Ripartito in due parti, il saggio propone una disamina lucida ed aggiornata del rapporto tra paesaggio e letteratura, soffermandosi in particolare sul secondo Ottocento periodo, di norma, trascurato dalla critica perché problematico momento di transizione dalla concezione romantica, in cui il paesaggio rispecchia lo stato d'animo ed il vissuto dei protagonisti, ai molteplici e inquietanti aspetti del Novecento.
Da sempre il tema della validità della conoscenza rappresenta un argomento cardine delle scienze sociali, così come la questione centrale della sociologia della conoscenza, disciplina di cui Karl Mannheim può essere considerato il padre fondatore. La disamina critica del pensiero dell'autore attribuisce unanimemente un vincolo alle sue proposte, nel senso che egli non avrebbe risolto in modo soddisfacente il problema dell'autoriferimento della conoscenza, restando così intrappolato nella impossibilità di uscire da questo relativismo. Il testo qui presentato, seguendo l'evolversi del pensiero mannheimiano, suggerisce la possibilità di scorgere nella produzione giovanile dell'autore elementi risolutivi relativamente alla questione del condizionamento del sapere e del de-condizionamento dello stesso. In questa fase della sua produzione, tra l'altro, si individuano le condizioni che rendono possibile una presa di distanza dal limite ravvisato in Mannheim, di una eccessiva frammentarietà della sua produzione.
Singolari pagine memoriali di dolente meditazione, diario di un intellettuale raffinato che sa trasformare in "piccolo teatro del mondo" gli angusti confini di una provincia contadina dove la sofferenza, la miseria, il dolore, la violenza, la sopraffazione, gli stenti secolari del vivere quotidiano, esaltati e messi a nudo dalla guerra che arriva dopo secoli e trascorre come una ventata di bufera, assurgono a simbolo e ad emblema di una condizione umana universale.
Perché certe transizioni si concludono con il successo dell'esperimento democratico mentre altre sono caratterizzate da violenti conflitti? Perché in alcuni casi le prime elezioni libere costituiscono un momento di pacificazione nazionale e in altri danno origine a spirali di violenza? Povertà, frammentazione etnica o religiosa, disuguaglianza economica sono sempre all'origine dei conflitti, o questi possono essere compresi solo ricorrendo a più complesse analisi degli attori e dei percorsi delle transizioni?
I nomi propri permettono di entrare e scoprire nel mondo creato da uno scrittore e conoscere molte di quelle "persone di carta" che lo abitano. L'interesse, in questo libro, è stato curiosare all'interno dei nomi propri di alcune pagine della narrativa spagnola. In particolare lo studio si è concentrato sulla letteratura realista, la cui nascita coincide con la comparsa della prima opera picaresca: Lazarillo de Tormes.
La ricerca si basa su interviste non strutturate a 100 ricercatori del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) ed esplora la visione della scienza dei ricercatori attraverso tre aree tematiche: demarcazione fra scienza e non scienza; aree problematiche della scienza; ideologia della scienza.
Per il suo folklore, le sue maschere, i suoi multicolori, per la stessa folla polimorfa e vari abbigliata, spettatrice e attrice allo stesso tempo, per tutto questo insieme e tanto altro, il carnevale ha sempre attirato l'attenzione di fotografi. Quello di Venezia, in particolare.
Il positivismo italiano è stato di solito un ottimo sparring partner per ben più agguerriti e robusti lottatori teoretici che, nel prendere le distanze da esso, hanno trovato anche l'occasione per caratterizzare in modo originale la propria prospettiva: l'idealismo prima, il marxismo poi, ed insieme ad essi tutta una serie di correnti che hanno segnato la storia della filosofia italiana dall'Unità ad oggi (spiritualismo, neotomismo, esistenzialismo, per finire con l'ermeneutica), hanno contribuito in modo convergente a creare una "cattiva stampa" del positivismo italiano, magari per contrapporgli più nobili e degni parenti di schiatta europea.
È la storia di un piccolo reparto, il LI Battaglione Bersaglieri, circa trecento giovani allievi ufficiali che si opposero ai tedeschi fin dal 9 settembre 1943, il giorno dopo l'armistizio del 1943. Nel momento dell'inerzia, della fuga dei Savoia e delle più alte gerarchie militari, del dissolvimento dell'esercito, del "tutti a casa", sul quale la storiografìa ufficiale stende un velo pietoso, quei giovani non si arresero e combatterono sul fronte italiano, con gravi perdite, da Cassino a Bologna, fino a raggiungere la frontiera svizzera nel maggio 1945. L'autore ha inteso onorare e mantenere viva la memoria dei suoi compagni, di quelli caduti e di quelli sopravvissuti. Sulla roccia di quota 253 di Montelungo (fronte di Cassino, battaglia dell' 8 Dicembre 1943, giorno dell'Immacolata) sono scolpite queste parole "... dissero i morti ... voi che tornerete ... dopo gli abbracci i baci ed i saluti. ditelo agli altri come siam caduti ...".