Perché ci innamoriamo? Come si spiegano le nostre diverse reazioni di fronte all'arte, alla filosofia e alla religione? Perché i ricordi svaniscono? E dove nascono gli stereotipi etnici oppure la credenza nei fantasmi? Le innumerevoli domande sull'origine, la natura e il funzionamento della nostra mente finiscono spesso per perdersi nella vaghezza del mistero. Questo, invece, è un libro di risposte. Sfidando pregiudizi consolidati e demolendo teoremi un tempo indiscutibili, Steven Pinker ci guida alla scoperta dei più recenti progressi delle scienze cognitive e ricostruisce il programma straordinariamente complesso che rende possibili gli eventi della vita mentale che siamo abituati a dare per scontati: le meccaniche del pianto e del riso, dell'empatia e della percezione visiva. Facendo ricorso all'ingegneria inversa, che si interroga sugli scopi e l'organizzazione dei vari elementi che compongono una macchina, Pinker individua le funzioni alle quali la selezione naturale ha destinato la mente, un sistema di organi di calcolo che ha permesso ai nostri antenati cacciatori-raccoglitori di lottare, sopravvivere, prevalere. L'approccio di Pinker, uno dei più autorevoli studiosi di scienze cognitive, è rigoroso e multidisciplinare, spazia dalle neuroscienze alla biologia evolutiva compiendo efficaci e frequenti incursioni nelle discipline più disparate, come l'economia la psicologia sociale e la letteratura. Il risultato è una sintesi avvincente e monumentale - troppo ricca, esatta e pionieristica nei collegamenti e nelle conclusioni per essere ridotta a semplice divulgazione scientifica -, scritta con l'intelligenza, il ritmo e l'umorismo del grande narratore.
Questo libro propone una nuova chiave interpretativa per leggere, e superare, la contrapposizione tra idealismo e realismo. Al centro c'è il modo nel quale avviene la conoscenza umana, il rapporto tra l'io e il mondo, campo d'indagine della fenomenologia che non può, e non deve, rimanere chiuso all'interno dei confini della disciplina. Obiettivo della ricerca è allora anche confrontarsi con l'interesse per il realismo che caratterizza il dibattito contemporaneo, nell'intento di scardinarne gli automatismi e i pregiudizi. Angela Ales Bello rileva come alla base della controversia tra realismo e idealismo ci siano spesso equivoci di natura semantica e, risalendo alle origini della fenomenologia moderna, mette in discussione l'interpretazione del concetto husserliano di idealismo trascendentale. Lungo questa strada - disinnescando gli estremi di un idealismo acritico e di un realismo ingenuo - la filosofa giunge a proporre un "realismo trascendentale", orizzonte di un'unità dinamica che abbraccia il processo conoscitivo e che fonda la correlazione, non la subordinazione, di soggetto e oggetto. L'indagine di questa reciprocità oltrepassa così i confini dell'ambito gnoseologico, e conduce alle domande fondamentali sul senso ultimo delle cose e sulla loro origine.
Gerusalemme è il cuore del conflitto israelo-palestinese? O forse parlare di una "Gerusalemme Est" e di una "Gerusalemme Ovest" non ha più senso, dal momento che Israele pare aver definitivamente "annesso" l'altra metà? Secondo alcuni osservatori, il governo del territorio rappresenta una delle armi principali di una guerra "a bassa intensità" con cui ciascuna parte cercherebbe di consolidare la propria superiorità demografica e influenzare le opzioni in gioco, in vista dei negoziati finali. Si può dunque parlare di una città "normale"? In un contesto etnicamente e geopoliticamente diviso, in cui persino il nuovo treno metropolitano diventa oggetto del dibattito politico tra due gruppi nazionali che si scontrano nella pianificazione e nell'esperienza quotidiana della città, è possibile pensare a forme di convivenza tra comunità, che ne assicurino la coesistenza, il governo e lo sviluppo, traghettando Gerusalemme nel XXI secolo? In questa raccolta di saggi, alcuni tra i più illustri architetti, artisti e storici esperti di Medio Oriente spiegano come la regolare coabitazione tra i diversi gruppi all'interno della "Città Santa" rappresenti un effettivo strumento di tutela delle loro reciproche ragioni e dei loro diritti e quindi una concreta possibilità di pace durevole.
