IL LIBRO
Prefazione di Magdi Cristiano Allam.
L’Occidente è sotto attacco. Mai nella sua storia è stato così odiato. Mai è stato oggetto di un fuoco concentrico così insistente. I tre totalitarismi più pericolosi – l’islamismo fondamentalista, il comunismo rivoluzionario, il neonazismo razzista – dichiarano di avere lo stesso nemico: le democrazie occidentali (Europa, Stati Uniti, Israele), fondate sull’inviolabilità dei diritti dell’individuo, sulla laicità dello Stato e sulla separazione dei poteri. È un conflitto che ha conosciuto la sua prima fase nel corso della seconda guerra mondiale, con l’alleanza antisemita tra il Gran Muftì di Gerusalemme e Hitler, e che periodicamente deflagra in attentati e azioni sensazionali in ogni parte del mondo. L’opinione pubblica internazionale ha preso drammaticamente atto di questa minaccia l’11 settembre 2001 con la caduta delle Torri Gemelle. In realtà, spiega l’Autore, l’alleanza fra l’Islam radicale e gli opposti estremismi sta lentamente e inesorabilmente cambiando la fisionomia stessa dell’Occidente, in particolare dell’Europa. La «conquista» musulmana (innanzitutto demografica, poi culturale, politica, giuridica) in atto da alcuni decenni, il negazionismo, l’anti-imperialismo, il rifiuto del mercato, la sotterranea azione di lobby dell’OCI (la Conferenza islamica) all’interno dell’ONU disegnano nuove alleanze, ribaltano equilibri consolidati, dividono l’Occidente.
La straordinaria capacità documentaria e analitica di Del Valle – già apprezzata da intellettuali quali Oriana Fallaci e Bat Ye’or – compone un quadro storico che va dal Terzo Reich agli avvenimenti più recenti e disegna una mappa della guerra contro le democrazie che va dal Vicino Oriente all’Iran di Ahmadinejad, dall’Arabia Saudita al Sud America di Hugo Chávez e Evo Morales, dalla Cina alla Bielorussia di Lukashenko, senza escludere le schegge impazzite presenti in Europa come negli Stati Uniti, nella Sinistra e nella Destra.
L'AUTORE
Alexandre Del Valle è un politologo, giornalista e saggista francese. Docente di geopolitica dell’Islam all’Università europea di Roma, ricercatore associato all’Institut Choiseul, uno dei principali think tank francesi, e membro del gruppo di lavoro di Magdi Cristiano Allam al Parlamento europeo, Del Valle collabora con importanti pubblicazioni francesi e israeliane («France-Soir», «Israel Magazine» e «Politique Internationale»). Tra i suoi numerosi libri ricordiamo: Perché la Turchia non può entrare in Europa e Il totalitarismo islamista. All’assalto delle democrazie. Alexandre Del Valle è unanimemente riconosciuto come uno dei massimi esperti della geopolitica e dell’integralismo islamico.
«Cammilleri è fra i maggiori apologeti viventi, ogni tanto scrive anche romanzi storici, ma in lui il ragionamento è sempre più forte dell’intuito o della immaginazione e l’analisi è più appassionante della storia che propone e della stessa conclusione.
Questo libro è una sorta di analisi strategica del perché si può essere sicuri del cattolicesimo e dei suoi vantaggi competitivi nei confronti delle altre religioni. Perché è la sola religione di Dio: Dio è cattolico, senza dubbio.
Cammilleri compie una specie di analisi comparativa, modello McKinsey, densa di osservazioni, ragionamenti, continue sintesi. Ma lo fa partendo da una considerazione essenziale. Nel mondo non funziona più quasi nulla, ma non perché c’è una crisi di valori che non permette più agli uomini di dare un senso agli strumenti di civiltà disponibili. Il punto è un altro. Questa crisi di valori discende dalla crisi della fede: non credere più nello stesso Dio. Sembra una enciclica. E se Dio non è per tutti lo stesso Creatore del cielo e della terra, e la vita non ha lo stesso senso, perché dovrebbero avere senso le azioni umane? Da qui la confusione e ciò che ne consegue, che preoccupa
Cammilleri, l’apologeta, il polemista, che a furia di polemizzare con se stesso è finito per diventare un maestro di provocazioni, per i vari Teofili che vogliono ascoltarlo (me incluso), ironico, persino irritante, ma straordinariamente stimolante e convincente.
