Chi legge le opere di sant'Ambrogio incontra il pastore paziente che spiega i riti sacri, il maestro persuasivo ed esperto di vita evangelica, il dottore ardente della mistica cristiana, il polemista lucido e stringente, l'esegeta sottile e fantasioso, il teologo occupato a illustrare i misteri della fede, il retore dal discorso curato e persino artificioso, il poeta dal gusto e dalla sensibilità raffinata e con momenti felicissimi. Ma, oltre a ciò, il lettore del santo vescovo di Milano s'imbatte nell'uomo di preghiera: di una preghiera che sgorga spontanea, con un trapasso senza preavviso. La riflessione è diventata orazione, il pensiero si è acceso in invocazione, al concatenarsi del ragionamento è succeduto il colloquio, effuso talora lungamente, come a lasciare espandere i sentimenti che urgono nel cuore.
Questo volumetto introduce al pensiero di una fra le più particolari personalità della cultura cristiana del Novecento. Gesuita e scienziato (geologo e paleontologo), Teilhard de Chardin ha lasciato un messaggio di grande attualità teologica e spirituale, proponendo una visione cosmica della fede cristiana, attraverso un'evoluzione creatrice capace di una progressiva sintesi, di cui l'uomo sin dalla sua origine può e deve essere protagonista. Perno di questo movimento cosmico è la figura di Cristo, in cui - come diceva san Paolo - "tutte le cose sussistono", Principio coordinatore, organizzatore e insieme significatore di tutto.
L'idea di decrescita fa paura. È dunque opportuno proporre una dimensione che renda desiderabile la sua ineluttabilità, intuita da una parte crescente dell'opinione pubblica, cosciente dell'impossibilità di sostenere la chimera di una crescita infinita su un pianeta dalle risorse limitate. Questo piccolo libro si rivolge a coloro che desiderano opporsi al credo della crescita economica illimitata su un pianeta con risorse limitate. Vuole essere un manuale a uso degli "obiettori della crescita". Le pagine qui proposte potrebbero allora servire a non lasciarsi imprigionare nelle arguzie e nei sofismi dell'economismo dominante, liberando così energie e prospettive che, solo a prima vista, possono apparire irrealizzabili.
L'autore ha ricevuto il Premio Nonino 2007 con la motivazione: "... con Sembène Ousmane il Premio Nonino vuole celebrare lo scrittore, il grande cineasta, l'uomo di cultura che da sempre si batte contro i mali ancestrali della sua terra".
"Rafanelli qui manifesta la metamorfosi di una poesia che pur conservando il suo inestinguibile cuore lirico, diremmo il suo combustibile, assume contemporaneamente, in modo non vistoso ma profondo, la forma cangiante, fluente del poema, recupera insomma il racconto. Intendo non il poema in senso stretto, ma un mutamento di passo rispetto alla lirica pura, la subliminale congregazione delle parti in un lucido e visionario racconto, in un dettato drammatico e anche sottilmente drammaturgico." (Roberto Mussapi)
Il volto pittorico della Roma tardo antica e medievale, raramente è giunto a noi intatto; più spesso si mostra frammentato o nascosto o perduto. E tuttavia di questo patrimonio, moltissime sono ancora le tracce visibili sulle pareti di chiese e monumenti della città o i brani di dipinti e mosaici staccati che si conservano nei musei e nei loro depositi. Nel caso di contesti pittorici perduti talora ne sopravvive la memoria visiva, grazie a copie antiche (acquarelli, disegni, incisioni) e fotografie storiche. L'Atlante, di cui si presenta qui il I volume, ricrea i nessi, anche se perduti, fra le pitture murali e il loro originario assetto all'interno degli edifici, presentando una serie di percorsi visivi sulla base di planimetrie e modelli digitali 3D. Si tratta di ricostruzioni grafiche studiate per far emergere mosaici e pitture in contesti architettonici compromessi o meno, ricollocare virtualmente i dipinti staccati, raccontare i palinsesti pittorici "sfogliandoli", visualizzare le decorazioni ormai perdute, ma documentate.
