La Controriforma non fu un ritorno al passato, bensí un grande riassetto del sistema dei poteri. Fu, in realtà, come emerge da questo libro di Adriano Prosperi, una "rivoluzione passiva". La Riforma protestante, nata dall’aspirazione al ritorno alla purezza evangelica delle origini, fu in realtà una grande rivoluzione che trasformò profondamente culture e società di molta parte della moderna Europa. Invece nel contesto degli Stati italiani la pronta reazione della Chiesa romana e la politica di alleanze del papato dettero vita a una vicenda diversa sulla cui natura e sul cui esiti storici si è molto discusso. Si è parlato di Controriforma, riforma cattolica, disciplinamento sociale, pensando specialmente alla repressione del dissenso religioso. Ma in realtà si trattò non di un ritorno all'antico bensì di un riassetto profondo del sistema dei poteri. Mentre il papato consolidava la sua egemonia politica sui minori stati italiani e Roma diventava una grande capitale europea capace di attirare una nutrita élite intellettuale, mutava anche il rapporto tra il clero e i laici. Il governo religioso del popolo fu affidato a un clero diventato una corporazione di intellettuali. L'aspirazione da tempo diffusa a un mutamento profondo venne bloccata e congelata nei secoli da quella che si può definire una rivoluzione passiva.
Questo libro racconta la storia dell'italiano della letteratura dal Medioevo, quando nasce, al Rinascimento, quando si afferma nel ruolo di primo collante linguistico nazionale, all'età moderna (dal Seicento all'Ottocento), quando comincia a separarsi dalla lingua non letteraria, fino a un radicale divorzio dei due istituti, specie tra quello della poesia e quello della lingua comune. Segue poi le vicende del linguaggio letterario nel Novecento, il secolo che ne ha ridotto drasticamente e definitivamente la specializzazione grammaticale e lessicale, trasferendola a livelli stilistici e in luoghi linguistici prima non colpiti dalla differenziazione letteraria. Esamina, infine, all'inizio del XXI secolo, con ampia messe di dati, i piú recenti tentativi (felici o falliti) che l'uso letterario della lingua fa per non perdere del tutto o per riacquistare in parte tratti specifici o aggiuntivi rispetto a quelli dell'italiano corrente. Questa nuova edizione di un'opera di lungo e fortunato corso rivede e aggiorna completamente la precedente e la integra di una parte cospicua dedicata alla contemporaneità, realizzando, di fatto, per quantità e qualità della revisione e delle aggiunte, un libro nuovo: un percorso attraverso la letteratura italiana, dalle origini fino al secondo decennio del XXI secolo, con i materiali e la strumentazione di un linguista. Nuova edizione riveduta e ampliata.
Trentatre anni fa Kirsten, appassionata di magia e affini, ha avuto una figlia. Un'altra, l'ha vinta con un tiro di monete e l'I Ching; quale delle due sia l'una e quale l'altra non ha mai voluto rivelarlo. Ora Livy e Cheyenne delle sue storie fumose sono arcistufe: scorgendo la possibilità di scoprire la verità sulle loro radici, le due donne salgono in macchina, pronte ad attraversare gli Stati Uniti da Seattle a Boston alla volta del Tempio del fiore di fuoco. Comincia così l'avventuroso romanzo di Vanessa Veselka, un on the road al femminile in cui la storia personale di tre donne diversissime si intreccia alla dura realtà di una nazione che attira stranieri da tutto il mondo, abbacinandoli con il mito del sogno americano, e intanto lascia indietro i suoi, costretti a rimandare a tempi migliori persino una visita dal medico. Presto le strade delle due sorelle si dividono: Livy, più quadrata, va in Alaska a sudarsi un po' di sicurezza economica pescando salmoni e granchi; Cheyenne, più mistica, continua da sola la sua ricerca di risposte e, benché ancora non ne sia cosciente, di pace interiore. Kirsten, nel frattempo, è a casa ad affrontare i suoi problemi a testa alta, come ha sempre fatto. Per fortuna anche tra chi tira la cinghia c'è gente generosa: quando le cose si mettono davvero male, Livy trova un sostegno nella volontaria idealista di un centro antiviolenza, Cheyenne nel fratello avviato a diventare marine e Kirsten nell'ostetrica battagliera che anni prima l'ha liberata dai condizionamenti di un coercitivo mondo a tinte pastello. "Le grandi terre del largo" è stato nominato per il National Book Award 2020 e ha vinto l'Oregon Book Award 2021.
