Nei contesti della società digitale, le nuove generazioni sperimentano processi di socializzazione sempre meno mediati, grazie all'intervento delle tecnologie comunicative che precedono e affiancano l'istituzione educativa e che forniscono materiale conoscitivo e stimoli con modalità alternative, più attraenti rispetto a quelle comunemente offerte dagli adulti di riferimento. Con l'avvento di Internet, la Rete diventa un nuovo spazio non solo dell'azione, ma anche dell'interazione sociale. Ciò comporta la nascita di nuove problematiche, che richiedono riflessioni socio-educative circa i cambiamenti relativi sia agli aspetti relazionali, sia alle modalità di apprendimento, che caratterizzano le generazioni denominate 2.0.
In questo quaderno inedito di Gesualdo Bufalino ci troviamo dinnanzi ad un vero e proprio palinsesto di letture, di scrittura creativa e di traduzioni da diverse lingue: un palinsesto di grande pregio, poiché stratigrafico delle molteplici conoscenze dell'autore e delle sue diverse tipologie di approccio ai testi nel periodo di formazione, nell'arco che abbraccia gli anni intorno al '35-'45. La traduzione è una via d'accesso privilegiata alla pratica di scrittura di Bufalino poiché rappresenta uno schermo riflettente, indicando la via della rivelazione di sé attraverso la parola dell'altro, e le varianti diventano uno strumento essenziale di analisi comparata.
La presenza delle comunità ebraiche nelle città europee ha portato un grande contributo alla loro vita ed al loro sviluppo. Di alcuni periodi e per alcuni insediamenti urbani si sa però relativamente poco. L'autrice, impegnata nel campo turistico nella Sicilia orientale e interessata ai suoi risvolti storici e socio economici, ha rivisitato la presenza della comunità ebraica a Catania, nei secoli che precedettero l'espulsione del 1492. Vengono presentati usi, abitudini e storia di questa comunità, oggi drasticamente ridotta, di cui si è rischiato di perdere la memoria, soprattutto in conseguenza dell'eruzione dell'Etna del 1669 e del terremoto del 1693.
Questo volumetto, utile per la microanalisi sulle cause e gli effetti dell'emigrazione in una cittadina siciliana, si può leggere anche come il "romanzo di formazione" di un giovane intellettuale meridionale che solleva lo sguardo oltre i confini del municipio. Siamo nel 1914, alla vigilia della Grande guerra e l'emigrazione è diventata un fenomeno di massa, se ne percepisce la dirompente portata innovativa come opportunità nuova di mobilità sociale che investe un'intera società promettendo di trasformarla nel profondo. L'emigrazione ridisegna le coordinate spazio temporali nelle quali poter contestualizzare il rapporto tra la dimensione locale e la dimensione nazionale; si percepisce una diversa spazialità, di portata planetaria, nella quale si colloca il mercato della forza lavoro, e per esso le stesse dinamiche sociali di un piccolo centro. L'emigrazione in Augusta è una testimonianza delle aspettative che la generazione dei "giovani" nutriva al volgere del secolo in polemica con la visione dei "vecchi"; è anche una testimonianza fiduciosa nel progresso, prima del diluvio che avrebbe sommerso a milioni quei giovani e quelle aspettative.
Nel presente volume sono stati raccolti quattro studi, fra loro strettamente connessi da un fondamentale motivo unificante, l'analisi dello spazio extraurbano in un settore specifico della penisola anatolica, le regioni 'storiche' di Ponto e Cappadocia, e in un arco temporale compreso fra il III ed il VI secolo d.C. La raccolta sistematica e l'analisi delle fonti letterarie, epigrafiche, archeologiche e numismatiche su queste aree dell'Asia Minore tardoantica, hanno permesso di evidenziarne non solo strutture produttive e dinamiche insediative, ma anche problemi amministrativi e aspetti socio-culturali. L'indagine si è così concentrata sulle divinità pagane e sulle figure carismatiche ritenute capaci di allontanare insetti voraci dai terreni agricoli, sui luoghi cristiani di accoglienza, sostegno e cura dislocati fuori dalle città e destinati a tutti i bisognosi, sul complesso rapporto fra "vescovi di campagna" e "funzionari dei distretti rurali", sulla significativa convergenza di infermità e ospitalità, povertà e medicina monastica intorno alle miracolose reliquie di un santo.