«Non abbiamo un passato», diceva Hitler, rammaricandosi che gli archeologi SS si ostinassero in ricerche nei boschi della Germania, per poi trovarvi soltanto delle brocche orrende. Il passato della razza, quello che doveva riempire d'orgoglio i tedeschi, era da rintracciare in Grecia e a Roma. Cosa c'è di meglio di Sparta per costruire una società e un uomo nuovo? Quale miglior esempio di Roma per costruire un Impero? E quale più efficace avvertimento delle guerre che opposero la razza nordica agli assalti della Persia e di Cartagine? L'Antichità greca e romana insegnava come perpetuarsi attraverso una memoria monumentale ed eroica, quella del mito. Il Reich succedette ad Atene e Roma in questa lotta millenaria, nella quale dovette fronteggiare gli stessi nemici e pericoli. Dai canoni dell'ideologia nazista, a partire dal Mein Kampf, agli edifici di Norimberga, passando attraverso i manuali scolastici, il cinema e le arti plastiche, l'Antichità greca e romana venne riletta e riscritta per fornire al lettore, alunno, studente, spettatore e suddito del nuovo Impero, un paradigma ideologico saldamente impiantato sulle due grandi civiltà del mondo classico. Johann Chapoutot esplora il cuore del progetto totalitario nazista: annettersi non solo gli spazi fisici del mondo, ma impadronirsi, per forgiare l'uomo nuovo, anche del passato, assegnandogli una funzione di esaltazione, modello e profetico avvertimento.
"È proprio vero che quando ti nasce un figlio non sai mai chi ti metti in casa. Poco più di un anno fa è arrivata Penelope Nina. Se prima eravamo in due è il racconto di come è andato l'inizio della nostra conoscenza e di come, piano piano, mi sono innamorato di lei. Questo nonostante occupi la stanza migliore, urli di notte, se la faccia addosso di continuo e non paghi l'affitto. Tutte cose che non perdonerei nemmeno a Scarlett Johansson, il che la dice lunga. La realtà è che ormai sono suo schiavo. Aggiungete che ho una moglie vegana, salutista e vagamente dittatoriale, e la tragedia familiare è servita". (Fausto Brizzi)
Un gruppo di giovani esploratori nella foresta amazzonica scopre che l'oscurità più spaventosa non è quella che li circonda, ma quella dentro di loro. Due ragazzini trovano una pistola semiautomatica, e il colpo che sparano segna il primo confine della loro vita. Un estraneo minaccioso si presenta alla porta di una famiglia borghese riunita per Natale: la sua visita sarà l'inizio della fine delle loro tante ipocrisie. Il vecchio pontile di una città di mare crolla sotto lo sguardo, pieno di compassione ma impotente, di un Dio che dall'alto osserva il dolore e la grazia nascosti in ogni dramma. La prima raccolta delle storie brevi dell'autore dello "Strano caso del cane ucciso a mezzanotte" è stata accolta in Inghilterra e negli Stati Uniti come un capolavoro di talento narrativo, di inventiva e equilibrio. Sono nove racconti lirici e intensi, nove storie che spaziano dall'essenzialità di un fantastico surreale e allusivo, all'avventuroso più scatenato. In ognuno di questi racconti Mark Haddon infonde lo stesso calore. Una scrittura capace di una profonda empatia, in grado di rivelare tutta la dolcezza e la malinconia che abita il cuore degli uomini.
Nel corso della storia ci sono state moltissime donne che con le loro vite straordinarie hanno lasciato un segno, ma per il solo fatto di essere state donne non hanno ricevuto il riconoscimento che si sarebbero meritate. Queste pagine raccontano le vite straordinarie durante le quali hanno primeggiato nell'arte, nello spettacolo, nella politica, nella scienza, nella letteratura, nello sport. Donne che hanno fatto, creato o inventato, ma soprattutto hanno dimostrato che con la passione e la forza di volontà chiunque può vedere realizzati i propri sogni. Virgina Woolf, Agata Christie, Amelia Earhart, Frida Kahlo, Rosa Parks, Jane Goodhall, Nilde Iotti, Malala Yousafzai e molte altre: storie che tutti dovrebbero conoscere. Età di lettura: da 10 anni.