Vincenzo Malinconico è tornato ed è alle prese con un'ingiusta causa. D'amore. Già, c'è di mezzo l'amore anche stavolta, ma un tipo d'amore con cui Malinconico non ha avuto ancora a che fare, professionalmente parlando: l'amore impantanato, quello di chi pensa di avere diritto a un risarcimento per il dolore. Perché è proprio questo che gli chiedono gli Impantanati, sei donne e due uomini uniti in una strampalata associazione: di intentare una causa epocale per danni da sinistri sentimentali. E l'assurdo può sembrare a tratti possibile, al più eccentrico avvocato d'insuccesso di sempre. Sono anni, e tanti libri, che le parole di Malinconico ci risuonano in testa. Qualche volta abbiamo persino seguito i suoi consigli non richiesti. Ed eccolo di nuovo qui, fedele nel ridersi addosso un attimo dopo aver detto una cosa che sembrava quasi vera. L'amore può ingolfare una vita, metterla in attesa, in balia degli anni che passano. Tutti conosciamo coppie sfinite da rapporti senza futuro: amori dove i progetti, i desideri e persino i diritti ristagnano. A volte è proprio il legame, il problema. I rapporti di forza, il tempo sul groppone, il presente che dà dipendenza. Poi capita che una mattina la parte debole si svegli e decida che è venuto il momento di fare i conti. È quello che succede nella sesta avventura di Vincenzo Malinconico, l'avvocato delle cause perse ancor prima d'essere discusse, quando Veronica, la sua compagna, gli manda in studio una coppia di amici che gli chiedono d'intentare, con una class action, una causa epocale per l'infelicità di coppia. La pretesa dei due, apparentemente demenziale (ma Malinconico è avvezzo a questo genere di situazioni), si basa su un assunto neanche così sbagliato: se esiste un diritto privato, perché la sfera privata dei sentimenti non dovrebbe andare soggetta alla stessa legge che regola i rapporti patrimoniali? Fosse per Malinconico la chiuderebbe lì, anche perché ha altro di cui occuparsi (Alagia che sta per farlo diventare nonno, Alfredo in fibrillazione per il suo primo cortometraggio, uno strano figuro che lo pedina), ma finisce per cedere alle insistenze del suo socio Benny e si ritrova a partecipare con lui agli incontri degli Impantanati. E noi lo sappiamo bene: quando Malinconico si fa trascinare in una situazione che gli sta stretta, sbrocca ma riesce persino a divertirsi. Sicuramente a farci divertire come non mai, in questo che è uno dei romanzi più mossi e vivi di Diego De Silva. Fra risate, battibecchi, colpi di scena e ordinarie drammaturgie familiari, Malinconico riuscirà ad articolare una stralunata difesa. Ma di se stesso, soprattutto.
Come è morto, davvero, Vittorio Leonardi? Perché Penelope Spada ha dovuto lasciare la magistratura? Un'investigazione su un delitto e nei meandri della coscienza. Un folgorante romanzo sulla colpa e sulla redenzione. Un barone universitario ricco e potente muore all'improvviso; cause naturali, certifica il medico. La figlia però non ci crede e si rivolge a Penelope Spada, ex Pm con un mistero alle spalle e un presente di quieta disperazione. L'indagine, che sulle prime appare senza prospettive, diventa una drammatica resa dei conti con il passato, un appuntamento col destino e con l'inattesa possibilità di cambiarlo. Nelle pieghe di una narrazione tesa fino all'ultima pagina, Gianrico Carofiglio ci consegna un'avventura umana che va ben oltre gli stilemi del genere; e un personaggio epico, dolente, magnifico.
