L'indizione di un Giubileo sul tema della misericordia induce a riprendere il grande tema del soffio divino sulle acque del creato di cui nel primo versetto della Genesi. Lo spirito scende sulle acque turbolente della terra ora con forza, ora come una carezza e giunge fino agli estremi della decadenza del creato chiamati tohu e bohu, cioè tenebre e desolazione; fra le pieghe del male estremo, in cui sono le acque stagnanti del creato, si nasconde però ancora un fremito di vita sul quale soffia lo spirito divino per un tempo che noi consideriamo con l'incerto vocabolo di eterno fino a ricondurre tutto verso l'armonia della misericordia creatrice.
Giovanni Franzoni racconta, per la prima volta in modo non episodico, la sua vita, dandoci modo di riflettere sulle circostanze che hanno influito sulle sue scelte. Oltre ottant'anni, cruciali nella storia del nostro Paese e della Chiesa cattolica, scorrono sotto i nostri occhi attraverso i ricordi di un protagonista. Dopo l'età giovanile trascorsa a Firenze nel periodo fascista e dela guerra, completa i suoi studi a Roma e nel 1950 entra nel Monastero benedettino di S. Paolo. Divenuto abate nel 1964, partecipa alle ultime due sessioni del Concilio Vaticano II, del quale ricorda fatti poco noti e personaggi importanti. Di questi ultimi sono riportate in appendice lettere inedite, accanto alla testimonianza toccante delle zie, che, a Firenze, seguivano "dal basso" le sue travagliate vicende. Infatti, quei "profeti di sventura" che Giovanni XXIII aveva temporaneamente messo a tacere, rialzano presto la testa e vedono nelle scelte sue e di altre chiese locali, una pericolosa deriva radicale. Seguiamo quindi i retroscena del suo strano "processo", al termine del quale è costretto a rassegnare, nel 1973, le dimissioni e a trasferrirsi in modesti locali lungo la Via Ostiense con la Comunità nel frattempo costituitasi attorno a lui e che tuttora opera cercando di testimoniare un modo "altro" di essere Chiesa.