Anche se è stata realizzata come sceneggiato televisivo solo nel 1975, "Fragola e panna" è stata scritta nel 1966, dunque un anno dopo la prima e più famosa commedia di Natalia Ginzburg, "Ti ho sposato per allegria". Entrambe le commedie hanno al centro una ragazza «randagia» e scombinata, ma in due contesti molto differenti per non dire opposti: per la protagonista di "Fragola e panna" il matrimonio, disastroso, è alle spalle come peraltro l'allegria, rimasta tutta in un gelato di fragola e panna ormai lontano nel tempo. Quattro anni più tardi Natalia Ginzburg scrive "Dialogo" espressamente per la televisione. La protagonista di questa pièce risente dei mutamenti in corso in quegli anni nella società italiana. È una donna consapevole, che sa esprimere le insoddisfazioni della sua vita matrimoniale e le proprie critiche al marito, che sceglie svolte esistenziali coraggiose. Eppure entrambi questi testi hanno epiloghi amari, come a dire che i tempi sono cambiati ma nelle vicende sentimentali e nella vita di coppia trionfa sempre il cinismo degli uomini.
«L'amore è incomprensibile, una forma di pazzia». Nel candore dello sguardo di Elba il manicomio diventa un luogo buffo e terribile, come la vita, che Viola Ardone sa narrare nella sua ferocia e bellezza. Dopo "Il treno dei bambini" e "Oliva Denaro", "Grande meraviglia" completa un'ideale trilogia del Novecento. In questo romanzo di formazione, il legame di una ragazzina con l'uomo che decide di liberarla rivela il bisogno tutto umano di essere riconosciuti dall'altro, per sentire di esistere. Elba ha il nome di un fiume del Nord: è stata sua madre a sceglierlo. Prima vivevano insieme, in un posto che lei chiama il mezzomondo e che in realtà è un manicomio. Poi la madre è scomparsa e a lei non è rimasto che crescere, compilando il suo "Diario dei malanni di mente", e raccontando alle nuove arrivate in reparto dei medici Colavolpe e Lampadina, dell'infermiera Gillette e di Nana la cana. Del suo universo, insomma, il solo che conosce. Almeno finché un giovane psichiatra, Fausto Meraviglia, non si ficca in testa di tirarla fuori dal manicomio, anzi di eliminarli proprio, i manicomi; del resto, è quel che prevede la legge Basaglia, approvata pochi anni prima. Il dottor Meraviglia porta Elba ad abitare in casa sua, come una figlia: l'unica che ha scelto, e grazie alla quale lui, che mai è stato un buon padre, impara il peso e la forza della paternità. Con la sua scrittura intensa, originale, piena di musica, Viola Ardone racconta che l'amore degli altri non dipende mai solo da noi. È questo il suo mistero, ma anche il suo prodigio.
I classici antichi sono diventati soggetti di cui aver paura. Non era facile prevedere che un giorno qualcuno avrebbe messo in guardia i giovani dalla lettura delle opere greche e romane, cospargendole di avvisi di pericolo o addirittura escludendone direttamente alcune dal canone; gli stessi che avrebbero accusato i classici di aver contaminato la nostra cultura con il razzismo, il sessismo, il suprematismo bianco, arrivando al punto di auspicare addirittura l'abolizione del loro insegnamento. Invece è accaduto. Si tratta di un fenomeno recente, ma soprattutto nuovo, inatteso, le cui motivazioni non possono essere ignorate: e come tutte le cose nuove e inattese, ha fatto sì che fosse necessario tornare a riflettere sullo stesso problema - che cosa sono i classici per noi? - da un nuovo punto di vista. Maurizio Bettini ci esorta dunque a tenere vivo il dialogo e a fuggire i pericoli insiti nella sua interruzione. Perché è proprio questo che avviene, quando si manifesta la paura dei Greci e dei Romani: un'interruzione di dialogo fra noi e i classici; non solo, fra noi e la storia, fra noi e il passato.
