Il genere letterario è una categoria che rende possibile l’individuazione di tratti comuni a più testi, e dunque una classificazione delle opere letterarie. Osservare le adesioni e gli scarti del singolo autore e della singola opera rispetto al canone generale in una determinata epoca si rivela una prospettiva utile a comprendere i meccanismi di funzionamento della creazione letteraria e della storia della letteratura.
In questo volume vengono presentante in maniera diretta e specifica le problematiche dell’evoluzione dei generi letterari nel Medioevo latino, da Boezio a Dante, senza però derogare alla necessità di presentare tale evoluzione all’interno di un preciso quadro storico-culturale e prima ancora cronologico. L’idea è quella di incrociare lo studio “orizzontale” (diacronico) della storia letteraria con quello “verticale” (sincronico) dello sviluppo dei generi.
Le cinque “età” in cui è generalmente suddiviso il medioevo latino (barbarica, carolingia, feudale, scolastica e scientifica) fungono così da sfondo costante per una struttura tripartita: storia civile e culturale, storia della lingua latina e storia dei generi letterari.
Più volte papa Francesco ha parlato della rinuncia al pontificato come di qualcosa che potrebbe verificarsi ancora in futuro (non necessariamente nel "suo" futuro), fino a divenire usuale. Ora, a quasi dieci anni dal gesto di Benedetto XVI, autorevoli storici, giuristi e osservatori si confrontano su un tema delicatissimo che continua ad attirare l'attenzione del mondo intero, soprattutto perché tuttora privo di qualunque regolamentazione giuridica. L'esame dei precedenti storici e dell'elaborazione canonistica sviluppatasi prima e dopo Celestino V, offre qui lo spunto per una riflessione che vale anche come proposta da consegnare a chi, nella Chiesa, dovrà decidere e legiferare.
Nel Messico coloniale - epoca contraddistinta dall'emergere di un complesso processo di razzializzazione sociale - gli afromessicani furono una componente essenziale della società novoispana. Dopo l'indipendenza furono cancellati dalla costruzione del discorso identitario nazionale, che basava l'idea di "messicanità" sull'unione tra conquistatori e indigeni. Il presente volume si basa sulle ricerche condotte presso l'archivio dell'Inquisizione di Città del Messico: un rilevante corpus di fonti giuridiche utile a rintracciare gli aspetti dell'influenza che gli afromessicani ebbero nella costruzione della società coloniale messicana.
Il volume analizza in primo luogo la Marcia su Roma nel contesto della crisi del primo dopoguerra, dei rapporti tra Stato e società, del nuovo protagonismo dei movimenti sociali, della crisi di egemonia della classe dirigente liberale, dell'incontro tra le élite tradizionali del potere e il fascismo. Da questo quadro deriverà un processo di trasformazione autoritaria dello Stato e della società già avviatosi con la Grande guerra e nella crisi organica che ad essa era seguita. A questi temi si coniuga una rivisitazione dell'antitesi tradizionale tra "biennio rosso" e "biennio nero". Un secondo focus è costituito dall'analisi delle forze politiche in campo, i socialisti e i comunisti, il mondo cattolico, i liberali, il movimento e il partito fascista. Un terzo ambito riguarda il tema, spesso trascurato, dell'antifascismo popolare. La conquista fascista del potere aprirà la strada a un regime che costituirà un modello per le destre in Europa e per un ventennio sbarrerà la strada a ogni trasformazione democratica dello Stato e della società italiana.
Nei due millenni della storia delle Chiese cristiane, la predicazione ha rappresentato un momento fondamentale per la trasmissione, dal clero ai fedeli, di dottrine in cui credere e di comportamenti da tenere. Un'attività che ha conosciuto mutamenti ed evoluzioni, qui presi in esame: tra tarda antichità e secoli centrali del medioevo si predicava poco e male, sulla scorta dei sermoni latini di Agostino, Gregorio Magno e altri, mentre negli ultimi secoli dell'età di mezzo i frati mendicanti avevano portato letteralmente i pulpiti fuori dalle chiese. Nel Rinascimento predicatori come Bernardino da Siena divennero "divi" e capiscuola, propugnando un comportamento organico all'egemonia del ceto mercantile borghese, anche grazie allo sfruttamento dell'invenzione della stampa. In seguito, per il contrasto tra Chiesa di Roma e Riformatori d'oltralpe, l'attività di predicazione fu sottoposta al controllo inquisitoriale, mentre con il prevalere della Controriforma le pubblicazioni di prediche diventarono addirittura una forma di letteratura, in grado di coinvolgere persino poeti come Marino.