Questa è la storia dell'occupazione israeliana della Cisgiordania, di Gerusalemme, delle Alture del Golan, della Striscia di Gaza e della Penisola del Sinai a partire dalla schiacciante vittoria di Israele sulle forze congiunte dei suoi vicini Giordania, Siria ed Egitto nella Guerra dei sei giorni del 1967. Il Sinai fu gradualmente restituito all'Egitto tra il 1979 e il 1982, in seguito a un accordo di pace stipulato dopo la guerra, e nell'agosto 2005 Israele ritirò le proprie truppe e gli insediamenti anche dalla Striscia di Gaza. Un ritiro parziale dalla Cisgiordania è stato compiuto a più riprese a partire dal 1993, risultato del tortuoso processo di pace di Oslo con i palestinesi. Tuttavia a oggi buona parte della Cisgiordania, la Gerusalemme Est araba e le Alture del Golan restano sotto stretto controllo israeliano. Il grande trionfo militare del 1967, apparso inizialmente come un momento benedetto nella storia di Israele, fini per rivelarsi una «vittoria maledetta». Dopo essersi appropriato di quelle terre, Israele le sottopose quasi tutte a un governo militare assicurando che avrebbe condotto un'occupazione sinceramente «illuminata». Tuttavia, come è ormai sempre più chiaro agli occhi degli storici, un'occupazione illuminata è una contraddizione in termini; e con il passare del tempo l'occupazione di Israele si è rivelata pesantissima. Il filo rosso di questa intera vicenda storica, che potrebbe essere definito come la vera tragedia del conflitto arabo-israeliano, è l'ampia serie di opportunità per risolvere la situazione, che sono andate perdute.
Due adulti sposati (non tra loro) si ritrovano uniti da una passione incontrollabile e da un amore coriaceo, particolarmente resistente alle intemperie. Viviana è sexy, vitale e intrigante, e ha un notevole talento per i discorsi intorcinati. Modesto è meno chic, ma abilissimo nell'autoassoluzione. Moderatamente vigliacco, aspirerebbe alla prosecuzione a tempo indeterminato della doppia vita piuttosto che a un secondo matrimonio, visto che già il suo non è che gli piaccia granché. Ma Viviana, nella crucialità del dilemma, trascina Modesto dall'analista, alla ricerca di una possibilità di salvezza per il loro rapporto ormai esasperato da lacerazioni continue. Un romanzo a due voci, maschile e femminile, che si alternano a raccontare la loro storia mentre la vivono e ci trascinano in un'immersione nelle complicazioni dei sentimenti, nei conflitti che apriamo continuamente per la paura di affidarci all'amore e dargli mandato a cambiarci la vita.
Gianni Rodari è stato un giornalista di quelli rari, capace di muoversi tra registri e voci diverse grazie alla splendida versatilità di una parola sempre esatta. Sapeva raccontare con semplicità il suo approccio pedagogico attraverso l'errore di una bambina, che orecchiando la Chanson de Roland dà vita a un misterioso animale: il cane di Magonza. Ma Rodari poteva trasformarsi in un cronista di razza, in grado di individuare, nel groviglio di voci che circondano un evento, il dettaglio che cattura l'attenzione. E sapeva quanto di vero si può dire con la fantasia. E cosi in queste pagine ci s'imbatte anche in meravigliosi esercizi narrativi; pezzi magistrali di «giornalismo surreale», in cui Rodari, da raffinato scrittore comico, reinventa completamente la realtà per mostrarci il volto segreto, talvolta tenero e talvolta ridicolo, della nostra vita di ogni giorno.
Dai colori dell'India ai segreti del Monte Athos. Dalla sterminata cordigliere dell'America Latina agli ipnotici silenzi della Siberia. Dalle dolci sinuosità della Moldava fino al Pacifico e oltre. Dalle antiche vie che costeggiano il mare alle strade che uniscono le grandi città. Il viaggio in auto di Oscar Niemeyer lungo oltre mille e duecento chilometri da Rio de Janeiro fino a Brasilia per dare vita a una città mai esistita prima. Il cammino a piedi di Vincent Van Gogh tra il Belgio e la Francia nell'inverno in cui fini per capire cosa gli serviva davvero per diventare pittore. La soglia inattesa con cui è costretta a misurarsi Frida Kahlo. La fuga di Joni Mitchell dalle battaglie meschine della fine di un amore. La corsa insonne di Keith Jarrett verso Colonia. "Controvento" racconta le storie di chi, attraversando un ponte, mettendosi su una strada, salendo su un autobus o un treno, ha trovato in un giorno, in un istante, il modo di cambiare e trasformarsi. I viaggi hanno segnato la vita di molti e di molti altri la segneranno nel tempo che verrà: perché l'altro e l'altrove hanno sempre in serbo qualcosa che non abbiamo ancora conosciuto, che lenirà il nostro dolore e ci schiuderà il passaggio verso la strada poco battuta.
