"La fabbrica del consenso" è una dimostrazione, chiara e illuminante, di come la manipolazione delle notizie da parte del potere - politico, economico e culturale - plasmi l'opinione pubblica. Un'opera che vuole farsi portatrice di un'accusa ferma e inquietante: anche nei paesi considerati fari della democrazia, l'indipendenza e la neutralità dei media sono costantemente minate. Ovunque, ci rivelano Chomsky e Herman, la comunicazione, anche quella considerata più imparziale, cela sempre in sé la morsa della propaganda. Gli esempi citati sono molteplici: nelle elezioni in Nicaragua dei primi anni ottanta, l'intromissione degli Stati Uniti era giustificata dalla narrazione di uno stato meno democratico dei paesi confinanti; nel complotto Kgb-Bulgaria per l'uccisione di Giovanni Paolo II, i media hanno strumentalizzato la disinformazione; lo stesso è accaduto nelle guerre di Indocina, in cui per la prima volta nella storia l'esito di un conflitto non è stato deciso in battaglia ma sulla carta stampata e sugli schermi televisivi. Secondo la seminale analisi di Chomsky e Herman, sono i potenti a fissare le premesse del discorso pubblico: sono loro a decidere che cosa dobbiamo vedere e di cosa dobbiamo dibattere, su cosa polarizzarci e cosa sottostimare, e tutto questo grazie al regolare controllo sui media, i quali presentano così il mondo in accordo con i loro interessi economici. Ovunque non si vigila sull'informazione, ci ammoniscono gli autori, da cane da guardia della democrazia essa si trasforma in giullare delle élite: e quando la nostra libertà sarà in pericolo, non ci aiuterà una risata.
La Germania è da sempre un enigma di non facile interpretazione per gli altri popoli, nel bene e nel male. Nell'epoca di Angela Merkel, all'ammirazione per la "locomotiva d'Europa", fulcro del processo di integrazione continentale, è subentrato il timore per una potenza in grado di tenere sotto scacco le altre economie europee. Per districare i nodi del presente e guardare con consapevolezza ai traumi del passato, Gustavo Corni propone di rileggere la storia tedesca in un'ottica di lungo periodo. Il percorso che si apre con i brillanti successi politico-diplomatici di Otto von Bismarck e giunge fino alla caduta del muro di Berlino, alla riunificazione gestita da Helmut Kohl e alle sfide del presente è straordinario e drammatico al punto che si è parlato di un sonderweg, una "via peculiare". Grazie a Bismarck, la Germania nacque sconvolgendo gli equilibri europei, ma unificando soltanto una parte delle popolazioni di lingua e cultura tedesca. Da queste particolari condizioni di partenza maturarono le premesse dei tormentati eventi novecenteschi: l'imperialismo guglielmino, la grande guerra, il diktat di Versailles, l'occasione sprecata di Weimar, infine l'ascesa del nazismo. Solo andando alle radici si possono comprendere il forsennato sogno di dominio di Hitler, il suo "tragico successo" popolare, il dramma senza pari dell'olocausto e il disastro della seconda guerra mondiale. E proprio la capacità di tener desta la coscienza della barbarie nazista è tra i fattori che hanno permesso alla Germania di risollevarsi, di sopportare la divisione lungo la cortina di ferro e di raggiungere la riunificazione. I protagonisti, le trame politiche - ufficiali e sotterranee -, le trasformazioni economiche, sociali e culturali: Storia della Germania è un riferimento per chiunque voglia conoscere meglio il "paese di mezzo", il più ammirato e insieme il più temuto d'Europa.
Da quindici anni Aldo Grasso ci ricorda una verità semplice eppure rivoluzionaria: le serie televisive americane sono i prodotti artistici che più hanno plasmato l'immaginario collettivo contemporaneo. Che mostrino gli abissi morali in cui può sprofondare un frustrato professore malato di cancro o la dolorosa impossibilità di un pubblicitario newyorkese di sfuggire alle menzogne patinate che confeziona ogni giorno; che raccontino le turbolente vicende sentimentali di una giovane dottoressa alle prime armi, o l'epopea, deflagrata in infinite dimensioni parallele, dei sopravvissuti a un disastro aereo, le serie tv hanno saputo dare forma ai desideri e agli incubi che popolano il reale. E ci hanno reso dipendenti. Nella "Nuova fabbrica dei sogni", Aldo Grasso e Cecilia Penati accolgono la sfida a cartografare la galassia delle serie televisive - dai Soprano a The Wire, da House of Cards a The Walking Dead, dal Trono di spade a Breaking Bad - passando per i personaggi più iconici, i colpi di scena più plateali, e soprattutto per i nuovi demiurghi dell'immaginario, gli showrunner, che accentrano ogni aspetto della produzione artistica. La nuova fabbrica dei sogni-quella che, grazie a Don Draper e Tyrion Lannister, Dale Cooper e Rusty Cole, ha ormai soppiantato Hollywood - non è solo una guida per chiunque voglia affacciarsi al mondo delle serie tv, ma una ricognizione attenta, in cui anche gli appassionati di lungo corso scopriranno nuova linfa per le loro "ossessioni seriali".
Questo numero della rivista "Aut aut" presenta gli articoli di: Pier Aldo Rovatti; Michel Foucault; Mauro Bertani; Alessandro Fontana; Agostino Pirella; Mario Colucci; Stefano Mistura; Pierangelo Di Vittorio.