nota e vivace. Unico difetto: non è libro per il popolo. Io sono favorevole." (Cesare Pavese, giudizio editoriale sul libro di Bruno Snell, 3 settembre 1947). "Il volume che avete tra le mani non è un libro nuovo, ma un nuovo libro. È un invito a leggere o rileggere il capolavoro di Bruno Snell in modo più consapevole, nella sua versione completa, esemplata su quella definitiva tedesca. Dopo aver profondamente fecondato la cultura europea del dopoguerra, La scoperta dello spirito si è progressivamente eclissata: del resto la sua visione 'olistica' - oggi del tutto inattuale - fu concepita nella ormai remota Germania degli anni Trenta e Quaranta. Come possiamo, allora, tornare a leggerla con profitto? Si tratterà, anzitutto, di collocarla alla giusta distanza culturale, avvalendosi di una messa a fuoco mobile, come se si inforcassero delle lenti bifocali. Sarà impossibile fare un'esperienza di lettura 'vergine' o solo retrospettiva, riportando indietro le lancette della storia come in un racconto filmico: dovremo cercare perciò di tenere presenti sul nostro schermo i diversi piani culturali, facendo attenzione a non farci risucchiare - attratti dalla prosa elegante e incantatoria di Snell - in quella 'meravigliosa' Grecia dove tutto avrebbe avuto inizio e sviluppo, secondo una linea idealizzante, con sintesi storica nella famosa Aufhebung hegeliana." (Dalla prefazione di Roberto Andreotti)
Nel nostro cielo solcato da satelliti brilla ancora la luce di una stella divina. E non potrebbe essere diversamente: tutta l'evoluzione tecnologica dell'umanità ha radici spirituali, forse persino mistiche. Questa, almeno, è la verità cui è giunto Nuccio Bovalino quando, ispirato dalle gesta di mistici e profeti, ha iniziato a cercare nel cuore della società digitale e algoritmica le tracce dell'antico mondo dei simboli, dei miti e degli dèi. Del resto, se il sacro ha sempre svolto la funzione di salvare l'umanità dalle sue angosce e paure, donando un senso alla vita, oggi questa funzione sembra essere stata completamente assunta dalle nuove tecnologie. I satelliti, come angeli d'acciaio, vegliano sulle città; la rete, come uno spirito avvolgente, ci connette in un dialogo istantaneo, come in una comunione spirituale. Ogni giorno guardiamo alle intelligenze artificiali e alla robotica come a quelle potenze che garantiranno l'accesso a un nuovo paradiso terrestre. Viviamo un futuro anteriore, un avvenire tecnologico che ha la forma di un cosmo medioevale. Ma se così stanno le cose, allora questa nostra epoca di alchimie cibernetiche e algoritmi predittivi, di apocalissi cinematografiche e di brand divenuti icone, è anche l'epoca in cui si ripropone con più forza il dilemma tra salvezza e dannazione, tra un uso messianico della tecnologia e un suo uso esclusivamente ludico.