Cammilleri come un Agostino del XXI secolo confronta sempre fede e ragione, grazia e senso del peccato, ruolo della Chiesa e dei sacerdoti. Lo fa analizzando duemila anni di cristianesimo senza eludere i passaggi storici più controversi e complessi, quali le Crociate e l’Inquisizione, ma anche studiando le ferite provocate negli ultimi cinquecento anni dalla Riforma, dall’Illuminismo, dalle Sette anticlericali risorgimentali. Cosicché quando alla fine di una frase, come risposta a una domanda, scrive: «Boh», non bisogna sorprendersi, è una domanda aperta su cui meditare.
Ma vediamo se in questo libro Cammilleri riesce a convincerci che Dio, oggi, se dovesse scegliere, parteciperebbe a una messa cattolica la domenica, anziché ad altre cerimonie il venerdì o il sabato.»
Ettore Gotti Tedeschi
Rino Cammilleri è autore, presso i maggiori editori nazionali, di una trentina di libri, alcuni dei quali tradotti in più lingue. Tra questi, Gli occhi di Maria, scritto con Vittorio Messori, e Denaro e Paradiso, con Ettore Gotti Tedeschi. La sua produzione spazia dalla saggistica alla narrativa. Il suo ultimo romanzo si intitola Il crocifisso del samurai (Rizzoli, 2009).
Cammilleri tiene rubriche su «Il Giornale» e sul mensile «Il Timone».
Tra i monasteri e gli eremi delle Solovki – l’arcipelago del Mar Bianco, nell’estrema parte nord-occidentale della Russia, al largo di Archangel’sk – fu creato il primo campo di concentramento sovietico, il laboratorio di quella rete di 476 campi divenuti tristemente famosi con il nome di «Gulag». Apartire dal 1923 e fino al 1939 i bolscevichi vi deportarono i «nemici» del comunismo: aristocratici, preti, «borghesi », contadini, operai, intellettuali, funzionari, artisti, quadri del Partito caduti in disgrazia. «Inventato» da Trockij, adottato da Lenin e perfezionato da Stalin, il campo delle Solovki arrivò a ospitare 70.000 detenuti e nel solo 1937 furono eseguite 2000 fucilazioni. Il modello delle Solovki (e, più in generale, il Gulag) influenzò profondamente la costruzione della società sovietica: si calcola che in quei decenni un adulto su sette trascorse almeno alcuni mesi in un campo. L’esperienza penitenziaria serviva a distruggere le «strutture» dell’epoca imperiale, a livellare le classi sociali e, soprattutto durante lo sforzo bellico, a fornire la manodopera necessaria all’industrializzazione del paese. L’«armata del lavoro» teorizzata da Trockij nel 1918, che avrebbe dovuto fare le fortune dell’Unione Sovietica, non consistette in altro che in migliaia e migliaia di esseri umani ridotti in schiavitù, mutilati e uccisi (anche mediante l’uso, sempre negato dalle autorità, di armi batteriologiche).
Costruito sulla scorta di una vasta documentazione originale, resa in gran parte accessibile dall’apertura degli archivi dell’ex Unione Sovietica, e con l’ausilio di molte testimonianze inedite di prigionieri sopravvissuti e dei loro familiari, questo libro di Francine-Dominique Liechtenhan è un contributo di eccezionale valore alla conoscenza della verità e un omaggio alla memoria delle vittime del comunismo, ancora oggi dolorosamente neglette, in Russia come in Occidente.
L'AUTORE
Francine-Dominique Liechtenhan è nata nel 1956 a Basilea e si è laureata in Storia moderna e contemporanea e in Filologia russa a Parigi, città nella quale risiede e dove insegna all’università della Sorbonne-Paris IV e all’Institut Catholique. È autrice, oltre che di numerosi saggi pubblicati in riviste, dei volumi Les trois christianisme et la Russie. Les voyageurs occidentaux face à l’Eglise orthodoxe russe (XVème-XVIIIème siècle) ed Elisabeth Ière de Russie. L’autre impératrice.
