«Casa Howard» è ormai considerato il capolavoro di Edward M. Forster, ed è certamente uno dei "classici" della letteratura del ventesimo secolo. La ricchezza del romanzo sta nella pregnanza di una narrazione piena di tensioni, in parte irrisolte perché lo stesso Forster è partecipe di esse e il "solo connettere" del sottotitolo del romanzo gli è impossibile solo in parte, come egli ben sa. Ma forse il fascino di «Casa Howard» sta proprio in questa difficoltà a risolvere contraddizioni ancora irrisolvibili. Ciò nonostante, dice Virginia Woolf (ed è noto che Forster s'ispirò inizialmente per le due eroine del romanzo, Margaret e Helen, alla giovinezza di Virginia e della sorella Vanessa), «la pianificazione della storia è magistrale. Quella cosa indefinibile ma tanto importante, l'atmosfera del libro, riluce di intelligenza; non a un barlume di fandonia, non a un atomo di falsità è consentito di depositarsi. E di nuovo, ma su di un campo di battaglia più ampio, continua il conflitto che ha luogo in tutti i romanzi di Mr. Forster: il conflitto fra le cose che importano e le cose che non importano, fra la realtà e la falsità, fra la verità e la menzogna».
"Nei singoli uomini non si è verificata la benché minima trasformazione, non è accaduto altro se non che diverse inibizioni sono state spazzate via e che ogni specie di mascalzonate e furfanterie possono essere commesse oggi con un rischio relativamente minore, in ogni senso sia morale che materiale, di quanto non accadeva in passato. Inoltre si parla un po' più di cibo e di denaro." Così Arthur Schnitzler descriveva, nel 1924, la sua epoca, difendendo "Signorina Else" dalle critiche di coloro che la consideravano un'opera appartenente a un mondo "finito e sorpassato". In realtà, la vicenda della giovane donna, ospite della zia nel Grand Hotel di San Martino di Castrozza, che per salvare il padre dalla rovina economica deve mostrarsi nuda a un vecchio conoscente, è quanto mai sintomatica della lotta della dignità umana contro il potere del denaro. Ma soprattutto, in questo monologo-delirio, Schnitzler raggiunge i vertici della sua creazione artistica cadenzando, come in uno degli ultimi quartetti di Beethoven, il progressivo scivolamento dalla disperazione, al sonno, alla morte.
Blanca, madre e moglie appagata, conduce un'esistenza ovattata e fuori della realtà nella Santiago del Cile del dopo dittatura. All'improvviso alcuni eventi dirompenti vengono a sconvolgere la linearità della sua vita: l'incontro con persone di un diverso ceto sociale, l'amore per un ex perseguitato politico, la scoperta dell'ipocrisia e della vacuità del mondo cui appartiene. Un terremoto esistenziale, un bivio obbligato: è il momento delle scelte. Blanca vorrebbe gridare, vorrebbe dirlo che non ci sta più, ma un'improvvisa, quasi metaforica malattia la rende incapace di comunicare. Perde la parola proprio quando una nuova coscienza del mondo le chiede di parlare. La prigione del silenzio diventa tuttavia la premessa di una rinascita, di un'altra storia, di un'altra verità. Dopo un primo istante di smarrimento e disperazione, Blanca sceglie la vita e inventa un nuovo linguaggio, quello degli occhi, con i quali racconta la propria storia, i ricordi, i sentimenti e i rimpianti.
La malinconia è analizzata e descritta qui come esperienza psicopatologica: come esperienza clinica che abbia non una connotazione neurotica o reattiva, ma una sua connotazione psicotica che la contrassegni come esistenza radicalmente altra dalla nostra. Il discorso riportato in queste pagine non intende essere un discorso clinico: un discorso incentrato sugli aspetti sintomatologici della depressione come realtà clinica; ma intende essere un discorso incentrato sugli aspetti psico(pato)logici e antropologici della depressione che insorge al di fuori delle quotidiane modalità di esperienza, ma mantendo una sua radicale dimensione psicologica e umana.
