Nei primi mesi del 2011, a cent'anni esatti dall'impresa coloniale italiana in Libia, si è consumato un nuovo intervento militare contro il Paese nordafricano. Artefici di quest'attacco piratesco, come è qui documentato con precisione, Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, a cui presto si è dovuta accodare anche l'Italia, il più stretto e importante partner economico-commerciale della Libia. Ne è seguito un disastro immane le cui vere ragioni sono state tenute nascoste al pubblico internazionale. Con molta lentezza, mentre si consumava la tragedia che ha dilaniato l'ex colonia italiana, sono emersi qua e là taluni brandelli di notizie sulle cause che hanno portato all'entrata in guerra della NATO contro Mu'ammar Gheddafi. Ma, come già era avvenuto, i media mainstream hanno continuato a tacere sul disegno e le finalità complessive dell'operazione. Oltre a non reclamare giustizia per gli «uomini di Stato» responsabili di una tale catastrofe sociale e umanitaria. Il libro di Paolo Sensini rappresenta un contributo imprescindibile per chiunque voglia davvero capire cos'è accaduto in Libia e, più in generale, su ciò che è ormai passato alla storia con il roboante nome di «Primavera Araba». È un racconto avvincente, che ci guida per mano nel labirinto libico e di cui l'autore, che ha completato il quadro pubblicando importanti contributi sulla strategia del caos nel Vicino e Medio Oriente, ci aggiorna con dovizia fino agli ultimissimi eventi e oltre.
"'Gloria' è la prima parte della grande esposizione balthasariana della fede cattolica. Prendendo le mosse dagli attributi dell'essere (bello, buono, vero), Balthasar ha trattato in questa prima parte della "bellezza" del mondo e della "gloria" di Dio, nella seconda ( Teodrammatica) della libertà finita e infinita, e nella terza (Teologica) l'insieme delle questioni concernenti la verità creata, la verità divina, nonché il loro reciproco rapporto. Gli scribi e i farisei della nostra epoca, i quali trasformano la bibbia in fredde chiacchiere che uccidono lo spirito e 0 cuore, io non li voglio certo a testimoni della mia fede intima e viva. So bene come costoro sono arrivati a questo punto, e poiché Dio perdona loro di aver ucciso Cristo peggio dei giudei, perché riducono la sua parola a lettera morta e riducono lui, il vivente, a vuota immagine idolatrica, poiché Dio perdona loro, perdono loro anch'io. Solo vorrei esporre me e il mio cuore non là dove viene frainteso, e perciò sto zitto davanti ai teologi di professione... altrettanto volentieri quanto davanti a quelli che non vogliono più saperne di tutto questo per la ragione che, cresciuti fin dall'infanzia nella fede della morta lettera e del terrore, hanno perduto la voglia di ogni religione che pure è il primo e il supremo bisogno dell'uomo... Era necessario che tutto ciò si verificasse nel modo come ora è ovunque e in particolare nella religione, e quanto alla religione le cose stanno quasi al modo come stavano quando Cristo venne al mondo. Ma proprio come dopo l'inverno succede la primavera, è sempre venuta dopo la morte dello spirito nuova vita, e la realtà santa è sempre santa, anche se gli uomini non lo avvertono. E c'è pure qualcuno che nel suo cuore è più religioso di quanto egli voglia o possa dire, e forse anche qualche nostro predicatore dice di più di quanto altri suppongono, perché le parole da lui adoperate vengono comunemente e in mille maniere fraintese." (Hölderlin)
«Il senso che la Chiesa, e l'appartenenza ad essa, riveste per il credente in Cristo, per il suo essere uomo e la sua salvezza è tutt'altro che scontato: verrebbe anzi da dire che è sempre meno scontato. Quale sia il motivo per cui, in altri termini, la salvezza si realizzi - pur in modo incipiente - in forma ecclesiale e perché il credere del cristiano sia strutturalmente un con-credere rimane quasi sempre questione inevasa. [...] La visione ecclesiologica di de Lubac resta a tutt'oggi, tra gli studi occidentali, una delle poche all'altezza di una tale fondamentale questione. Ciò è evidente quando si leggano i testi a carattere ecclesiologico del teologo di Lione in raffronto con gli altri suoi studi, soprattutto quelli sul soprannaturale: cosa assolutamente legittima e forse doverosa dal momento che, come ha notato un autorevole commentatore come Balthasar, in Cattolicismo c'era già in nuce tutto quanto si sarebbe sviluppato nella monumentale opera di de Lubac. In un tale orizzonte appare infatti evidente come esista, per così dire, un "aspetto sociale del soprannaturale": tanto più visibile quanto più si passi da una sua considerazione in termini formali a una sua lettura che ne rifletta la concretezza cristologica. L'uomo è creato non solo in una generica