Dall'infanzia - caratterizzata da numerosi spostamenti e dalla morte prematura prima della madre e poi del padre -, alla conversione al cattolicesimo nel 1938, dall'ingresso nell'abbazia trappista di Nostra Signora di Gethsemani, nel Kentucky, fino alla fama mondiale come scrittore, questa biografia ricostruisce le tappe della vita di Merton ed esplora la sua crescente ricerca della solitudine e la sua testimonianza profetica sui temi della pace, della giustizia sociale, del dialogo fra le religioni.
La storia occidentale sarebbe diversa se non fosse stato per tutti quelli che nel corso dei secoli hanno creduto nell’«unico vero Dio». I grandi monoteismi sono stati i motori del progresso, nel loro nome sono state fatte conquiste, scoperte, invenzioni. Ma perché più di tremila anni fa alcuni uomini – ebrei, persiani o egiziani – iniziarono a venerare un Dio unico? Perché invece di sollecitare i favori di un pantheon di divinità specializzate, questi uomini ricercarono una relazione esclusiva con la divinità? Di cosa sentivano il bisogno? Perché il politeismo non serviva più?
La storia dice che vi è una naturale tendenza delle religioni a evolvere verso il monoteismo, di pari passo con il successivo articolarsi delle società umane. Attraverso l’imperativo del proselitismo e della conversione i monoteismi hanno soppiantato i politeismi,
si sono dimostrati più organizzati e militanti, più abili a creare mobilitazione. Hanno imposto dottrine, annesso territori, conquistato popoli, resistendo all’azione delle forze avverse (come nel caso della diaspora degli ebrei) e alle tentazioni non meno insidiose dell’assimilazione. Il monoteismo ha creato il mondo moderno, nel quale il pluralismo culturale e sociale, anziché aver sancito la fine delle religioni (come molti pensano), ha dimostrato che le fedi sono compatibili con le norme di civiltà pubblica delle laiche democrazie occidentali.
Con la consueta chiarezza, Stark compone un affresco storico di ampio respiro, rigorosamente documentato e suggestivo, stimolante, provocatorio, quanto mai prezioso in un’epoca nella quale il dibattito intorno alla religione è dominato da pregiudizi ideologici che non aiutano a comprendere la verità dei fatti.
L'AUTORE
Rodney Stark è sociologo della religione e docente di Scienze sociali presso la Baylor University, in Texas. Tra le sue numerose pubblicazioni, ricordiamo La vittoria della Ragione, Ascesa e affermazione del cristianesimo e La scoperta di Dio, tutte edite dalla nostra casa editrice.
L’idea che l’uomo non sia solo nell’universo è antica, anzi si perde nelle nebbie della mitologia. Oggi però l’uomo ha faticosamente preso coscienza dello spazio siderale che lo circonda e le domande sull’esistenza di altri esseri intelligenti non sollevano più (soltanto) questioni di tipo antropologico, religioso o filosofico, ma pongono innanzitutto questioni di tipo scientifico. Se c’è un sostanziale accordo tra gli scienziati sulla presenza di forme di vita fuori della Terra, molto più problematico è l’interrogativo se esistano altri esseri intelligenti, visto che per alcuni l’intelligenza è il normale sbocco della vita, mentre per altri è un’anomalia transitoria verificatasi sul nostro pianeta. Per il momento non abbiamo trovato alcuna prova che la vita, come noi la conosciamo, esista altrove, ma è anche vero che sulla Terra la vita ha attecchito ovunque, e il nostro pianeta, il nostro sistema solare, la nostra galassia sono semplici parti dell’universo e non c’è motivo di ritenerli in qualche modo eccezionali. Questa è una contraddizione difficile da spiegare e, per la scienza, una delle sfide più importanti del nuovo millennio. Ora infatti, per la prima volta nella sua storia, dopo infinite ipotesi e suggestive teorie, l’uomo ha a disposizione i mezzi tecnologici per tentare di trovare una soluzione e giungere alla verità.
