Che la letteratura argentina abbia dato nuovo spazio vitale a un glorioso genere narrativo quale il racconto fantastico, è cosa nota. Dopo Borges, Julio Cortázar ha avuto, in questo, un ruolo preminente. La caratteristica del suo modo di narrare è la precisione realistica in cui la trasfigurazione visionaria affonda le radici, dando vita a una galleria quasi metafisica di personaggi invisibili, dove il misterioso e l'irrazionale prendono corpo tra atmosfere popolari e ambienti altolocati, sullo sfondo di una Buenos Aires multiforme. A cent'anni dalla nascita del grande scrittore argentino, una raccolta completa dei suoi racconti: un'introduzione all'opera di Cortázar, un "bestiario" di ossessioni, figure immaginarie, nate da una fantasia attica, eppure descritte con dolorosa determinazione.
Berkeley, Università della California, autunno del 1980. Al culmine della sua carriera di scrittore e dopo essersi negato per anni, Julio Cortázar accetta finalmente di tenere un corso universitario di due mesi negli Stati Uniti. Il gruppo di studenti che ogni giovedì lo ascolta con crescente trasporto ben presto capisce che le lezioni dello scrittore argentino non saranno per nulla cattedratiche, ma un autentico dialogo sulla letteratura e sul mestiere di scrittore: un grande autore condivide con dei giovani il mistero della creazione letteraria, illustrando loro quali sono gli ingredienti che compongono la buona letteratura. Molti i temi trattati: le caratteristiche del racconto fantastico; la musicalità, lo humour, l'erotismo e il gioco in letteratura; l'intricato rapporto tra immaginazione e realtà; le trappole del linguaggio; ma c'è spazio anche per la passione politica, la musica, il cinema. Inoltre, raccontando la sua evoluzione di scrittore, Cortázar analizza la propria opera, circoscrive il segreto di quei suoi racconti cosi perfetti; e poi, come sono nati i leggendari "cronopios"? qual è l'intimo significato di "Rayuela"? che sfide ha posto il "Libro di Manuel?" Queste lezioni provano una volta di più ciò che ogni suo appassionato lettore sa da sempre: che Cortázar non smette mai di interessare e sorprendere - del resto, come diceva Roberto Bolaño: "Cortázar es el mejor". Prefazione di Ernesto Franco. Prologo di Carles Álvares Garriga.
Tradotto da Einaudi nel 1971, questo libro è tra i più significativi dell'intera produione di Cortazar, quello in cui una lettura morale della realtà contemporanea assume le forme di apologo tanto preciso quanto elegante. Il libro trovò uno dei suoi sostenitori più attenti in Italo Calvino, il quale ebbe a presentarlo con queste parole: "I cronopios e i famas, due genie d'esseri che incarnano con movenze di balletto due opposte e complementari possibilità dell'essere, sono la creazione più felice e assoluta di Cortazar".
"Ogni animale dell'universo di Cortázar non esiste mai 'allo stato selvaggio', definito solo dalle sue singolari caratteristiche. Ogni contemplazione di un animale è, per Cortázar, 'una doppia contemplazione', come quella del casuario, che guarda l'osservatore 'in modo così duro e continuo che è quasi come se ci stesse inventando'. La relazione che si stabilisce così tra animale e umano, tra ciò che viene nominato e colui che lo nomina, tra la creatura immaginata e la creatura immaginatrice, è una relazione di mutuo apprezzamento e di fede reciproca. 'Ti propongo un patto, - dice l'Unicorno ad Alice nel Paese delle Meraviglie, - se tu credi in me, io crederò in te'. Mai la letteratura ha proposto un patto più equo tra un testo e il suo lettore. 'Animalia', dice lo spocchioso Diccionario de la Real Academia Española, è un insieme di 'animali irrazionali'. La definizione si addice perfettamente a questa selezione di racconti che narrano le avventure segrete di questo regno nel quale così spesso la ragione fa la parte dell'intrusa." (dalla prefazione di Alberto Manguel)
"Contro-romanzo", "cronaca di una follia", "il buco nero di un enorme imbuto", "un grido di allerta", "una specie di bomba atomica", "un appello al disordine necessario": con queste e altre espressioni venne salutato al suo apparire, nel 1963, "Rayuela", uno dei capolavori del Novecento che ha cambiato la storia del romanzo e la vita delle persone che lo hanno letto. In una Parigi popolata da affittacamere xenofobe, intellettuali male in arnese, pianiste patetiche, scrittori distratti, facili vittime di incidenti stradali, l'eterno studente argentino Horacio Oliveira si muove attraverso la città e l'esistenza come attraverso le caselle del "gioco del mondo". Un percorso dalla terra al cielo, da Parigi a una Buenos Aires grottesca alla ricerca del Centro, della vera vita e soprattutto di Lucia, "la Maga", inconsapevole depositaria di ogni mistero e pienezza, l'unica che non dimentica che, in fondo, "per arrivare al Cielo servono solo un sassolino e la punta di una scarpa". A cinquant'anni dalla prima pubblicazione "Rayuelo. Il gioco del mondo" è accompagnato da un'appendice in cui Cortázar stesso racconta la storia del libro. Con un'intervista di Omar Prego a Cortázar e una selezione di frammenti di lettere.
Un degente si accorge di come il mondo in ospedale proceda rallentato, "come un disco a quarantacinque giri che gira a trentatré". Un bambino entra nella metropolitana di Buenos Aires come se entrasse in un mondo altro, fatto di serpenti e di odori inafferrabili, un mondo magico. Un fotografo cerca nei dettagli sullo sfondo uno slittamento dalla realtà immediatamente percepibile, "labili linee di fuga", altri destini, "altre ragioni di vita e di morte". Il degente, il bambino, il fotografo sono tutte figure autobiografiche che compaiono nelle storie di questo libro, tutti segni di quel sentirsi fuori posto nella "normalità" che ha caratterizzato Cortázar e la sua narrativa, indicazioni precise di un destino poetico che lo portava, come scrive Tabucchi nella sua prefazione, "a inseguire una realtà indipendente e autonoma che differisce dalla realtà visibile". Anche gli articoli giornalistici, un viaggio in India, i ricordi degli amici sono tutti attraversati da particolari coincidenze o strane sensazioni: le epifanie di alterità, ci dice la scrittura di Cortázar, avvengono nella vita di tutti i giorni anche se non tutti se ne accorgono, o non vogliono accorgersene.
Tradotto da Einaudi nel 1971, questo libro è tra i più significativi dell'intera produione di Cortazar, quello in cui una lettura morale della realtà contemporanea assume le forme di apologo tanto preciso quanto elegante. Il libro trovò uno dei suoi sostenitori più attenti in Italo Calvino, il quale ebbe a presentarlo con queste parole: "I cronopios e i famas, due genie d'esseri che incarnano con movenze di balletto due opposte e complementari possibilità dell'essere, sono la creazione più felice e assoluta di Cortazar".
"Tutti i fuochi il fuoco" raccoglie alcuni racconti esemplari dell'arte di Julio Cortázar, l'autore che apre nuove vie nel genere in cui è un riconosciuto maestro e sgrana le sue amatissime ossessioni: il tema del doppio, la discontinuità fra spazio e tempo, l'irrazionale come alternativa al quotidiano.