Professore all'University of California, Berkeley, Peter Brown mette a fuoco in questo libro uno dei punti chiave della società e della sensibilità dei primi secoli della cristianità, ricostruendo i rapporti tra i fenomeni della superstizione e lo stabilirsi delle pratiche mortuarie e del culto ai santi. Il testo è strutturato in sei parti: Il santo e la tomba, "Un luogo elegante e privato", Il compagno invisibile, I morti eccezionali, "Presentia", "Potentia".
Troppo spesso, aver raggiunto un buon risultato non è sufficiente per ottenere un successo. Abbiamo portato a termine brillantemente un lavoro ma non abbiamo ottenuto la promozione; abbiamo lavorato sodo ma il nostro impegno non viene apprezzato come si dovrebbe; abbiamo avuto un'idea geniale ma non ce ne riconoscono il merito. Ci è sempre stato detto che il talento e una forte etica del lavoro sono la chiave per farsi strada nella vita, ma raramente nel mondo di oggi questi sforzi si traducono in risultati tangibili. Dopo aver rimarcato questa incoerenza, Barabási, uno dei maggiori esperti mondiali di scienza delle reti, sottolinea l'importanza vitale dell'apprezzamento e del riconoscimento pubblico nei confronti di un lavoro realizzato con impegno, individuando lo sfuggente nesso tra performance e successo personale. Sfruttando la potenza dei big data e utilizzando alcuni casi esemplari tratti dai campi piú diversi (economici, scientifici, sportivi e culturali: dal Barone Rosso a Jean-Michel Basquiat, da Kind of Blue di Miles Davis a Marcel Duchamp e Tiger Woods), Barabási rivela i principî scientifici e le regole non dette che stanno alla base del successo, delineando infine le cinque leggi che governano il fenomeno e spiegandoci come queste possono essere usate a nostro vantaggio. «Queste leggi sono ciò che tiene lontano il best seller dal cesto delle offerte e i miliardari dalla bancarotta. Chiariscono i difetti dei protocolli di gara, molti dei quali in effetti determinano il vincitore in modo casuale. Mostrano come gli "esperti" - professionisti che valutano vini, esecuzioni di musica classica, prestazioni di pattinatori o anche altri giudici - spesso non sono piú bravi di voi o di me a valutare la qualità. Spiegano perché quel tizio, che domina le riunioni ma in ogni altra occasione si presenta in ritardo e impreparato, in qualche modo finisce per diventare il capo. Mostrano che rischiare scommettendo su un perdente può avere un impatto enorme, e che una sola donazione iniziale può determinare il successo di una campagna di raccolta fondi. Spiegano persino perché una canzone davvero orribile - decidete voi quale - diventi inspiegabilmente un gran successo. Le leggi del successo governano da secoli le nostre vite e le nostre carriere esattamente come la gravità, e tuttavia fino a poco tempo fa ne ignoravamo l'esistenza».
Questo libro nasce da un fenomeno recente di grande importanza: per la prima volta nella storia della 'Ndrangheta le figlie e le mogli dei boss collaborano con la giustizia denunciando le loro famiglie. Lo fanno per strappare i propri figli a un ineluttabile destino criminale, ma soprattutto per sfuggire loro stesse al "codice d'onore". Si tratta delle linee guida dei membri della mafia calabrese che si definiscono, a loro volta, uomini d'onore. Direttive che servono a far carriera nel crimine, tramandate per via orale e che negli ultimi decenni hanno trovato conferme scritte o sono state riferite agli inquirenti dai collaboratori di giustizia. Un esempio è la vendetta che incombe sulle donne di 'Ndrangheta che tradiscono il marito o la famiglia: la morte. Un rito feroce di cui i padri devono farsi garanti per rimediare "all'onta" subita, in nome di ciò che emancipazione, cultura e buonsenso definirebbero piú come "codice del disonore".
Il gesuita ferrarese Daniello Bartoli (1608-1685) ebbe l’incarico di scrivere l’Istoria della Compagnia di Gesù nel 1649. Si trasferì a Roma e dedicò il resto della sua vita al compimento di questa gigantesca opera. Le sue fonti venivano da tutti i luoghi del mondo dove i gesuiti avevano impiantato le loro missioni. Bartoli descrisse luoghi, animali, popolazioni primitive, tradizioni di ogni parte del globo senza avere mai messo il naso fuori dall’Italia, un po’ come, molti anni dopo, fece Salgari. Racconto scontri e guerre, matrimoni, miracoli di ogni tipo come un abile narratore più che come uno storico. Tanto è vero che alcuni (come Asor Rosa) lo considerano autore del più grande proto-romanzo italiano. La sua prosa è stata un modello ammirato da Leopardi e copiato da Manzoni (perfino l’incipit dei Promessi sposi – è stato rilevato – e ricalcato su una descrizione del Gange di Bartoli). L’Istoria della Compagnia di Gesù occupa una ventina di volumi. La parte dell’Asia, ripresa integralmente nei due tomi del Millennio, e forse la più avvincente di tutta l’opera, per la quantità delle missioni, per la ricchezza degli accadimenti storici raccontati e per la varietà, le suggestioni e l’esotismo che i costumi e i modi di vivere del continente asiatico offrivano. Negli apparati predisposti dai curatori dell’edizione si potranno verificare in molti casi i resoconti originari da cui Bartoli partiva, vedendo cosi come lo scrittore li rielaborava e che tipo di selezione faceva. L’ampia introduzione di Adriano Prosperi colloca l’opera del Bartoli nella temperie storica e religiosa del suo tempo come meglio non si potrebbe.