immagine di Dio, ma porta impressa in sé l'immagine del Figlio fatto uomo, dell'Unigenito che si è fatto il "primogenito di molti fratelli" (Rm 8,29): per questo non esiste altra vocazione umana che non sia quella alla filiazione divina e, dunque, alla fraternità con gli altri uomini. Il senso per il quale la Chiesa sia la forma incipiente della salvezza è rinvenibile quando si consideri che non esiste uomo se non in Cristo e, dunque, vocato alla filiazione divina e alla fraternità inter-umana. Per l'uomo essere è partecipare dell'essere di Cristo e dunque, co-essere con gli altri uomini, suoi fratelli. Si tratta di dimensioni fondamentali e in certo senso previe a qualunque altra riflessione ecclesiologica, su cui l'opera delubachiana può ancora beneficamente indirizzare.» (Dall'Introduzione di Roberto Repole alla Sezione terza dell'Opera Omnia)
«Ho cercato di spiegare ciò che, a mio avviso, accadrà nei prossimi cinquantanni: da un lato un Nord sempre più ricco, relativamente egualitario al suo interno (per quanto riguarda i propri cittadini) e un'America non più al primo posto dell'economia e della politica ma al primo posto in termini di uguaglianza sociale; dall'altro un Sud sempre più svantaggiato, pronto a usare la propria forza militare, che aumenterà, per disgregare il sistema mondiale, spesso opponendosi a tutti i valori cari all'Occidente; un Sud in cui gian parte della popolazione tenterà la strada della migrazione individuale verso il Nord, creando così un altro Sud all'interno del Nord». Come scrive l'autore di questo saggio, pubblicato per la prima volta negli USA nel 1995 e in Italia da Jaca Book nel 1999, il liberalismo come ideologia di centro (lo spirito liberal) con la caduta del Muro non si è espanso ma è imploso. L'autore suggerisce quindi le vie da percorrere per ricostruire un sistema-mondo fondato su scelte sociali più eque e razionali.
Inos Biffi, insignito in Vaticano del Premio Ratzinger 2016 ha, nello stesso anno, terminato l'edizione dei volumi della sua Opera Omnia. Con il presente volume, "Il Dio che attrae l'uomo", di fatto apriamo un recipiente editoriale, «Percorsi», in cui si pubblicherà la libera ripresa di Corsi e interventi dell'autore. In Biffi c'è sempre stata l'esigenza di parlare non solo a studenti e studiosi, ma anche a chi da «laico» (basti pensare alle larghe collaborazioni con «L'Avvenire» e «L'Osservatore Romano») è interessato al metodo teologico inteso come cammino del ragionare cristiano. Questo primo volume dei «Percorsi» ci conduce al centro del mistero cristiano. Cristo «entra» nella storia in quanto è attraverso Cristo che si realizza la storia stessa (prima parte); il Dio creatore ci appare così immediatamente e indissolubilmente creatore/redentore (seconda parte). Siamo di fronte a un Dio che attrae a sé l'uomo in qualsiasi situazione si trovi e qualsiasi drammatica temperie stia attraversando.
Chi non conosce Pinocchio e le sue avventure? Quando e da chi uno le ha conosciute? Difficile la risposta. Pinocchio fa parte della memoria di tutti. Poche cose sono così radicate nella cultura popolare del nostro come di altri paesi. Ma questo significa che nel rimettersi a leggere, a capire le avventure di Pinocchio, si possono capire le esigenze più profonde di quella umanità che le ha fatte proprie. Le esigenze dell'uomo sono la grande strada per comprendere il suo senso della vita, il suo senso religioso. Questo spiega la nascita di un libro di teologia che, capitolo per capitolo, segue le avventure di Pinocchio. La differenza tra burattino e figlio, nolenti o volenti, resta la sintesi del dramma dell'uomo contemporaneo.
Il tema di questo libro è il destino delle popolazioni indigene brasiliane colpite, nella loro storia e nella loro stessa esistenza, dallo choc dell'urto con quella che l'occidente chiama civiltà. L'autore stesso spiega il suo obiettivo: «La natura dei fenomeni studiati in questo libro ha dato ad esso un tono amaro che non abbiamo intenzione di dissimulare. Si tratta tanto di uno studio scientifico [...], quanto di una denuncia». Lo studio scientifico di Darcy Ribeiro è sostenuto da dieci anni di ricerche, ma l'amarezza e il desiderio di denunciare forme ingiuste di relazione con gli indios sono le conseguenze del «profondo legame umano» che si era formato tra lui e quelle popolazioni. Un classico della ricerca antropologica, pubblicato per la prima volta all'inizio degli anni Settanta quando ancora l'opinione pubblica non aveva puntato la sua attenzione sulle foreste amazzoniche e sui loro abitanti. Corredato da una nuova introduzione, conferma intatto il suo interesse, non essendo mutate o anzi essendo oggi, per molti aspetti, peggiorate le condizioni di vita dei nativi brasiliani.
