A partire dai dati scientifici sullo stato del pianeta, dalle indicazioni del magistero e dalla riflessione della teologia e dell'etica ecologica, il volume propone di educare al creato offrendo un messaggio di speranza da condividere con coloro che hanno a cuore la terra e i suoi abitanti.
Un'educazione che non si limiti alla salvaguardia dell'esistente - pur imprescindibile di fronte al deterioramento ambientale - ma che consenta di riscoprire armonia, meraviglia, stupore e gratitudine affinando una sensibilità che non sia pura delega agli addetti ai lavori, ma diventi patrimonio comune. Un'educazione in grado di suscitare il desiderio di prendersi cura della creazione, di assumersi responsabilità verso la terra, dono di Dio affidato a tutti e alle generazioni future, e di impegnarsi per la giustizia a favore dell'intera famiglia umana.
«L'arte dell'educare al Creato diventa sempre più necessaria», osserva nella prefazione il vescovo Giancarlo Bregantini. «Anche perché gli errori e i limiti precedenti, frutto di poca sensibilità sociale e culturale, possono ora essere rimediati. E superati. La sensibilità è infatti cresciuta, più vicina alla storia odierna, soprattutto dei giovani, che sentono vivissimo il loro cuore attento all'erba che cresce, al cielo azzurro, all'aria pulita, al territorio risanato. A un lavoro che garantisca il futuro».
Sommario
Prefazione (G. Bregantini). Presentazione. 1. Educare oggi. 2. Lo stato del pianeta. 3. I fondamenti della cura per l'ambiente-creato. 4. Una questione etica. 5. Un orizzonte che si allarga. 6. Comunità profetiche nella storia. 7. Un nuovo ruolo culturale. Conclusione.
Note sull'autrice
MARIA TERESA PONTARA PEDERIVA, insegna scienze naturali al liceo scientifico. Ha condotto studi in Scienze religiose con tesi in bioetica, è giornalista dal 1984 e si è occupata di divulgazione scientifica, tematiche educative e familiari, informazione religiosa. Collabora ai settimanali diocesani Vita Trentina e Il Segno e al portale Vatican Insider de La Stampa. Per le Edizioni dehoniane collabora alla Rivista di Teologia Morale, Settimana (e relativo blog), Testimoni e ha pubblicato: Giuseppe Nardin monaco nella storia. Un benedettino sulla frontiera del rinnovamento (2010).
Le banche, che nella loro architettura somigliano a templi o chiese, sono le custodi di una divinità visibile - il denaro - e celebrano l'insolita religiosità del capitalismo. Ciò rende evidenti le profonde radici teologiche e religiose del nostro rapporto con i soldi, i debiti e le tasse in un mondo in cui la monetizzazione ha ormai raggiunto ogni campo della vita.Gli autori analizzano un romanzo popolare tedesco dei primi del Cinquecento considerandolo una prefigurazione fantastica dell'Euro: un uomo è dotato di una borsa magica che si riempie continuamente di denaro; egli non deve preoccuparsi della provenienza dei soldi; se lo facesse rientrerebbe nella schiera dei perdenti e dovrebbe lavorare. Eppure, troppa fortuna gli arrecherà solo infelicità e alla fine prenderà la decisione di ritirarsi in un convento. Sempre nei primi decenni del Cinquecento, l'umanista spagnolo Juan Luis Vives compone il primo trattato europeo sulla politica sociale, in cui espone l'idea che le istituzioni, e non solo le strutture assistenziali della Chiesa, debbano occuparsi dei poveri. Alla moltiplicazione miracolosa del denaro da spendere (metafora del capitalismo) e alla ridefinizione dei compiti dello Stato con le argomentazioni dell'amore cristiano verso il prossimo (metafora dello Stato sociale) si aggiungerà un terzo elemento: la «generosità obbligatoria» dei cittadini disposta dallo Stato moderno attraverso l'ampliamento dell'obbligo fiscale generale.