I ricchi sono sempre esistiti e sempre esisteranno. Ma se quelli di una volta erano megacapitalisti, quelli di oggi sono gigacapitalisti. La pandemia, il periodo più calamitoso di sempre per i nove decimi dell'umanità, è stata una pacchia per loro. Jeff Bezos ha aggiunto un'ottantina di miliardi di dollari al suo già cospicuo patrimonio. Elon Musk, per un momento, l'ha superato come uomo più ricco al mondo. La nazione virtuale da due miliardi di utenti fondata da Mark Zuckerberg, se fosse reale, sarebbe la più popolosa al mondo. Ma il punto non è soltanto la quantità del denaro in sé. È che tale quantità dà a singoli individui un potere che, un tempo, competeva solo agli Stati sovrani. Come si fa a fermare la cavalcata verso nuovi tipi di monopoli di questa manciata di plutocrati che non ambiscono a influenzare solo che cosa compriamo ma anche che cosa pensiamo? Con tasse giuste, leggi migliori, più diritti ai lavoratori sfruttati e una nuova consapevolezza collettiva. Perché se continui a dire di mangiare brioche a moltitudini senza pane, la storia insegna, di solito non va a finire bene.
Dai radiosi anni della Germania di Bismarck a quelli devastanti della Seconda guerra mondiale, la famiglia Effinger attraversa quasi un secolo di storia e turbolenze nel cuore pulsante dell'Europa. Gli amori, le sofferenze, le rivoluzioni politiche, ma anche gli arredi, gli abiti da sera, i caffè, i teatri: Gabriele Tergit, in un trionfo di voci e immagini minuziose, racconta il perduto mondo ebraico berlinese. La saga degli Effinger ha inizio con Paul e Karl - figli del capostipite Mathias, orologiaio a Kragsheim - che da un piccolo paese si dirigono alla volta della Berlino cosmopolita per cercare fortuna. Ambiziosi e irrequieti, mecenati talentuosi e sensibili, ardenti patrioti e prussiani, in poco tempo gli Effinger riescono a guadagnarsi la fama di abilissimi imprenditori e a diventare una delle famiglie più importanti della città. Ma dopo la Prima guerra mondiale, le loro certezze borghesi cominciano a sgretolarsi e piano piano anche le loro splendide feste non possono più nascondere l'antisemitismo sempre più dilagante e brutale. Un classico in corso di pubblicazione in tutto il mondo.
Con quasi mezzo milione di morti e circa dodici milioni di sfollati, la guerra civile siriana costituisce un'enorme catastrofe umanitaria e una delle tragedie più complesse del nostro tempo. "Requiem siriano" analizza le cause di questo conflitto in modo equilibrato e completo, isola i diversi fili di una vicenda pressoché inestricabile e ne individua le varie fasi - dalla sua prima scintilla durante una protesta pacifica della Primavera araba alla fragile vittoria della dittatura di Assad - mostrando come i combattimenti abbiano ridotto la Siria a uno stato fatalmente vassallo con poche prospettive di riforma politica, riconciliazione nazionale o ricostruzione economica. Itamar Rabinovich è stato il principale negoziatore di Israele con la Siria nella metà degli anni Novanta, ed è un esperto di politica del Medio Oriente. Basandosi su più di duecento interviste con varie personalità e testimoni, Rabinovich e Valensi valutano il ruolo svolto dagli interessi locali, regionali e globali nella guerra. Le locali divisioni settarie hanno stabilito le linee di frattura del conflitto iniziale, che alla fine ha visto l'ascesa del brutale Stato Islamico. La Siria è diventata rapidamente il palcoscenico di una guerra per procura tra le potenze della regione, tra cui Israele, Turchia e Iran. E, mentre gli esausti Stati Uniti tentavano di ridurre il loro coinvolgimento militare in Medio Oriente, la Russia riguadagnava un'influenza nella regione dando sostegno alle forze governative siriane.
