1944, Bologna sta vivendo il suo «inverno più nero». La città è occupata, stretta nella morsa del freddo, ferita dai bombardamenti. Ai continui episodi di guerriglia partigiana le Brigate Nere rispondono con tale ferocia da mettere in difficoltà lo stesso comando germanico. Anche per De Luca, ormai inquadrato nella polizia politica di Salò, quei mesi maledetti sono un progressivo sprofondare all'inferno. Poi succede una cosa. Nella Sperrzone, il centro di Bologna sorvegliato dai soldati della Feldgendarmerie, pieno di sfollati, con i portici che risuonano dei versi degli animali ammassati dalle campagne, vengono ritrovati tre cadaveri. Tre omicidi su cui il commissario è costretto a indagare per conto di tre committenti diversi e con interessi contrastanti. Convinti che solo lui possa aiutarli.
Convocato all'improvviso in una fattoria nei pressi di Three Pines, Armand Gamache, capo della Sûreté du Québec, scopre di essere stato nominato esecutore testamentario da una sconosciuta baronessa. Il documento contiene clausole tanto bizzarre da far sospettare al commissario che si tratti di uno scherzo, ma di lì a qualche giorno, quando nella fattoria viene rinvenuto il cadavere di un uomo, la realtà dei fatti emerge in tutta la sua gravità. Nel frattempo un enorme carico di droga sta per inondare le strade di Montréal, e Gamache, sospeso dal servizio sei mesi prima proprio per non averlo fermato, deve decidere al più presto come agire.
Siamo un pezzo di natura, lo dice la scienza ecologica, e se la natura si degrada anche noi facciamo la stessa fine. Partiamo da dove posiamo i nostri piedi. Ogni secondo in Italia spariscono sotto cemento e asfalto 2 metri quadrati di suolo. Eppure il suolo è la nostra assicurazione sul futuro, per produrre cibo, per filtrare l'acqua, proteggerci dalle alluvioni, immagazzinare CO2. La sua perdita irreversibile è un grave danno per noi e per figli e nipoti. Tanto piú in epoca di riscaldamento globale che, inducendo fenomeni meteorologici estremi - alluvioni, siccità, ritiro dei ghiacciai e aumento dei livelli marini - minaccia il benessere dei nostri figli e nipoti. Eppure ci sono molti modi per risparmiare energia evitando di aggravare l'inquinamento atmosferico o per non sprecare inutilmente le risorse naturali che scarseggiano mettendo a rischio il futuro. Mercalli lo dice e lo scrive da oltre vent'anni, e propone qui un compendio di riflessioni, prendendo lezioni di metodo e di vita da Primo Levi.
Da decenni la sociologia e le scienze umane analizzano il progressivo disgregarsi dei legami e delle relazioni. Non stupisce dunque che la solitudine sia considerata una delle maggiori insidie della nostra epoca. Media e opinione pubblica la descrivono come un morbo da combattere. Governi e istituzioni per la salute pubblica si sono mobilitati. In pochi, però, sottolineano che la situazione contemporanea è il frutto di una precisa evoluzione storica. >Mattia Ferraresi indaga con straordinaria lucidità le radici di questo fenomeno. E illumina il colossale paradosso che lo ha generato: lo scardinamento delle connessioni profonde con l’altro è, infatti, al cuore del progetto di emancipazione della modernità. Proprio il modello liberale ha posto le basi per una società fatta di soggetti che hanno scelto la solitudine quale via maestra verso l’autocompimento. Nel divincolarsi dalle autorità, dalle gerarchie e dalle costrizioni tradizionali che lo opprimevano, l’uomo moderno si è cosí ritrovato solo. Il suo ideale di liberazione si è trasformato, oggi, in una prigionia.
«Il nostro mondo. Quello dei selfie e delle pubblicità profilate, dei pasti monoporzione e del single come stato sommamente desiderabile. Un mondo dove la solitudine regna. Ma grattando la superficie delle osservazioni quantitative e delle cronache si intuisce che siamo di fronte a qualcosa di piú complicato e oscuro di una tendenza sociale: è lo stato esistenziale dell’uomo contemporaneo».