Tutto il dolore del mondo, è questo che la vita ha riservato a Ricciardi. Almeno fino a un anno fa. Poi, a dispetto del buonsenso e delle paure, un pezzo di felicità lo ha preso al volo pure lui. Solo che il destino non prevede sconti per chi è condannato dalla nascita a dare compassione ricevendo in cambio sofferenza, e non è dunque su un omicidio qualsiasi che il commissario si trova a indagare nel torrido luglio del 1934. Il morto è l'uomo che per poco non gli ha tolto la speranza di un futuro; il principale sospettato, una donna che lo ha desiderato, e lo desidera ancora, con passione inesauribile. Così, prima di scoprire in modo definitivo se davanti a sé, ad attenderlo, c'è una notte perenne o se ogni giorno arriverà l'alba con le sue promesse, deve ancora una volta, più che mai, affrontare il male. E tentare di ricomporre, per quanto è possibile, ciò che altri hanno spezzato. Con un colpo di scena struggente il commissario Ricciardi chiude il suo ciclo.
Pubblicata nel 1962, Una giornata di Ivan Denisovič è stata la prima opera a raccontare la vita in un Gulag di un uomo semplice, e a farlo dal punto di vista della grande letteratura russa, nel solco di Tolstoj e Dostoevskij. La stessa classica sobrietà si ritrova nei due racconti successivi. Protagonista di La casa di Matrëna è una povera contadina, presso la quale va a vivere un ex deportato, che mitemente subisce ripetute ingiustizie. Accadde alla stazione di Kočetovka illustra invece la parabola morale di un «uomo sovietico», nel quale il germe della sospettosità staliniana s’è tanto radicato da portarlo a commettere una mostruosa ingiustizia. Un capolavoro stilistico messo a fuoco da questa traduzione, basata sull’edizione definitiva riveduta e corretta dall’autore. Le precedenti derivavano dalla prima edizione del racconto, frutto di compromessi tra l’autore e gli apparati di censura.
In uno sputo di paese al confine fra il Texas e il Messico, Augustus McCrae e Woodrow Call, due dei più grandi e scapestrati ranger che il West abbia conosciuto, hanno cambiato vita: convertiti al commercio di bestiame, ammazzano il tempo come possono. Augustus beve whiskey sotto il portico e gioca a carte al Dry Bean, mentre Call lavora sodo dall'alba al tramonto e continua a dare ordini a Pea Eye, Deets e al giovane Newt. La guerra civile è finita da un pezzo e la sera, sul Rio Grande, non si incontrano né Comanche né banditi messicani, ma solo armadilli e capre spelacchiate. L'equilibrio si spezza quando, dopo una lunga assenza, torna in cerca d'aiuto un vecchio compagno d'armi, il seducente e irresponsabile Jake Spoon, che descrive agli amici i pascoli lussureggianti del Montana e cosi dà fuoco alla miccia dell'irrequietezza di Call: raduneranno una mandria di bovini, li guideranno fin lassù e saranno i primi a fondare un ranch oltre lo Yellowstone. È l'inizio di un'epica avventura attraverso le Grandi Pianure, che coinvolgerà una squadra di cowboy giovani e maturi, oltre a un folto gruppo di prostitute, cacciatori di bisonti, indiani crudeli o derelitti, trapper, sceriffi e giocatori d'azzardo: decine di piccole storie che s'intrecciano tra loro ed escono dall'ombra della grande Storia americana. "Lonesome Dove" è un vero grande classico della letteratura western, l'opera che raggiunge il culmine di un genere e allo stesso tempo chiude un'epoca. Non a caso c'è il cinema all'origine del romanzo: all'inizio degli anni Settanta, Peter Bogdanovich vuole girare un film in omaggio al suo maestro John Ford, con John Wayne, James Stewart e Henry Fonda nelle parti principali. McMurtry scrive il copione: nasce cosi il primo abbozzo di Lonesome Dove, sebbene con un altro titolo. Alla fine il progetto non giungerà in porto, ma quella storia continua a ronzare nella testa di McMurtry per più di dieci anni, finché non decide di scriverci un romanzo. "Lonesome Dove" negli Stati Uniti è subito salutato come un capolavoro e vince il Pulitzer nel 1986. In seguito verrà adattato in una mini-serie televisiva, con Robert Duvall e Tommy Lee Jones, che ottiene un grandissimo successo e segna l'inizio del revival western al cinema, culminato con Balla coi lupi e Gli spietati.
