I disegni scenografici di scultori fiamminghi e il Barocco romano a cura di Charles Bossu, Wouter Bracke, Alain Jacobs, Sara Lambeau, Chiara Leporati
L'autore ha voluto dedicarsi allo stretto rapporto esistente fra la pittura napoletana del XVII e XVIII secolo e le figure presepiali del '700 e viceversa: all'influenza che taluni personaggi, animali, accessori del presepe hanno avuto su correnti di pittura nei secoli successivi. In questo volume la natura morta, composizione "a tutto tondo" realizzata in cera, in terracotta, in legno e in altri materiali, anche preziosi, comunemente definita "finimento" o accessorio, per la prima volta assurge al ruolo di protagonista. Un cestino di frutta, un fascio di ortaggi oppure un insieme di più elementi non è altro che la versione "plastificata" di quelle nature morte di cui furono maestri: Luca Forte, Giovanbattista Ruoppolo, Giuseppe Recco, Baldassarre De Caro e altri valenti pittori del '600 e '700 napoletano e non, un genere di pittura di cui il Caravaggio nel secolo XVI fu considerato il precursore. Numerose sono le illustrazioni presenti in questo lavoro provenienti da collezioni private che evidenziano l'affinità fra le opere dipinte e quelle "a tutto tondo" e in scala, che rappresentano quella miriade di accessori che caratterizzano il presepe napoletano. Gherardo Noce Benigni Olivieri affronta queste tematiche grazie a una conoscenza del Presepe a 360 gradi, da collezionista, da studioso ma anche da mercante d'arte.
L'autore ha voluto dedicarsi allo stretto rapporto esistente fra la pittura napoletana del XVII e XVIII secolo e le figure presepiali del '700 e viceversa: all'influenza che taluni personaggi, animali, accessori del presepe hanno avuto su correnti di pittura nei secoli successivi. In questo volume la natura morta, composizione "a tutto tondo" realizzata in cera, in terracotta, in legno e in altri materiali, anche preziosi, comunemente definita "finimento" o accessorio, per la prima volta assurge al ruolo di protagonista. Un cestino di frutta, un fascio di ortaggi oppure un insieme di più elementi non è altro che la versione "plastificata" di quelle nature morte di cui furono maestri: Luca Forte, Giovanbattista Ruoppolo, Giuseppe Recco, Baldassarre De Caro e altri valenti pittori del '600 e '700 napoletano e non, un genere di pittura di cui il Caravaggio nel secolo XVI fu considerato il precursore. Numerose sono le illustrazioni presenti in questo lavoro provenienti da collezioni private che evidenziano l'affinità fra le opere dipinte e quelle "a tutto tondo" e in scala, che rappresentano quella miriade di accessori che caratterizzano il presepe napoletano. Gherardo Noce Benigni Olivieri affronta queste tematiche grazie a una conoscenza del Presepe a 360 gradi, da collezionista, da studioso ma anche da mercante d'arte.
Si può passeggiare nel verde imparando anche a saperci guardare intorno . Detto così si potrebbe pensare ad una introduzione alla botanica . Invece , e ci piace sottolinearne l’eccezionalità, la collana “I giardini storici di Roma “ curata dalla Sopraintendenza Comunale di Roma , chiede al lettore molto più che una partecipata attenzione a piante e cespugli : senza niente togliere all’approfondimento naturalistico , le guide invitano a ripercorrere gli aspetti più o meno conosciuti, gli itinerari storici, l’intreccio imprescindibile tra architettura e paesaggio del verde romano che non ha eguale al mondo per compresenza di valori storici e ambientali. Villa Torlonia è una delle ultime ville romane ad essere stata acquistata a uso pubblico . Pur nelle limitate dimensioni, essa ha un’ altissima concentrazione di manufatti artistici non che è uno dei parchi più interessanti della città di quella tipologia detta all’inglese poco comune in Italia.
Si può passeggiare nel verde imparando anche a saperci guardare intorno . Detto così si potrebbe pensare ad una introduzione alla botanica . Invece , e ci piace sottolinearne l’eccezionalità, la collana “I giardini storici di Roma “ curata dalla Sopraintendenza Comunale di Roma , chiede al lettore molto più che una partecipata attenzione a piante e cespugli : senza niente togliere all’approfondimento naturalistico , le guide invitano a ripercorrere gli aspetti più o meno conosciuti, gli itinerari storici, l’intreccio imprescindibile tra architettura e paesaggio del verde romano che non ha eguale al mondo per compresenza di valori storici e ambientalI. Si inizia la passeggiata del Pincio , pensato da sempre come uno spazio verde per il pubblico , ritrovo mondano ma anche di semplice svago e simbolo delle glorie patrie grazie alla progressiva collocazione di ben 229 busti di illustri italiani.
Villa Ada Savoia, una delle più estese tra le ville storiche romane con i suoi 150 ettari, è nota soprattutto per essere stata commissionata dal primo re d'Italia, Vittorio Emanuele II e per essere stata per decenni residenza della famiglia Savoia.
Per complesse vicende giuridiche ed ereditarie la Villa, dopo l'avvento della Repubblica è stata divisa in due parti, una proprietà pubblica e quindi aperta e fruibile da tutti, l'altra rimasta proprietà degli eredi Savoia e che solo di recente, nel 1994, è stata acquisita dal Comune di Roma.