L'AUTORE
Giancarlo Genta, nato a Torino nel 1948, è Ordinario di Costruzione di Macchine presso il Politecnico del capoluogo piemontese. Socio corrispondente dell’Accademia delle Scienze di Torino e membro dell’Accademia Internazionale di Astronautica, ha all’attivo più di duecento articoli pubblicati sulle più importanti riviste scientifiche internazionali e numerosi volumi, in italiano e in inglese. Tra essi ricordiamo Vibration Dynamics and Control (Springer, 2009), Space, the Final Frontier? (scritto con Michael Rycroft, edito dalla Cambridge University Press nel 2003) e La culla troppo stretta - Le frontiere naturali dello spazio (Paravia, 2000). I suoi interessi spaziano dalla progettazione statica e dalla dinamica delle macchine ai sistemi spaziali, alla meccatronica e alla robotica. Genta è presidente del «Centro Italiano Studi SETI», una piccola associazione privata che si occupa di quel filone di ricerca normalmente detto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligence) che si dedica alla ricerca della vita nel cosmo, in particolare della vita intelligente.
Il libro raccoglie nove racconti di diversa ispirazione e un breve saggio sulla morte.
Dà il titolo un fantasy ambientato in una Sicilia un po’ medievale e un po’ no (il suo riferimento è l’opera dei pupi), la cui protagonista è una Bradamante stracciona, alle prese con l’invasione musulmana, l’Inquisizione e il martirio delle streghe.
Il secondo racconto attraversa il Mediterraneo, il terzo parla di un’orrenda mutilazione. Il quarto e il quinto sono collegati tra di loro e sono trasposizioni reinventate di due morti vere, quella di Zi’ ’Ngiulillo (Zio Angelo De Mari) – sacerdote morto con i garibaldini sul Volturno – e quella del fratello di mio nonno, Enrico Ventrone – detto il Professore, perché conosceva a memoria il dizionario di latino – fucilato dai tedeschi per aver avvertito e fatto fuggire dei ricercati. Poi ci sono alcune storie contemporanee e un lungo racconto forse di fantascienza.
E, infine, un saggio sulla morte. Perché un saggio sulla morte? Perché tutte le storie raccontate dagli uomini, dalle donne o dai bambini, dall’inizio del mondo, parlano della morte, anche quelle dove la morte non compare, dove tutto va bene. Perché la nostra capacità di raccontare nasce per ingannare l’attesa della morte, la coscienza che siamo mortali.
Questa coscienza l’abbiamo solo noi. Qualche volta ce ne dimentichiamo, ma in realtà essa è sempre con noi, come un avvoltoio sulla spalla. O forse come un angelo custode, perché, se ne fossimo privi, tutto sarebbe insulso, privo di senso. È questa la dannazione, ma anche la meraviglia, di essere uomo. O donna. O bambino.
Silvana De Mari
L'AUTORE
Silvana De Mari è un medico. Un medico che scrive. Ha un figlio, un marito, una sorella, nipoti, alcuni amici e dei vicini di casa. Vive in mezzo ai boschi e alle vigne. Ha un cane e lo porta fuori tutte le mattine, in mezzo alle vigne e ai boschi. Possiede un minuscolo frutteto e sa potare. Tra i suoi libri, ricordiamo i fantasy di straordinario successo: La bestia e la bella, L’ultimo elfo, L’ultimo orco, Gli ultimi incantesimi, il saggio Il drago come realtà (tutti editi da Salani) e il romanzo Il gatto dagli occhi d’oro (Fanucci).