Dopo l'importante punto di arrivo raggiunto col poemetto "II mondo sia lodato", la nuova raccolta di Franco Marcoaldi prosegue nel percorso interiore dell'autore tra ricerca sapienziale e piccoli gesti salvifici, mentre il mondo esterno sembra sempre più dominato dalla brutalità. Il libro si apre con una scena di "perdita di tempo" : l'imbucarsi in un cinema semivuoto per vedere un vecchio film, «due ore / rubate al lavoro, una sposa tradita». Il tema del perdere tempo, ripreso in altre poesie («Perdo il mio tempo guardando / il gatto che fissa l'infinito / come nessuno di noi saprebbe fare?»), è uno dei fili conduttori della raccolta: perdere tempo per trovare se stessi, lasciar cadere le maschere, far tacere i tamburi del narcisismo quotidiano, conquistare uno spazio di silenzio. Questo tipo di esercizi zen richiede prima di tutto professione di umiltà. Ai potenti, agli arroganti, ai troppo sicuri è preclusa qualsiasi via che porti a un momento di autenticità. Umiltà e arroganza però possono presentarsi fuse insieme, e dunque: «Come tenere a bada quella metà / avariata di me stesso che reclama / di continuo voce e combina / di continuo danni?» Quest'ultimo di Marcoaldi è un libro di "esercizi spirituali" per laici, un breviario per attraversare i dissidi interiori alla ricerca di una più umana armonia con la natura.
Quando s'imbatte nel caso del piccolo Michele, scomparso dall'auto dei genitori in un'area di sosta senza lasciare traccia, il commissario Striggio sta attraversando un periodo piuttosto complicato. A casa, Leo vorrebbe che lui la smettesse di nascondere il loro amore, soprattutto al padre. E il padre, dal canto suo, sta per arrivare da Bologna con una notizia sconcertante. La sparizione di Michele - un bambino "speciale", dotato di capacità di apprendimento straordinarie e con seri problemi di relazione - è un ordigno destinato a far deflagrare ogni cosa. A riattivare amori, odii, frammenti di passato che ritornano: perché in gioco è soprattutto l'umanità, in tutte le sue declinazioni. E forse la soluzione può venire più facilmente proprio dalla dimensione interiore che dagli snodi di un'indagine tradizionale. Per questo, mentre indaga, il commissario vive, pensa, si distrae, si perde. Così gli altri intorno a lui. Fois scolpisce una galleria di personaggi tridimensionali e vivi: gli abitanti della sua storia si scoprono deboli e spesso bugiardi, capaci di rancore ma al contempo in grado di perdonare e di piangere le loro manchevolezze. Genitori, figli, fratelli, colleghi e amanti: tutti partecipi di un mistero che sta ben attento a nascondere la propria soluzione fino alle battute conclusive.
Sminare il terrorismo, decostruirne la storia, è il percorso seguito da questo libro che affronta le questioni sollevate dal terrore planetario. Lo sguardo si concentra sulla scena dell'attentato, quel tentativo di forzare il ritmo della storia che sfida la sovranità, non per mostrare l'abisso, ma per soppiantarla. Perciò terrore e rivoluzione, spesso confusi, vanno separati. Piuttosto il terrorismo è lo spettro della sovranità moderna, sempre tentata di invocarlo. Di qui l'esigenza di ridescrivere la figura del terrorista che non è un nichilista, ma mira a un progetto politico o teologico-politico. Mentre affiora l'itinerario verso il terrore dei «cavalieri postmoderni dell'apocalisse», vengono considerati gli effetti di una violenza che colpisce la vittima nella sua nuda vulnerabilità. Questo terrorismo non può essere imputato alla religione. Sullo sfondo di un confronto fra sinistra e jihad si erge il terrore del capitalismo globale, emerge quell'insonnia poliziesca che sostenta la nuova fobocrazia.
Di che cosa abbiamo paura, quando parliamo di catastrofi? Quali sono le nostre paure ataviche rispetto alla Terra? E perché abbiamo paura quando non dovremmo e non ne abbiamo quando dovremmo? Questo libro va al fondo delle nostre paure collettive, dalle alluvioni agli asteroidi, dalle eruzioni vulcaniche alle epidemie, con speciale attenzione ai terremoti, drammaticamente attuali. Il problema è che le catastrofi naturali non esistono, esistono gli eventi naturali che trasformiamo in tragedia, spesso grazie al linguaggio iperbolico dei media. Inoltre siamo spesso ignoranti in campo scientifico e la scienza diffonde dubbi e non certezze: ricadiamo cosi nel fatalismo magico-religioso. Per salvarci dalle paure immotivate dobbiamo informarci meglio, prestando attenzione ai veri problemi di oggi: cambiamento climatico, fine delle risorse, consumo del suolo e cosi via. Scopriremo che le catastrofi non ci fanno solo paura, ma ci attraggono, perché l'umanità nasce dalle catastrofi e la sua storia ne è indelebilmente segnata.