Nelle nostre relazioni quotidiane respiriamo un clima sempre piú offuscato da intolleranza, facile offesa e una fin troppo vivace propensione all’accusa. Il crescendo di espressioni di ira e insofferenza va di pari passo con il rifiuto di fare i conti con le proprie fragilità, utilizzando gli altri come proiezione di parti scomode di sé. A partire dalle inimicizie interiori costruiamo cosí un mondo popolato da tanti presunti nemici esterni a cui addossare la colpa di scontento e malumori. La difficoltà a mettersi in discussione ben si evidenzia nell’attività psicoterapeutica, ma è anzitutto nella vita di tutti i giorni che i sentimenti negativi proiettati alimentano spirali di rabbia e divisioni. Riconoscere in se stessi ciò che troppo facilmente viene attribuito agli altri, assumersene la responsabilità, è l’unica strada per conoscersi, rispettarsi e ricercare forme pacifiche di convivenza, sottraendosi al rischio che la rabbia sia strumentalizzata dai giochi di potere e della politica.
Jean vaga nella penombra di un teatro vuoto. Immerso nei suoi ricordi, insegue contorni di visi, echi di voci, suggestioni fallaci che fluttuano nel passato. A guidarlo nella sua ricerca, solo la mappa dai confini imprecisi che la memoria disegna per lui. Rischiarata dalle luci di scena, riemerge allora l’immagine sfuggente dell’amata Dominique, che all’epoca interpretava la parte di Nina ne Il gabbiano di Cechov. E insieme a lei tornano gli anni della giovinezza, sullo sfondo malinconico di una Parigi in bianco e nero. Scrittore alle prime armi lui, attrice in attesa del successo lei, a vent’anni erano entrambi alle prese con il debutto piú importante. Ma chi muove ora i fili del loro destino? Forse Jean, dietro cui si intuisce l’identità dello stesso Modiano? Oppure sono i ricordi, restituiti in forma di sogno, a stabilire le regole del dramma?
Tesi di fondo di questo libro è che nell’antica Roma il pianto è alquanto diffuso e accompagna gli avvenimenti della vita pubblica e privata. Si tratta di esercitare un potere politico e simbolico: per aumentare la loro autorità, senatori, imperatori e brillanti condottieri non esitano a versare lacrime. Esse vengono usate nelle più svariate situazioni: per esprimere la sofferenza del lutto, la volontà di espiazione quando oscuri presagi appaiono minacciosi, la paura di un’esclusione sociale per cui si invoca la tradizione della propria famiglia; per manifestare la propria grandezza d’animo davanti agli sconfitti. L’autrice si sofferma poi sul messaggio politico che le lacrime diffondono, sul momento calibrato in cui compaiono. Esamina con cura testi e tradizioni, sconfessando l’immagine monolitica dei romani come un popolo duro e crudele. Il tema del libro ha un interesse generale, in un momento in cui si recupera lo studio delle emozioni, la loro spontaneità o la loro calcolata esternazione, il loro ruolo nelle traiettorie individuali nelle relazioni interpersonali.
Nel gennaio 2016 il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha pianto in pubblico. Sottolineando l’intreccio di forza e debolezza, la stampa si è interrogata: «Obama ha reso accettabile il fatto di piangere in pubblico?» In realtà la novità è meno importante di ciò che lascia intravedere: un’attenzione collettiva verso le lacrime. Il dato che forse colpisce di più è che tale attenzione nasce da una dimenticanza. Le lacrime un tempo erano frequenti, tanto in pubblico quanto in privato. Nella Roma antica fornivano un ausilio imprescindibile al politico, erano l’arma preferita degli oratori e il mezzo con cui distinguersi dal volgo. Contribuivano anche a veicolare i presagi riguardanti la città. Le lacrime, insomma, scorrevano abbondanti tra i romani. Gli imperatori, il popolo, i senatori, i soldati piangono. I dibattiti pubblici, i processi, le ambasciate, tutto è pretesto per riversare emozioni. Più dei greci, che già piangevano abbastanza, i romani hanno la lacrima facile. Essi vengono spesso dipinti come conquistatori spietati (e lo erano). Ma se ne mostrano troppo poco i momenti di fragilità. Così la (cattiva) reputazione dei romani ha scoraggiato finora qualunque ricerca generale sulle lacrime, mentre i lamenti degli eroi greci hanno fatto versare fiumi d’inchiostro. In questa storia della forza romana al rovescio bisogna accettare di non riconoscersi, di rimanere spaesati. I comportamenti sociali dei romani, tanto spesso punteggiati di lacrime, ci disorientano. Ma fare un passo di lato permette di vedere più chiaro.