Questo libro è dedicato alla pittura a Roma nel IV e V secolo, in un periodo che prende avvio alla fine del mondo antico e si sviluppa con il progressivo affermarsi del Cristianesimo. Nel volume la pittura è analizzata da tre punti di osservazione diversi: la pittura monumentale, che vede l'avvento dei grandi programmi figurativi all'interno delle nuove basiliche cristiane; la pittura profana, che contempla le ultime testimonianze prodotte dal contesto pagano e la pittura funeraria, straordinario serbatoio di immagini nascosto nelle viscere della città. L'opera, volume I del Corpus della "Pittura medievale a Roma", vuole scrivere una storia della pittura romana tardo antica e paleocristiana, studiando e organizzando tutte le opere, quelle esistenti e quelle testimoniate, della città di Roma, in un ordine cronologico plausibile. Nel volume sono schedate le pitture murali, i mosaici, ancora esistenti in gran numero e spesso ancora visibili sui muri degli edifici sacri della città. Ma sono anche recuperate tutte le tracce che questo stesso patrimonio pittorico ha lasciato nella memoria storica, nel corso dei secoli: acquerelli, disegni, copie, antiche fotografie, descnzioni, che contribuiscono in maniera sorprendente a integrare la nostra conoscenza della pittura di questi secoli.
Il volume è dedicato alla cultura figurativa che si manifesta a Roma, a partire dalla metà dell'XI secolo (quando ancora permangono tracce del recente passato ottoniano) fino alla chiusura del XII secolo, arco cronologico segnato dalla Riforma Gregoriana. Alla profonda riorganizzazione della Chiesa di questi decenni si accompagna un'intensa produzione di immagini e programmi figurativi che rispecchiano tale "renovatio", intesa come recupero e rilettura del proprio passato paleocristiano; il periodo si chiude, alla fine del XII secolo, con una nuova penetrazione bizantina. L'opera, volume I del Corpus della "Pittura medievale a Roma", vuole scrivere una storia della pittura romana medievale, studiando e organizzando tutte le opere, quelle esistenti e quelle testimoniate, della città di Roma, in un ordine cronologico plausibile. Nel volume sono schedate le pitture murali, i mosaici, le icone, ancora esistenti in gran numero e spesso ancora visibili sul muri degli edifici sacri della città. Ma sono anche recuperate tutte le tracce che questo stesso patrimonio pittorico ha lasciato nella memoria storica, nel corso dei secoli: acquerelli, disegni, copie, antiche fotografie, descrizioni, che contribuiscono in maniera sorprendente a integrare la nostra conoscenza della pittura di questi secoli.
Con questo volume si conclude l'Esegesi medievale di de Lubac e si giunge ad Erasmo, aprendosi così a quell'Umanesimo già insito nel Medioevo, che però l'Europa interpretò successivamente in forme riduttive. Nella "Memoria intorno alle mie opere" l'autore ricordò le circostanze in cui nacquero i quattro volumi che compongono "Esegesi medievale". A metà degli anni Cinquanta, esonerato dall'insegnamento, ebbe l'occasione per un lungo confronto con la tradizione cristiana nella gioia dell'incontro con la tradizione viva che, sgorgata dal Vangelo, prosegue senza interruzione nella vita della Chiesa. Interpretando e spiegando con rigore scientifico e entusiasmo, de Lubac ha compiuto un itinerario che i più recenti progressi filologici e storici non hanno annullato. Il testo presentato è il quarto volume della sezione quinta "Scrittura ed Eucarestia", ovvero il 20° volume dell'Opera Omnia.
L'"Autobiografia spirituale" di Nikolaj Berdjaev non è l'ultimo libro scritto dal grande filosofo russo; cacciato dalla propria patria per decisione diretta di Lenin e stabilitosi a Parigi dal 1924, Berdjaev ne terminò infatti la versione iniziale già nel 1940 e prima della morte vi portò alcuni ritocchi, ma quest'opera resta comunque il suo testamento spirituale per la chiarezza con la quale, ripercorrendo la propria storia personale e quella di un mondo devastato da guerre e rivoluzioni, riscopre la centralità della persona creata da Dio e definita dal rapporto con un Dio che vuole la sua creatura come essere libero e creatore. La libertà e l'infinita creatività umana, continuamente riaffermate da Berdjaev, non sono quindi un gesto di autoaffermazione nichilista, in cui l'uomo nega tutto quanto si trova al di fuori del proprio arbitrio e della propria fantasia, ma sono piuttosto la continua tensione della persona per aderire al mistero dell'esistenza, al mistero degli esseri e delle cose e alla loro infinita e sorprendente bellezza. Riflessione critica generata da questo rapporto creatore e dall'esistenza che esso genera, la filosofia è sempre religiosa, crede in Dio o lo nega, ma non può essergli indifferente: essendo amore della sapienza, essa è continuamente alla ricerca del vero e del significato della vita che il filosofo sperimenta quotidianamente.