«I film, la televisione e i media audiovisivi in generale non si rivolgono soltanto all’occhio. Essi suscitano nel loro spettatore una specifica disposizione percettiva, disposizione che, nel presente lavoro, proponiamo di chiamare “audiovisione”. Un’attività, questa, che non è mai stata considerata nella sua novità: si continua a parlare di “vedere” un film o una trasmissione, trascurando la modificazione introdotta dalla colonna audio. Oppure ci si accontenta di uno schema aggiuntivo, per cui si vedono immagini e si sentono dei suoni, e ciascuna delle due percezioni resterebbe circoscritta nel proprio ambito. Scopo di questo libro è mostrare come in realtà, nella combinazione audiovisiva, una percezione influenzi l’altra e la trasformi. La presente opera è al tempo stesso teorica e pratica perché delinea un metodo di osservazione e di analisi suscettibile di essere applicato ai film, alle trasmissioni televisive e ai video». (M. C.)
L'AUTORE
Michel Chion (1947), scrittore, compositore, autore di film e video, è un teorico dell’ascolto e dell’audiovisione. Ha pubblicato numerose opere dedicate a registi, alla musica concreta, all’ascolto, alla teoria della sceneggiatura, ai mestieri del cinema. Molti suoi saggi sono apparsi sulle pagine dei «Cahiers du cinéma». Presso Lindau sono stati pubblicati Un’Odissea del cinema. Il «2001» di Kubrick; David Lynch e Stanley Kubrick. L’umano, né più né meno.
Lorenzo Fazzini, giornalista di «Avvenire», raccoglie 10 interviste inedite a intellettuali e scrittori che hanno (ri)scoperto un Cristianesimo razionalmente motivato, capace di ridare fiato a un’identità che non vuole fare a meno della dimensione del sacro.
La "notizia" di qualche giorno fa che anche Jannacci si è detto un Neo-convertito, aggiungerebbe un altro personaggio celebre e "sopra ogni sospetto" al catalogo di Fazzini...
Uno dei motivi di interesse del volume è rappresentato infatti dalla pluralità delle esperienze raccontate. Vicende personali anche molto diverse aiutano il lettore a comprendere fino in fondo il significato di quella «rinascita» pubblica del Cristianesimo di cui esistono
ormai molti segni.
Il libro affronta questioni oggi molto dibattute, dal rapporto tra scienza e fede al futuro dell’Europa, dai cambiamenti interni alla Chiesa alle nuove forme di impegno sociale.
Il volume ha la prefazione di Lucetta Scaraffia.
Un equivoco attraversa l’intera vicenda del sequestro di Aldo Moro e genera una diversa disposizione nei confronti dell’uomo. Si è detto: Moro non voleva morire, e tale volontà sarebbe stata accompagnata, come osservò tra gli altri Sciascia, da una preoccupazione quasi ossessiva per la famiglia. Per l’autore di questo libro la prospettiva va rovesciata: Moro voleva vivere. È una differenza radicale. Dove c’è paura, la famiglia diventa opportunità; dove c’è desiderio, la famiglia diventa motivo.
Con una forza spirituale che disorientò gli «amici» politici (che reagirono non ritrovando in lui «l’uomo che conosciamo », come dei figli che aspirano a una relazione narcisistica con un padre ideale e perfetto e non tollerano la realtà della sua debolezza), Moro espresse nelle lettere dalla prigionia innanzitutto il sentimento genitoriale. La preoccupazione per la propria famiglia (la famiglia naturale, ma in certa misura anche quella allargata del partito), che Moro vuole salvare dal dolore di una tragica esperienza di lutto, esigeva la difesa della propria vita, perché lui ne era la guida responsabile. Se le lettere fossero state lette con matura intelligenza, i figli vi avrebbero trovato non la fragilità e le implorazioni di un padre in difficoltà ma la strategia e i suggerimenti che un padre forte e coraggioso continuava a formulare, per il bene loro e della nazione. Prevalsero i timori, e mostrare forza a chi esibiva forza sembrò la risposta migliore. Ma la morte di Moro non dimostrò nulla e non giovò a nessuno.
L'AUTORE
Rocco Quaglia, psicologo e psicoterapeuta, è docente di Psicologia dinamica all’Università di Torino. Fra le sue pubblicazioni ricordiamo: La Sindone letta da uno psicologo; Immagini dell’uomo. Costruzione di sé e del mondo; Il valore del padre; In difesa della Bibbia; Della psicoanalisi.