Che cosa significa difendere la democrazia oggi? Quali pericoli sta affrontando lo Stato di diritto? La visione che ci offre George Soros è quella, unica, di chi sa di essere il nemico pubblico per eccellenza dei sovranisti e populisti di tutto il mondo. Personaggio odiato e invidiato, è a capo di un impero finanziario colossale ma, allo stesso tempo, in prima linea per combattere le tendenze autoritarie a livello globale. Attraverso le sue fondazioni ha donato 14 miliardi di dollari per promuovere i diritti umani. Ed è diventato il bersaglio prediletto di movimenti antisemiti, complottisti, oltre che di Donald Trump, Viktor Orbán e Matteo Salvini. Oggi Soros vede a serio rischio anche le conquiste democratiche in Occidente. È tempo di reagire. Così, in queste pagine sferzanti, critica apertamente i suoi nemici, indaga una varietà di temi attualissimi - dall'uso delle nuove tecnologie come strumenti di controllo sociale, all'andamento dei mercati finanziari, al futuro dell'Unione europea - e ci consegna un distillato del suo pensiero a difesa dell'ideale di società aperta.
Per anni, le élite politiche e finanziarie hanno nascosto la verità. Senza una drastica riduzione delle emissioni di CO2, entro il 2100 fino al 75% degli abitanti del pianeta potrebbe essere annientata da ondate di calore. Cambiare non è solo auspicabile, spiega Fred Vargas, ma necessario. Dobbiamo modificare la nostra dieta per incidere sempre meno sul cambiamento climatico; ridurre drasticamente la produzione di rifiuti e passare all'energia pulita. Lavorando insieme, riflettendo e immaginando soluzioni, l'umanità può ancora cambiare rotta e salvare sé stessa e il pianeta.
Perché alla fine del 1999 non fu possibile costruire un corridoio umanitario per far rientrare in Italia da Hammamet Bettino Craxi, gravemente malato, e farlo operare e curare in un centro specializzato senza che fosse arrestato? «La mia libertà equivale alla mia vita», dirà fino all'estremo il leader socialista per spiegare il rifiuto di accettare il carcere e la decisione di restare in Tunisia, dove muore il 19 gennaio 2000. Nel resoconto della trattativa, oltre ai familiari del leader socialista si affacciano il governo, il Quirinale, il Vaticano, l'America e la CIA, i magistrati di Mani pulite e i socialisti dispersi dall'inchiesta su Tangentopoli. Il caso Craxi rappresenta l'ultimo scorcio del Novecento italiano, sospeso tra la caduta del Muro di Berlino, il crollo della Prima Repubblica e l'alba dei poteri forti che s'impongono all'inizio del nuovo secolo.
La cerimonia del tè è uno dei riti tradizionali più affascinanti del Giappone. I monaci buddisti del sedicesimo secolo hanno codificato ogni passaggio di questo rituale che, attraverso i gesti più semplici, chiama i partecipanti a concentrarsi sulla profonda ricerca di se stessi. Con quella sua ritualità che immutata attraversa i secoli, la cerimonia del tè sembra qualcosa di molto lontano dalla vita di tutti i giorni. Lo sembrava anche a Morishita Noriko quando, studentessa svogliata e indecisa sulla strada da intraprendere, su consiglio della madre prese a frequentare un corso sulla cerimonia del tè. Non sa che quelle prime lezioni sono l'inizio di un viaggio che durerà tutta la vita. I momenti dedicati alla cerimonia del tè, ai suoi riti, alla meditazione che impone e, contemporaneamente, dischiude diventano momenti per trovare un senso alle prove che la vita mette davanti a Noriko: un matrimonio annullato poche settimane prima della cerimonia, il tentativo di conciliare il lavoro con il privato, un trasferimento oltreoceano... il caos della vita si riconcilia nel tempo concentrato di una tazza di tè.
Da almeno dodicimila anni abbiamo sviluppato tecnologie che hanno aumentato le nostre prestazioni fisiche e mentali, piegando l'ecosistema ai nostri bisogni alimentari e antropizzando il pianeta massicciamente. Ciò ha migliorato enormemente la qualità della vita ma ha generato tre debiti: economico e sociale (noto),ambientale (che comincia a essere noto) e cognitivo (poco noto, di cui iniziamo a renderci conto). Per nessuno di questi fenomeni preso isolatamente c'è una soluzione semplice. Tuttavia le prospettive di successo saranno molto maggiori se vi sarà una collaborazione intersettoriale: il trasporto pubblico e la riduzione del cibo-spazzatura hanno infatti un impatto sull'obesità, sul diabete, sull'inquinamento e perfino sul cambiamento climatico. Urge l'"internazionalismo": ciascuna di queste crisi trascende i confini nazionali e anzi richiede soluzioni globali. Questa constatazione è sorretta da forti prove scientifiche ed è tuttavia in stridente contrasto con i crescenti nazionalismi.