Il complesso cosi riunificato è stato oggetto negli anni scorsi di un complicato ed impegnativo recupero per renderlo fruibile, ma molti interventi sono ancora in corso o di prossimo avvio.
Nonostante l'aspetto naturale e un po' selvaggio, dovuto in parte a decenni di abbandono, la Villa contiene numerose memorie storiche in edifici particolari o in sistemazioni a giardino spesso frutto di ingegnose invenzioni. Alcuni edifici sono rimasti proprietà privata e quindi inaccessibili, come la Palazzina reale, sede dell'Ambasciata della Repubblica Araba d'Egitto, o il Villino Pallavicini, testimonianza della storia della Villa antecedente la committenza Savoia.
Nella guida si è voluto dar conto anche di queste realtà, ricostruendo la storia di tutto il complesso, sia degli edifici sia del parco.
Si è inteso così offrire ai numerosi fruitori del parco uno strumento per apprezzare tutte le valenze della Villa, contribuendo alla conoscenza e quindi al rispetto dei luoghi.
Il volume suggerisce itinerari nell'area dei Castelli Romani e Prenestini in cui le tappe sono scandite da edifici religiosi, custodi eletti di capolavori sconosciuti al grande pubblico: tredici noti paesi - Cave, Colonna, Frascati, Gallicano nel Lazio, Poli, Genazzano, Grottaferrata, Montecompatri, Monteporzio Catone, Rocca di Papa, Rocca Priora, Palestrina e Zagarolo -, destinazione elette delle gite fuori porta, che vantano un patrimonio artistico che spazia dall'XI al XIX secolo. L'opera si propone di far riscoprire soprattutto la storia e lo sviluppo di queste terre che, per l'amenità e la tranquillità dei siti, per la piacevolezza del clima, per la rigogliosità della vegetazione, da sempre sono meta di visitatori che amano il raccoglimento e l'eremitaggio e un turismo meno scontato e di massa. Molti sono gli intereventi che, nei secoli, sono stati commissionati da feudatari, signori, cardinali e addirittura pontefici che hanno contribuito a valorizzare il patrimonio artistico e architettonico dell'area, regalando alla popolazione splendidi e monumentali edifici per il culto. E così accanto alle varie chiese parrocchiali ricche di devozione anche minuta, si trovano luoghi di culto e preghiera cresciuti attorno ai vari ordini religiosi che cercarono e trovarono in queste regioni la dimensione più confacente alla propria missione in cui la predicazione si doveva conciliare con la meditazione.
I restauri e le verifiche effettuate nella Basilica di San Francesco ad Assisi a seguito del terremoto del 1997 hanno costituito l'occasione per lo studio delle tecniche esecutive e delle alterazioni cromatiche delle superfici pittoriche. Questo studio, pubblicato in occasione della ricorrenza del decennale del tragico evento, sono presentati i risultati delle indagini effettuate in stretta collaborazione tra l'Istituto Centrale per il Restauro e l'ENEA sulle Storie di san Francesco nella navata della Basilica Superiore. In questo modo è stato possibile individuare residui minimi dell'originaria coloritura a secco e di decorazioni con foglie metalliche, altrimenti non apprezzabili. Il riconoscimento e la stima di quanto purtroppo non sopravvissuto delle cromie originali di questo ciclo pittorico ha suggerito le ipotesi ricostruttive presentate e discusse in questo quaderno.
Nel fervore di iniziative culturali e artistiche della Roma degli inizi del novecento spetta all'etnologo Lamberto Loria (1855-1913) il merito di aver raccolto, in occasione della Mostra di Etnografia italiana, tenutasi a Roma in Piazza d'Armi (attuale quartiere Prati) 1'eccezionale collezione di figure presepiali napoletane, circa mille bellissimi pastori che susciteranno l'interesse e l'ammirazione dei visitatori della mostra svoltasi nell'ambito dell'Esposizione Internazionale del 1911. All'inaugurazione, che avviene il 21 aprile, erano presenti i reali di casa Savoia e il principe di Connaught a sottolineare l'importanza dell'evento che rientrava nel più vasto e intelligente programma voluto da Giovanni Giolitti a sostegno dell'economia reso possibile grazie alla riscoperta dei valori e saperi tradizionali. Per questo nella mostra sarà presentato quanto di meglio era stato prodotto su1 territorio nazionale come il presepe napoletano con i suoi pastori del '700 e 800 raccolti dal Loria e dai suoi collaboratori in due anni. Si tratta di una collezione di inestimabile valore sintesi del nostro "patrimonio materiale e immateriale" che lega credenze profane e religiosità popolare, arte e artigianato destinata a costituire la collezione del Regio Museo di Etnografia che verrà istituito nel 1923.
Il volume presenta una raccolta di saggi che affrontano una serie di argomenti o di case studies particolarmente significativi per la problematica della policromia della scultura antica. Si tratta di saggi filologici, di storia della recezione di analisi sia archeologiche che archeometriche, che - tessera dopo tessera - iniziano a disegnare un mosaico che non può che colpire già il pubblico più vasto, che quello degli specialisti di arte antica. Nonostante esistano alcuni nobili precedenti, l'archeologia del XX secolo aveva sostanzialmente trascurato questo campo di studi, adagiandosi in una sorta di neoclassicismo semplificato.