Wittgenstein è stato un ammiratore di Freud, ma questo non deve sorprendere, se si pensa che Freud possedeva più di ogni altro una qualità che Wittgenstein riteneva fondamentale in filosofia, la capacità di proporre analogie nuove e illuminanti per la comprensione di fatti che sono nello stesso tempo familiari ed enigmatici. Il lavoro di Freud, per lui, consiste anzitutto nel proporre eccellenti analogie, come per esempio quella tra un sogno e un rebus. Egli ci fornisce una "rappresentazione di fatti" a cui nessuno aveva pensato prima di lui. Freud ha torto nell'esprimersi "come se avesse scoperto che nella mente umana vi sono desideri e atti inconsci"; il che è del tutto errato, secondo Wittgenstein.
Il primo di due volumi che ricostruiscono la storia degli ebrei nella penisola italiana dal Medioevo fino ai giorni nostri: gli insediamenti, l'identità, la cultura, le attività economiche, i rapporti con la Chiesa, la vita nei ghetti.
A partire dall'emarginazione e dalla chiusura dei ghetti (processi che terminano solo a metà Ottocento) gli ebrei italiani acquisiscono finalmente uno status di cittadini "normali", il che accellera il processo di piena integrazione nella nascente società civile dell'Italia unita. Ma sul finire del secolo, un fenomeno di segno uguale e contrario rilancia l'idea della specificità ebraica: nasce il sionismo, e con esso il sogno di una patria ben diversa da quella di adozione. Proprio quando l'elaborazione dei temi sionistici sembra matura, la tragedia del fascismo e del nazismo segna una frattura irrimediabile con il passato, che prelude alla creazione dello stato di Israele e alle sue vicissitudini del dopoguerra.