Le riflessioni teoriche hanno accompagnato la storia dei media dalla loro fondazione, nella seconda metà dell'Ottocento, fino ai nostri giorni. Nel corso di questa avventura, le teorie hanno aiutato a comprendere e spesso hanno influenzato le trasformazioni dei media: dalla originale fase meccanica a quelle elettrica, digitale-elettronica, fino all'attuale condizione algoritmica. Questo volume presenta in modo completo e organico le teorie dei media ordinandole in quattro grandi famiglie: la mediologia classica, critica, discorsivista e filosofica. Per ciascuna di esse vengono illustrati nell'Introduzione intenti, oggetti di studio, discipline, metodi, storia e testi fondamentali. Il volume utilizza quindi i differenti strumenti teorici per indagare alcuni grandi nodi del dibattito contemporaneo, mettendo in luce per ciascuno di essi la complessità interna e la ricchezza di rimandi esterni. Ne risulta uno strumento aggiornato, utile per chiunque intenda passare da un'esperienza immediata e poco consapevole dei media a una comprensione «tridimensionale» dei complessi fenomeni che ci avvolgono e di cui spesso siamo i protagonisti.
Un appassionato corpo a corpo con il pensiero delle origini per riflettere su ciò che ci rende quel che siamo. La questione decisiva oggi è infatti la stessa di sempre: il rapporto fra l'essere umano e la sua animalità, dunque il modo in cui abitiamo il mondo. Perché se vogliamo curare la nostra anima, dobbiamo innanzitutto accettare la nostra natura di animali mortali. Poetici, enigmatici, oracolari, i pensatori più antichi sono dominati da una drammatica complessità che da sempre mette in crisi i lettori. Eppure è alla portata eterna dei loro versi vertiginosi e sconcertanti che si affida Matteo Nucci per ricordarci quale sfida dobbiamo accettare per non dimenticare la nostra vera natura. Furono, infatti, questi sapienti - Eraclito, Parmenide, Empedocle - a dare la risposta più esatta e oscura. Ed è proprio con la loro oscurità che dobbiamo confrontarci, se vogliamo vivere fino in fondo il potere e la debolezza di ciò che ci allontana dal regno animale, il logos, per fare esperienza della nostra umanità, e soprattutto della nostra animalità. Rileggendo miti in cui umano e animale s'intrecciano in creature fantastiche - dal Minotauro alla Sfinge -, attraversando i secoli per trovarci di fronte a scrittori come Dürrenmatt e Hemingway, o poeti come Kavafis e García Lorca, scopriamo quanto potenti e irresistibili siano certe riflessioni antiche, quanto storie famosissime come quelle di Edipo e di Arianna possano farci guardare con altri occhi a temi che di solito giudichiamo con il pregiudizio della superficialità. Corredato dalle illustrazioni di Giovanni Battista Porzio, "Il grido di Pan" ci mette di fronte alla verità decisiva: «Cosa siamo noi se non animali mortali? Esseri che nascono e muoiono, immersi in un ciclo continuo di nascite e morti, noi come quegli animali che invece il nostro logos non lo condividono. Ecco ciò che siamo e che dimentichiamo».
Da quando si è trasferita sotto l'Etna, al vicequestore Vanina Guarrasi non era mai successo di lasciarsi coinvolgere tanto da un caso. Ma ora il brutale omicidio su cui deve indagare è quasi un fatto personale. Per lei, per la sua squadra e per un gruppo di «carusi» che già in passato le è stato d'aiuto. In una mattina di aprile, alla Playa, l'unica spiaggia sabbiosa di Catania, viene scoperto il cadavere di Thomas Ruscica, qualcuno lo ha ucciso con un colpo di rastrello alla testa. Thomas era uno dei «carusi» di don Rosario Limoli, parroco di frontiera che opera nel difficile quartiere di San Cristoforo. Vanina lo conosceva: un ragazzo con una famiglia e un passato pesanti alle spalle, però determinato a rifarsi una vita e ad aiutare altri come lui. Criminalità organizzata o delitto passionale? Questo è il dilemma che da subito si trova davanti la polizia. Finché gli indizi non cominciano a convergere tutti sulla stessa persona. Eppure né Vanina, né il suo vice Spanò, né l'inossidabile commissario in pensione Biagio Patanè, di cui alla Mobile nessuno può più fare a meno, credono alla sua colpevolezza. Per scagionarla saranno pronti, ognuno a modo proprio, a trascurare o a mettere in gioco anche la loro vita privata.