Il mondo della scuola attraverso storie vere, tutte immaginate tra banchi e lavagne. Qual è la sostanza della scuola italiana? Quali rituali, frasi fatte, disfunzioni, tic resistono per corridoi e aule? Come interagiscono professori e ragazzi? Chi per anni ha raccontato la scuola in maniera lieve con un malinconico retrogusto che lascia un po' d'amaro, è Domenico Starnone, che è stato a lungo insegnante. Lo ha fatto a partire dal suo esordio letterario, Ex cattedra, libro ormai di culto: la cronaca di un anno scolastico registrata da un docente che annota la quotidiana lotta, la quotidiana complicità tra alunni confusi e insegnanti amareggiati. Seguono le confessioni di Fuori registro, quattordici istantanee così realistiche da sembrare assurde. C'è poi la scuola di Sottobanco, che racconta uno scoppiettante scrutinio di fine anno. E infine il repertorio di Solo se interrogato, dove il difficile compito dell'insegnante viene ricostruito attraverso memorie di quando si è stati studenti, storie di vita quotidiana ed esercizi di immaginazione. La scuola è un piccolo scrigno che conserva momenti di un lavoro lungo e appassionato: quello che Starnone ha svolto nelle aule e quello che ha fatto scrivendo per il piacere di narrare e per amore dell'istruzione pubblica.
La storia e l'eredità del tragico conflitto che divise la Cina della dinastia Qing e il Regno Unito, imponendo all'Impero Celeste una penetrazione commerciale che sconvolse secolari equilibri e innescò le mire espansionistiche di altre potenze. Uno scontro che da quasi due secoli non smette di condizionare le relazioni dell'Occidente con il colosso cinese. Nell'ottobre 1839 iniziò la prima guerra dell'oppio tra Regno Unito e Cina. Nonostante la sua brutalità, il conflitto fu anche intriso di tragicommedia: tra ipocrisia vittoriana, tentennamenti burocratici, passi falsi militari, opportunismo politico e cooperazione. Eppure, negli ultimi 180 anni, questa strana storia costellata di incomprensioni, incompetenza e compromessi è diventata l'episodio fondante del moderno nazionalismo cinese: è considerata l'inizio dell'eroica lotta della Cina contro una cospirazione occidentale tesa a distruggere il paese attraverso l'oppio e la diplomazia delle cannoniere. A partire da questo primo conflitto, "La guerra dell'oppio" esplora come i miti nazionali della Cina sostanzino le sue interazioni con il mondo esterno, come il passato sia diventato propaganda al servizio del presente, e come l'illusione e il pregiudizio abbiano funestato il rapporto dei cinesi con l'Occidente moderno e viceversa.
«Le situazioni pericolose, tristi, luttuose mi facevano vibrare come se solo nel dramma la vita si mostrasse davvero: nuda, integra, commovente». Ciascuno di noi, anche solo per un istante, ha conosciuto l'irresistibile forza di attrazione dell'abisso. Daria Bignardi sa metterla a nudo con sincerità e luminosa ironia, rivelando le contraddizioni della sua e della nostra esistenza, in cui tutto può salvarci e dannarci insieme, da nostra madre a un libro letto per caso. Partendo dalle passioni letterarie che l'hanno formata, con la sua scrittura intelligente e profonda, lieve, Daria Bignardi si confessa in modo intimo - dalle bugie adolescenziali agli amori fatali, fino alle ricorrenti malinconie - narrando l'avventura temeraria e infaticabile di conoscere sé stessi attraverso le proprie zone d'ombra. E scrive un inno all'incontro, perché è questo che cerchiamo febbrilmente tra le pagine dei libri: la scoperta che gli altri sono come noi. Memoir di formazione, breviario di bellezza, spudorato atto di fede verso il potere delle parole, questo libro è un percorso sorprendente e imprevedibile fatto di domande, illuminazioni, segreti, che pungola e lenisce, fa sorridere e commuove. Un viaggio nel quale la vita si manifesta «furiosamente grande». «Dopo aver letto "Il demone meschino" di Sologub, a tredici anni, presi della polvere dal Piccolo Chimico, uno dei miei giochi preferiti di bambina, la misi dentro un foglietto di carta velina piegato in quattro e me lo infilai nel portafoglio, per giocare alla droga. Mio padre la trovò qualche anno dopo e la fece analizzare. Distratto com'era, assente com'era, anziano com'era - sono nata che aveva quasi cinquant'anni - a suo modo cercava di tenermi d'occhio. Mia madre era così ansiosa che il solo pensiero che potessi cacciarmi nei guai la devastava, perciò lo rimuoveva. Mi proibiva tutto, che è come non proibire niente. Per lei - e quindi anche per me - non c'era scelta: dovevo essere irreprensibile e prudente, se no lei - come minimo - ne sarebbe morta. Diventai l'opposto».