Lo scienziato Robert Kerans fa parte di una squadra di ricercatori diretta dal colonnello Riggs che ha l'incarico di perlustrare quel che resta di intere città sommerse dalle acque in seguito a una catastrofe naturale di dimensioni straordinarie. Una sessantina di anni prima delle tempeste solari hanno causato un surriscaldamento globale che a sua volta ha prodotto lo scioglimento dei ghiacci polari e quindi un innalzamento delle acque a livello planetario. Ora, con temperature roventi, tropicali anche ai poli, e in mezzo a lagune malsane, ci si trova di fronte a metropoli irriconoscibili, precipitate come sono in un'atmosfera primordiale, e ai sopravvissuti di una civiltà scomparsa, psicopatici, malnutriti, contaminati dalle radiazioni.
Nell'arco di dieci anni, 1997-2007, Giovanni Agosti ha accompagnato il lavoro di Giovanni Frangi, uno dei maggiori artisti italiani di oggi, nel segno di una comprensione che va ben oltre l'amicizia. Lungo il filo dei testi, che rappresentano tappe e punti a capo, si vede scorrere in presa diretta un pezzo di storia dell'Italia recente, tra città diverse (Roma, Firenze e soprattutto Milano). Ci sono molti paesaggi, descritti e dipinti; molti libri; molti film; un po' di musica. Mentre si rende visita a parecchi modelli illustri di critica, non solo del nostro paese, si assiste al progressivo mutare della ricerca artistica di Frangi e della scrittura che la rappresenta, in una fuga progressiva dalla superficie limitata del quadro in direzione di una più complessa rappresentazione approssimativa della realtà. E, al tempo delle giovinezze permanenti, il libro diventa, senza che l'autore e l'artista lo abbiano voluto, testimonianza primaria del difficile passaggio alla mezza età. È dunque, e prima di tutto, un buon viatico per il mestiere più difficile: l'invecchiare con decenza.
La raccolta di Jataka è un corpus di racconti tradizionali, scritto in pali, sulle varie esistenze del Bodhisattva, ovvero Gautama Siddhartha, il futuro Buddha, costituito da oltre cinquecento testi e relativi commentari. Questi racconti descrivono come il Buddha abbia fatto proprio l'insegnamento dei buddha precedenti, dando prova di molte delle virtù morali della tradizione buddista e si sia preparato così al suo risveglio finale. In giro per il continente asiatico si trovano molte sculture e opere artistiche che raffigurano queste differenti incarnazioni e la raccolta rimane ancora oggi un testo molto popolare nei paesi di tradizione buddhista. Le narrazioni descrivono gli episodi esemplari dal punto di vista morale capitati nel corso delle varie incarnazioni, in forma animale, umana o divina, che precedono l'illuminazione vera e propria, o nirvana, del Buddha. Servono a illustrare alcune qualità morali fondamentali o per meglio dire le conseguenze che l'agire nella maniera giusta o sbagliata ha in base al concetto di karma.
Da più di quarant'anni Alejandro Jodorowsky si è dedicato allo studio dei tarocchi, una parte fondamentale del suo percorso artistico e terapeutico. Ogni mercoledì, quando è a Parigi, lo si può incontrare in un caffè vicino a casa mentre legge i tarocchi a chi lo desidera. I tarocchi sono per lui, allo stesso tempo, uno specchio dell'anima e uno strumento terapeutico. Per scrivere questo manuale l'autore e la moglie hanno estratto la quintessenza delle innumerevoli lezioni e letture impartite in giro per tutto il mondo. Il risultato è un manuale, a colori e con moltissime immagini, che permette al lettore di orientarsi nell'interpretazione del proprio inconscio.
Octave è un pubblicitario e conduce una vita sinistra. È uno di quei morti viventi il cui unico sprazzo di luce deriva dal riflesso della propria carta di credito. È uno di coloro che decide oggi cosa desidereremo domani, che inquina il mondo con spot e bugie, che inventa bisogni inutili. Un giorno viene coinvolto in una campagna più stupida delle altre per lo yogurt di una multinazionale e va in pezzi. In un crescendo di esaltazione, tra alcol e stupefacenti, diventa sempre più violento, fino all'esplosione finale.