Fin dal mattino, quando ci alziamo dal letto e controlliamo se durante la notte ci sono state reazioni ai nostri post, like e visualizzazioni, tutti noi non facciamo che produrre e consumare contenuti. Ma cosa intendono l'industria culturale contemporanea e il mondo dei media con il termine «contenuto»? Quando e perché questo concetto è diventato onnipresente e così determinante? E a quale costo? In questo volume, Kate Eichhorn offre una concisa introduzione alle caratteristiche e alle dinamiche dell'universo mediatico, culturale e artistico contemporaneo, esaminando gli effetti su vasta scala che tutto ciò genera su società, politica e lavoro nell'era digitale, dall'avvento di internet all'attuale mediaverso social. Per l'autrice, l'esempio più rappresentativo di contenuto dell'era digitale è il celebre «uovo di Instagram», un'immagine che deteneva fino a poco tempo fa il record di like, pur non trasmettendo informazioni o conoscenze e circolando per il semplice fatto di circolare. Eichhorn esplora ciò che differenzia i contenuti generati dagli utenti da quelli prodotti da lavoratori retribuiti (sebbene spesso sottopagati); esamina come arte e letteratura, giornalismo e politica abbiano reagito all'ascesa dell'industria dei contenuti; e riafferma la crescente importanza che acquisisce il «capitale di contenuti» nell'attività di artisti e scrittori in un ambiente che tende ad annullare qualsiasi differenza.
A volte la vita ci colpisce fino ad abbatterci. E se invece di rialzarci, provassimo a guardare il mondo con gli occhi di chi è a terra? Forse proprio la resa può regalare un'inaspettata felicità. Dopo "Il rosmarino non capisce l'inverno", il nuovo commovente romanzo di Matteo Bussola. In pochi hanno saputo raccontare la fragilità maschile senza stereotipi, senza pregiudizi, senza vergogna. Matteo Bussola sa farlo con schiettezza e umanità. In queste pagine lancinanti eppure piene di luce, un uomo trova il coraggio di disertare la propria esistenza e costruire un sogno. Un padre in neuropsichiatria con il figlio impara ad accogliere la ferita di chi ha messo al mondo. Un anziano marito, prendendosi cura della moglie malata di Alzheimer, si domanda che cosa rimanga di una relazione quando chi amiamo sparisce, anche se possiamo ancora toccarlo. Un hikikomori che si è innamorato online vorrebbe incontrare chi è diventato per lui così importante, ma la paura di uscire lo imprigiona. Un bambino ubbidiente scopre la bellezza inattesa di deludere le aspettative. Incrinati, piegati, sconfitti, capaci però di cercare un senso, di intravederlo lì dove mai avrebbero creduto, questi protagonisti trovano ognuno un modo personale, autentico, spudoratamente onesto, di rispondere alla domanda: «Che cosa fa di un uomo un uomo?»