Riuscì Salomone, il figlio prediletto di Davide, a dimostrarsi all'altezza della leggendaria eredità paterna? E cosa fece di tanto speciale da conquistare l'ammirazione della misteriosa regina di Saba? Un biblista di fama internazionale e un illustratore d'eccezione si confrontano in un percorso storico alla scoperta dei personaggi della Bibbia. Attraverso le grandi imprese che assicurarono a Israele prestigio e splendore, conosceremo la proverbiale saggezza e l'abilità politica del re, che garantirono al popolo ebraico un memorabile periodo di pace e stabilità. Un racconto appassionante alle origini della nostra civiltà e della nostra religione.
Che cosa avevano in comune Elia ed Eliseo? E come riuscirono a diffondere la parola del Signore in un paese sconvolto dalla superstizione e da falsi miti? Un biblista di fama internazionale e un illustratore d'eccezione si confrontano in un percorso storico alla scoperta dei personaggi della Bibbia.
Ripercorrendo gli episodi più significativi della vita dei due grandi profeti, conosceremo il valore esemplare della loro testimonianza di fede, per difendere i più poveri dalle ingiustizie sociali e dai oprassi dei potenti. Un racconto appassionante alle origini della nostra civiltà e della nostra religione.
John Henry Newman è stato uno dei maggiori saggisti, polemisti, pensatori e poeti della grande stagione romantica vittoriana inglese. I suoi numerosi scritti, permeati da una finissima sensibilità, da tensione etica e religiosa ineguagliabile e soprattutto da una totale sincerità e trasparenza, non seguono mai una sterile ricerca di stile ma rispondono sempre a precise, e spesso sofferte, «chiamate». Tutto ciò è presente in modo emblematico in questo «romanzo d'anima», che accoglie, come uno specchio dalle molte facce, un vasto scenario insieme interiore e storico: la società, le idee e la cultura della prima metà del xix secolo sono viste dall'angolatura specifica della vita universitaria di Oxford, che l'autore ben conosceva. Nella figura principale di Charles Reding si concentrano le tensioni spirituali di quel mondo, che via via si allentano, sciogliendosi infine al fuoco vivo di una instancabile ricerca di sincerità e verità, premiata dalla conquista di certezze ultime, di pace, di gioia. Le vicende umane del protagonista si intrecciano così con la biografia di Newman stesso, sottoponendosi a un superiore principio di verità che ne permea l'intera Opera.
Fenoglio è scrittore epico, sia pure di un'epicità tragica, dominata dall'esposizione alla sconfitta e alla morte. Purtroppo egli ha subito vessazioni editoriali che lo hanno privato della possibilità di pubblicare, in forma completa e rifinita, il suo capolavoro, quello che uscì postumo col titolo "Il partigiano Johnny". Della grande saga (il «libro grosso» di cui Fenoglio scriveva a Calvino nel '57) fu pubblicata, vivente l'autore, solo la parte iniziale col titolo "Primavera di bellezza", che si conclude con la morte del protagonista e quindi con l'impossibilità di proseguirne le vicende. Ma Fenoglio è anche autore di un grande racconto ancora di ambito partigiano, "Una questione privata", dominato dal tema della disperata passione amorosa, e di alcune straordinarie narrazioni di ambiente langhigiano, confluite in parte nel precoce "La malora" e in "Un giorno di fuoco", uscito nell'anno della sua scomparsa, il 1963.
Teodolinda, regina dei Longobardi, era gloriosissima già per i suoi contemporanei. Le pagine che le dedica Paolo Diacono la circondano di un fascino sconosciuto alle altre regine di quel popolo. A Monza, città cui è particolarmente legata la sua memoria, poco mancò, in passato, che venisse considerata una santa. D'altro canto, Teodolinda non fu solo «la regina che convertì i Longobardi al cattolicesimo» con la collaborazione di papa Gregorio Magno. Teodolinda era sì cattolica, ma scismatica, tranne, forse, verso la fine della sua vita; per questo motivo, la sua collaborazione con il Papa si svolse sostanzialmente sul piano politico. Il carteggio tra lei e il Pontefice, riportato in appendice, rivela un rapporto estremamente complesso, legato anche al ruolo della donna nell'antica cultura germanica. Ma Teodolinda non fu solo questo. Svolse un ruolo politico attivo, prima a fianco del marito Agilulfo, poi da sola quando, in qualità di reggente, governò il Regno longobardo per alcuni anni, dialogando con le maggiori personalità del suo tempo e godendo di prestigio internazionale.