Ida è appena sbarcata a Messina, la sua città natale: la madre l'ha richiamata in vista della ristrutturazione dell'appartamento di famiglia, che vuole mettere in vendita. Circondata di nuovo dagli oggetti di sempre, di fronte ai quali deve scegliere cosa tenere e cosa buttare, è costretta a fare i conti con il trauma che l'ha segnata quando era solo una ragazzina. Ventitre anni prima suo padre è scomparso. Non è morto: semplicemente una mattina è andato via e non è più tornato. Sulla mancanza di quel padre si sono imperniati i silenzi feroci con la madre, il senso di un'identità fondata sull'anomalia, persino il rapporto con il marito, salvezza e naufragio insieme. Specchiandosi nell'assenza del corpo paterno, Ida è diventata donna nel dominio della paura e nel sospetto verso ogni forma di desiderio. Ma ora che la casa d'infanzia la assedia con i suoi fantasmi, lei deve trovare un modo per spezzare il sortilegio e far uscire il padre di scena.
Trent'anni, un impiego da postino, giorni solitari e un gatto a cui badare. Quando scopre di avere una malattia incurabile e poche settimane da vivere, il protagonista indugia sulla lista delle dieci cose da fare prima della fine. Ma presto avrà ben altri pensieri, perché il Diavolo... gli ha proposto un affare! Ogni giorno cedere qualcosa del mondo in cambio di ventiquattro ore di vita in piú. Il ragazzo accetta. Rinunciare a telefoni, orologi o film? Ma certo, in fondo si può fare a meno di quasi tutto. Se non fosse che per ogni oggetto c'è un ricordo. E che ogni patto con il Diavolo implica un distacco doloroso e cambia il corso della vita del protagonista e dei suoi cari. È per questo che quando Belzebú reclama l'esistenza dei gatti, il ragazzo esita: ventiquattro ore valgono davvero la perdita dell'affetto di un micino e di tutto quello che rappresenta per lui?
A differenza di quanto accade oggi, i Bizantini guardavano alla produzione artistica e architettonica non solo dal punto di vista estetico. Per i potenti come per la gente comune, l'arte era parte integrante della vita politica e andava osservata con gli occhi della fede. Le icone e i mosaici celesti offrivano un senso di serena contiguità alla vita dei santi, della Vergine e degli imperatori divinizzati agendo da monito e memoria, mentre gli spazi ecclesiastici garantivano un'esperienza mistica delimitando il potere terreno per innalzare quello dei Cieli. Neslihan Asutay-Effenberger e Arne Effenberger esplorano i linguaggi visuali di un'arte che, al pari di quella «occidentale», affonda le sue radici nell'Antichità romana. Il lettore scoprirà quanto l'arte bizantina abbia influito su quella europea (e in particolare sui mondi slavi), reagendo agli eventi politici e agli sconvolgimenti religiosi e culturali, e creando nel corso dei suoi oltre mille anni una varietà straordinaria di opere. Un volume illustrato che offre una panoramica completa e criticamente aggiornata di quella che per moltissimi anni fu la cultura più importante del Medioevo.
Nelle pagine di Franca Valeri autobiografia e pensiero, ironia e intelligenza, s'intrecciano per dare vita a un'analisi lucidissima e spietata del mondo in cui viviamo. Attraverso ricordi che spaziano dal teatro ai legami affettivi, e con un passo tutto suo, Franca Valeri ripercorre gli anni febbrili del secolo scorso e li confronta con il tempo presente. L'avvento del Terzo Millennio, atteso come una promessa, può rivelarsi in un certo senso una delusione. Il fil rouge è il tema della noia con le sue molteplici sfumature, declinazioni, cause ed effetti: «Non tutte le noie sono uguali: c'è quella in cui si sbadiglia aspettando la fine del giorno senza scopo e c'è, invece, quella più insopportabile in cui è lo scopo che si rivela noioso. La noia è un sentimento eroico, se ti afferra sulla tomba di un eroe o se lo vivi dietro un vetro in attesa di un amante ritardatario». "Il secolo della noia", divertendoci e facendoci riflettere, interroga ciascuno di noi: il presente corrisponde a quello che ci aspettavamo? E in quale direzione stiamo andando?
Le mafie si possono sconfiggere! C'è chi le combatte ogni giorno con la memoria e con l'impegno, e don Luigi questo lo sa bene. Quando ha fondato l'associazione Libera, ha alzato la voce contro ogni tipo di corruzione e criminalità, mostrando a tutti noi una strada da seguire, lastricata di onestà e coraggio. Età di lettura: da 9 anni.