È un dialogo filosofico tra il filosofo Seneca e un giovane, Anneo Sereno. Sereno è in un momento incerto della vita: si sente sospeso a metà strada tra l'incapacità di abbandonare i difetti del suo animo e la forza di affrancarsene. Ciò dà a Seneca la possibilità di esprimere, sotto forma di consigli al giovane, la sua visione della vita. Seneca richiama l'importanza della saggezza come guida per affrontare le difficoltà ma anche le opportunità che la vita propone; punto di partenza per trovare il giusto equilibrio tra studi e svaghi, affari e ozi, è la conoscenza di se stessi. Questa permette di trovare la giusta misura che c'è in tutte le cose.
Lucio Anneo Seneca fu il più moderno tra i filosofi antichi. Quella del grande pensatore è una lettura del mondo e delle cose del mondo che da secoli dialoga con l'esperienza più concreta e reale di ogni essere umano. In questa prospettiva, le "Lettere a Lucilio" valgono da riflessione profonda sul senso della vita e su quello della morte, sulla caducità e sulla conseguente necessità di non essere schiavi del domani e di divenire padroni dell'oggi. Questa edizione è inoltre arricchita dai sette dialoghi morali composti alla fine della sua vita nei quali Seneca dà compimento definitivo al suo percorso filosofico orientato alla demistificazione e al raggiungimento della felicità umana.
Nei sette dialoghi morali qui raccolti sotto il titolo "Vizi e virtù dell'animo umano", il grande filosofo romano ragiona sul modo in cui ogni essere umano si fa influenzare profondamente da una percezione errata del tempo, ovvero dalla sua sopravvalutazione o sottovalutazione. La vita più breve e tormentata è, secondo Seneca, quella di chi dimentica il passato, trascura il presente e teme il futuro.
Una lezione di moralità politica e sulla felicità nei suoi rapporti con la libertà e la virtù. Con tono acceso e partecipato, Seneca risponde alle accuse di avere accumulato ingenti ricchezze grazie all'amicizia del principe, e chiarisce come sia possibile per il saggio mantenere la libertà dello spirito in un regime autocratico e di come anche il sovrano debba attenersi a regole di correttezza. Perché proprio il rispetto della libertà è componente essenziale dell'esercizio del potere e della felicità.
Seneca terminò di scrivere questa sua opera nel 64 d.C. quando, come lui stesso dice, "la vecchiaia lo incalzava alle spalle" e, caduto in disgrazia presso Nerone, aveva dovuto lasciare la vita politica attiva. Le "Questioni naturali" - divise in otto libri, ciascuno dedicato a un argomento particolare - intendono fare il punto su quanto la ricerca scientifica ha assodato fino a quell'epoca e di ogni fenomeno preso in esame si dà una descrizione, se ne enumerano cause ed effetti, se ne riportano le diverse interpretazioni, tracciandone la storia. Ma non mancano neppure i riferimenti d'ordine morale: si denuncia, infatti, la corruzione del tempo, si esorcizza la paura della morte con la conoscenza scientifica, si annuncia un diluvio universale.
Una delle più fosche tragede dell'antichità si consuma nella casa maledetta delle Atridi: due fratelli, Tieste e Ateo - tiranno di Micene - si odiano per la sete di potere. Tieste torna in città lusingato dalle promesse di pace del fratello che invece, istigato dall'ombra di Tantalo, liberato dall'Ade dalle Furie, gli servirà subdolamente come pasto riconciliatore le carni dei figli. Una tragedia che ha suscitato al tempo stesso orrore e torbida attrazione in tutte le epoche; una spaventosa metafora dell'abiezione in cui può cadere chi vive solo per il potere.
Oggi la voce di Seneca è, tra quelle provenienti dalla civiltà greco-romana, forse quella che riesce maggiormente congeniale alla sensibilità dell'uomo moderno perché la sua analisi filosofica tocca temi che sono sempre vivi e attuali in quanto riguardano i momenti più importanti della nostra vita: il dolore, l'infelicità, lo scorrere del tempo, la lontananza e l'impossibilità di conoscere un Dio nascosto, la fugacità della gioia e delle passioni umane, la missione che ognuno di noi è chiamato a compiere nella vita in piena consapevolezza. Introduzione di Luca Canali.
La morale stoica di Seneca si incentra sulla convinzione che il saggio è superiore a ogni avversità della vita: egli non è toccato dai colpi del caso, né dalle offese degli uomini. Tranne che per la mortalità, il saggio è simile a un dio. La fermezza gli permette di superare ogni difficoltà, ma egli non deve mai cessare di combattere per temprare la propria anima. Ma la vera natura del saggio è la ricerca della verità e per conseguirla è bene che il saggio lasci la mondanità e conduca vita ritirata.
Un Seneca feroce, cinico e irridente, lontano dalla seriosa gravità del filosofo, inaspettato per chi lo conosce solo dalle Lettere a Lucilio o dai Dialoghi. L'Apocolocyntosis, l'unica opera di satira politica a noi giunta dall'antichità, bizzarra mescolanza di prosa e poesia, parodia di generi alti e punte di accesa volgarità, racconta il destino ultraterreno del defunto Claudio: non apoteosi, come da prassi per gli imperatori morti, ma apocolocyntosis, cioè "inzuccamento", il processo postumo in cielo e la condanna a giocare a dadi con un bossolo forato. Il tutto scritto con una ferocia e un astio che la rendono una delle pagine più inquietanti del rapporto spesso tragico tra il potere e gli intellettuali. Rossana Mugellesi esplora nell'introduzione le particolarità dell'Apocolocyntosis e della satira menippea, genere di cui l'operetta è l'unico esempio superstite.
Il senso della fuga del tempo e della capacità delle cose percorre tutta l'opera di Seneca.