Tra filosofia analitica e filosofia del linguaggio ordinario, tra semantica e pragmatica, tra sociolinguistica ed ermeneutica, questo libro prova ad interpretare la svolta linguistica del Novecento rileggendola alla luce del concetto di 'azione'. Il risultato è una agile introduzione ai temi filosofico-linguistici più classici e al tempo stesso una proposta di interpretazione che fa i conti con gli autori maggiori, da Frege a Wittgenstein, da Austin a Grice e soprattutto a Searle. Come scrive Stefano Gensini, "il lettore ha dinanzi un percorso di riflessione di matrice analitica che cerca, dall'interno, di superare i limiti più vistosi di certi approcci tradizionali".
L’immane tragedia della Shoa ha reso agli ebrei la purezza da tempo perduta dando vita al tabù sociale di un’ebreolatria che impedisce di narrare alla piazza le nudità del re.
Da anni si parla d’Ebraismo senza gemere su ciò che è diventato: un fenomeno alla deriva politica rivestito d’aura religiosa.
Il lettore viene guidato in viaggio nel mondo arcaico e moderno con stile avvincente e non privo d’ironia, attraverso narrazioni che sminuzzano la figura dell’ebreo assurto a icona della vittima oppressa e svelando ottusità e fanatismi che hanno imposto al mondo equivalenze pericolose: Ebraismo uguale Stato d’Israele, antisionismo uguale antisemitismo, critica rivolta a un’istituzione ebraica uguale aggressione antisemita da stroncare col braccio della legge…
Originale la difesa del Sommo Pontefice Pio XII. L’esame dei dibattuti fatti storici è servito per analizzare la psicologia motrice della locomotiva che da decenni tira il carico di falsità mirate a colpire la grande figura di Eugenio Pacelli.
Meditando su un preludio di San Paolo l’Autore conclude che la carità è paziente e benigna, non dispera e non si adira. La carità è dunque tante cose, compreso l’ossequio alla verità. E talvolta anche la critica è segno di carità, se animata da sentimenti costruttivi e all’occorrenza correttivi.
Erbe Amare è un libro che ha coraggiosamente osato e che è destinato a rimanere per divenire più attuale col trascorrere del tempo.
Nello scarto tra l'"urlo" espressionista degli esordi e la "voce" pacificante che parla nei testi della maturità è possibile rintracciare il senso del percorso lungo cui si muove l'inquieta scrittura di Rosso di San Secondo, in questo libro pedinata per campioni e momenti significativi. Le tappe della vicenda letteraria sansecondiana qui prese in esame sono quelle rappresentate dalle pagine fortemente drammatizzate della produzione novellistica più vicina alle suggestioni delle avanguardie tedesche, e quindi dalle storie di 'fughe' affidate ai romanzi giovanili, per poi passare ai rasserenanti approdi testuali guidati dalle voci-di-dentro di una fede riscoperta nella narrativa più tarda e di una terra natale ritrovata in quel mito teatrale di Proserpina al quale lo scrittore affida il suo testamento ideale.
Lo studio evince dalla complessiva vicenda storica di Pirro, re dell'Epiro la costruzione di uno Stato che comprendesse oltre al territorio balcanico, la Magna Grecia, la Sicilia e l'Africa cartaginese. Il modello riporta a quello postalessandrino contemporaneo alle lotte tra gli Epigoni per l'acquisizione di potentati che saranno nel rovesciamento di ogni equilibrio rilevato da Toynbee le prede di Roma. Nel disegno intende avanzare in Sicilia il baricentro, avvalersi della tecnica militare macedone, nonché della capacità di condottiero: Pirro, come afferma Lèveque, vuole essere l'Alessandro Magno dell'Occidente ed il giudizio sulla sua figura oscillerà tra quello di un conquistatore o di un "War-Lord".
Questo libro investiga il magmatico intreccio di verità e finzione, di autobiografia e invenzione letteraria che pervade le lettere di Carlo Emilio Gadda, esaminando il rapporto di contiguità e di reciproco interscambio sussistente tra la prosa epistolare e l'opera creativa, nella convinzione che le missive possano costituire una privilegiata chiave d'accesso per penetrare nell'officina inventiva del narratore lombardo. L'analisi di Claudia Carmina segnala gli snodi cruciali e le successive trasformazioni cui, passo passo, è sottoposta l'identità travestita dell'epistolografo: dalle lettere dell'infanzia e dell'adolescenza alle epistole dal fronte, dal carteggio con Tecchi e con Betti al maturare della vocazione alla scrittura romanzesca, dalla corrispondenza con critici ed editori al raggiungimento tardivo del successo, fino alla scelta irrevocabile dell'agrafia e del silenzio.
Qual è il ruolo dell'informazione in terra di mafia? Cosa pensano i mafiosi dell'informazione? Dai colloqui avuti dall'autore nelle carcere italiane con alcuni di essi, si scopre che studiano attentamente le notizie e i modi di produrle, distinguono attentamente tra i giornali "buoni, obiettivi" (quelli che attuano la par condicio tra mafia ed antimafia) e quelli "cattivi, faziosi" (quelli che mostrano più simpatia per le forze dell'ordine e la magistratura che per la mafia). Fa più paura la carta stampata che non la televisione; il servizio scritto è un documento, una fonte normativa (pur non istituzionalmente riconosciuto); l'articolo di giornale è tenuto in archivio dagli organi inquirenti e quindi rimane in "eterno". Al mafioso non interessa tanto l'opinione pubblica, ma il fatto che quel pezzo di giornale vada a finire sui tavoli di chi gestisce il potere in una piccola comunità provinciale (Questore, Prefetto, Procuratore, Presidente del Tribunale, Concorrenti, Attori Politici). In questo modo il servizio scritto sul giornale può andare a destabilizzare eventuali equilibri raggiunti tra gli attori istituzionali che gestiscono quel territorio.
Per chi ama viaggiare nei libri come nei luoghi, si vuole offrire questo excursus che racconta la Sicilia narrata dagli scrittori isolani, non escludendo una panoramica finale su quella raccontata dai viaggiatori stranieri che l'hanno visitata dal Seicento al Novecento. In esso prende corpo la Messina visionaria di D'Arrigo, l'Enna diroccata e dolente di Savarese, l'Acitrezza mitica e ancestrale di Verga, ed ancora la Siracusa greca e la Modica barocca di Quasimodo, la Racalmuto, "isola nell'isola", di Sciascia, l'Agrigento di Pirandello come Spoon river mediterranea, i paesaggi del Belice, la Palermo aristocratica, le dimore avite di Tomasi. Prende forma, cioè, una Sicilia insieme geografica e letteraria, un'isola reale e immaginaria, la cui identità plurale s'invera ed acquista densità nelle carte dei suoi scrittori.
La comunicazione pubblica in quanto processo negoziale di costruzione di sistemi di significato può essere strumento di integrazione e condivisione di finalità, a patto che riesca ad adeguare strategie e pratiche alla complessità dello scenario di riferimento.