A Tokyo, nei primissimi anni Novanta - gli anni della «bolla» immobiliare -, impazzano i procacciatori d'affari e crescono i grattacieli. Non dappertutto, però. Nella zona di Shinjuku ci sono soprattutto alberghi a ore in rovina e gatti. Nel cuore di Shinjuku c'è Goldengai, un gruppo di isolati che risale ai «tempi caotici del dopoguerra», con più di duecento piccoli bar l'uno accanto all'altro. È un mondo di ruderi e lanterne colorate quello in cui si aggira Yama, aspirante sceneggiatore, autore di quiz per la televisione, daltonico. Quando entra per la prima volta al Kalinka, un localino stretto e lungo dove i clienti abituali ingannano il tempo facendo scommesse sui gatti che faranno capolino alla finestra, Yama si ritrova in una «enciclopedia illustrata del genere umano». Gomito a gomito, al bancone bevono un bassista rock, una dominatrice di un club sadomaso, un regista, un «pornoredattore», un ex carcerato, un uomo vestito di paillette. Dietro il bancone lavora Yume, che arrostisce spiedini e peperoni. Come molti dei suoi clienti, Yume sembra un po' sfasata: ti guarda con un occhio solo, non sorride mai, e sembra sapere molte cose sui gatti del quartiere. Intrigato dal mistero - dove si incontrano, Yume e i gatti? -, combattuto tra la perenne sensazione di smarrimento e gli impulsi creativi, Yama cerca di trovare una strada che faccia per lui. Lungo il cammino si metterà nei guai col suo datore di lavoro, si cimenterà nella poesia, si lascerà cullare dalle luci di Goldengai. E, proprio quando sentirà sbocciare un fiore dentro di sé, vedrà un luogo magico scivolare via come sabbia, portandosi dietro una ragazza dagli occhi sfuggenti e forse un'intera epoca della vita.
Una giovane donna francese, Esther Azoulay, si presenta al Tribunale rabbinico di Tel Aviv per denunciare colui che l'ha ingannata impedendole di unirsi in matrimonio con l'uomo che ama. Una storia intima e dolorosa che diventa l'occasione per trasmettere un nuovo, inaspettato messaggio di pace, e trasforma l'ultima opera di Yehoshua in un estremo testamento civile e politico. Ingannando la giovane Esther Azoulay, guidandola verso una conversione non necessaria, il rabbino Eliahu Modiano ha sabotato il suo progetto di matrimonio con David Mashiah. Secondo le norme del diritto ebraico, proprio a causa di questa conversione, la loro unione è proibita e i loro figli non sarebbero ammessi con il padre al servizio sacerdotale nel Terzo Tempio. Benché la tradizione ebraica ortodossa preveda che il Terzo Tempio sorga in corrispondenza di quello precedente distrutto dai Romani nel 70 d.C., ovvero sull'attuale spianata delle moschee, Esther, donna, straniera e convertita, sottopone al Tribunale un'idea sorprendente che potrebbe cambiare le sorti d'Israele prima ancora delle proprie: «Fuori dalle mura della città vecchia, modesto, umile, tra la Tomba di Assalonne e la valle della Geenna. Un Tempio che non interferisce né minaccia con la sua architettura nessun altro luogo santo. Seppur modesto, questo Tempio assumerà un ruolo drammatico e rivoluzionario». Una proposta che salverebbe il suo matrimonio, e che nasconde un profondo messaggio di pace per uscire dalla spirale di violenza che insanguina quella terra. Fino alla fine Abraham Yehoshua ha sognato che arrivasse quel momento, il momento della pace: una pace attesa e desiderata come la venuta di un nuovo Messia.
La saga criminale dei Wadia. Party dove l'eccesso è la regola, abiti di uno splendore sfacciato, auto di lusso. Sesso. È tutto grandioso, tutto disponibile, basta accettare la legge della famiglia Wadia. Ora, anche a causa di una donna, questo mondo può finire. «La risposta indiana a "Il padrino"» (The Guardian). Sono amati da alcuni, odiati da molti, temuti da tutti. I Wadia controllano trasporti, miniere, zuccherifici. Ma è con la speculazione edilizia che stanno consolidando il loro impero. Ora però le proteste di chi viene sfrattato montano e il «Delhi Post» sta indagando per fare esplodere lo scandalo. Grazie al carisma e alla determinazione, Neda è riuscita a insinuarsi nella cerchia di Sunny Wadia, il rampollo destinato a prendere in mano le redini della famiglia. Ma invaghirsi di una giornalista come lei è una debolezza che a Sunny potrebbe costare molto cara. Il compito di scongiurare la rovina spetterà ad Ajay, ragazzo di origini poverissime, autista, tuttofare, guardia del corpo e, all'occorrenza, vittima sacrificale.