Questo volume si propone di riconsiderare il nepotismo - tema cruciale nella storia del papato moderno - esaminando le relazioni tra i sessi all'interno della famiglia papale e in particolare il ruolo delle donne: figlie, nuore, cognate, nipoti e sorelle. Di queste donne, da Lucrezia Borgia a Olimpia Maidalchini - inserite in una fitta trama di rapporti nella famiglia, nella città, nella corte - si ricostruiscono i vivaci comportamenti economici, la non trascurabile attività diplomatica informale, il continuo esercizio dell'intercessione come politica di creazione di consenso. Le fonti, numerose e variegate, ci restituiscono i loro gusti estetici e artistici, le loro letture, ci rivelano i loro affetti e il loro modo di viverli, ci parlano della loro religiosità e dei modi in cui la espressero. Alla realtà storica si è sovrapposto lo spessore delle rappresentazioni che i contemporanei e la storiografia ha nel tempo elaborato intorno a loro. Nonostante la loro importanza, molte di esse sono ancora oggi misconosciute; altre, aureolate da mala fama, sono assurte a simbolo e causa dei difetti del potere papale.
Il Sessantotto è inseparabile oggi dalle sue rappresentazioni successive, dal racconto che su di esso hanno costruito una produzione scientifica e una memoria costruite quasi esclusivamente da un unico punto di vista, quello del movimento studentesco, della generazione dei protagonisti. Ma gli altri attori? I molti che sulla scena pubblica e privata furono direttamente coinvolti nelle vicende della contestazione studentesca: docenti, studenti all'epoca estranei o contrari al movimento, genitori, fratelli e sorelle di età diverse e magari lontane, e poi in generale l'establishment politico? Esiste una loro memoria del Sessantotto? Ed è questa memoria diversa, altra da quella del movimento? Quante differenze e quante contaminazioni? Quali, soprattutto? Ecco le domande che presiedono a questi due volumi. E che si sono concentrate su chi, inevitabilmente, a prescindere dal proprio giudizio e dal proprio atteggiamento verso i 'contestatori' di allora, ha condiviso con quelli - materialmente negli stessi spazi e virtualmente dentro lo stesso discorso - ciò che accadeva nell'università durante quel periodo. A chi, insomma, seppure con altro protagonismo, fece parte in quell'anno del corpo docente coinvolto nelle lotte studentesche.
Storico curioso dai molteplici interessi, Gianvittorio Signorotto ha saputo riflettere, nel corso della sua attività di studioso, su molte questioni: le vicende religiose dell'Italia moderna, la Lombardia spagnola e borromaica, la magnificenza delle corti europee, i concetti di progresso, crisi e decadenza. Seguendo come filo conduttore la modernità, il volume raccoglie i saggi con cui amici e colleghi hanno reso omaggio ai molti ambiti che le ricerche di Signorotto hanno stimolato ed esplorato, attraversando alcuni nuclei salienti: l'intreccio tra politica, religione e diplomazia, passando per Milano; l'incontro fra l'Europa cattolica e gli altri mondi; la riflessione storiografica e culturale. Il quadro che ne emerge è quello di un mondo in costante trasformazione, in cui il mestiere di storico assume, come Signorotto ha mostrato, un valore tutt'oggi inesaurito.
Il volume, frutto di una estesa ricerca d'archivio, analizza le formazioni riconducibili a quella peculiare area politica che è stata la sinistra rivoluzionaria italiana fra gli anni Quaranta e Settanta del Novecento. L'anarchismo e le dissidenze antistaliniste "storiche" hanno dato vita a esperienze organizzative significative che, a contatto con le lotte sociali e anticoloniali, hanno saputo intercettare le tensioni generazionali e politiche affiorate negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento. Già prima del Sessantotto sono nate così nuove strutture di matrice antiautoritaria, operaista, marxista-leninista, e/o antimperialista, che hanno raggiunto il loro apogeo nella prima metà del decennio successivo per entrare poi rapidamente in crisi, strette tra il fenomeno della lotta armata, il disimpegno politico e l'emergere di altri bisogni e antagonismi (femminismo in primis).