Cosa faremmo, oggi, se Francesco d'Assisi bussasse alla nostra porta? Probabilmente non lo lasceremmo entrare, così come non capiremmo la sua scelta di seguire l'esempio di Cristo deviando dallo status quo, dall'accumulo del possesso, dalla protesta sterile. Il "no" che la nostra società oppone a san Francesco e a Gesù, mentre continua tuttavia a venerarne le immagini svuotate di significato, è il segno di una coscienza condivisa che inaridisce, di una mancanza di coraggio, anche solo per immaginare una realtà diversa. In queste pagine, scritte all'inizio degli anni Ottanta, la visione e l'attitudine di Bo rispetto al presente emergono nella loro interezza. Ce il critico militante, attento al valore della cultura come forza di cambiamento individuale e sociale, convinto che la letteratura debba essere "una guida e non un rifugio". E c'è il credente che avverte chiara la crisi della religione nel confronto con la modernità, ma non cessa di pensare che "il Cristianesimo è stato e resta la più bella delle tentazioni, la più pura idea dell'uomo, ciò che vorremmo attuare e non ci riesce perché ci manca l'obbedienza, l'amore per gli altri che annulla l'amore per noi stessi, il perdono".
Quali sono il significato e il destino del cristianesimo nel clima culturale e spirituale dei nostri tempi? In questo libro due pensatori aperti al dialogo si confrontano con il contraddittorio atteggiamento del nostro tempo verso la religione e, in particolare, con il ruolo del messaggio cristiano e della Chiesa nella società postmoderna. Invitati dal giornalista Giovanni Ruggeri, Gianni Vattimo e Monsignor Pierangelo Sequeri trovano un territorio e una lingua comuni per esporre le loro concezioni della fede. La Chiesa è il tramite del messaggio di Cristo oppure una realtà autoritaria e prevaricatrice che opacizza la figura di Gesù? Come agisce l'essere cristiani in rapporto all'etica, alla cultura, all'arte? Alla rivendicazione di Vattimo per una fede fondata sulla parola di Gesù - ciò che ci fa "innamorare" di Lui - senza lo schermo della gerarchia e della dottrina, risponde l'invocazione di Sequeri per "una nuova grande scolastica", che possa "ancorare la parola di Dio al sistema della libertà, della persona, della differenza, dell'alterità". Ne emerge un ampio affresco di temi e prospettive attraverso cui ripensare il significato e la possibilità della fede cristiana, senza avvilirla nella ripetizione catechistica o snaturarla in un moralismo riduttivo.
Per la prima volta in un volume monografico le riflessioni sul sentimento dell’amicizia del grande pensatore, matematico e mistico russo.
«L’amicizia è la visione di sé negli occhi dell’altro», e in questo riconoscersi, nella condivisione totale della gioia e del dolore dell’esistenza, incomincia la rivelazione della Verità. Per Pavel Florenskij – il filosofo che ha saputo unire la poesia e la scienza nella fede – l’amicizia è la più elevata forma di conoscenza. Una conoscenza che si attua nell’azione, che vive di fedeltà assoluta e che rappresenta, sulla Terra, l’emanazione della forza di Dio che ama.
L’amicizia è l’undicesima delle dodici lettere contenute nel trattato La colonna e il fondamento della verità, uscito per la prima volta nel 1914 e summa del pensiero del filosofo russo. La scelta della forma epistolare non è un espediente retorico, ma una necessità profonda nella quale il vissuto di Florenskij e la sua riflessione teoretica si riflettono l’uno nell’altra.
Il “tu” a cui sono rivolte le lettere è infatti il genero Sergej S. Troickij, tragicamente morto anni prima. Tutto il testo, nella sua ricchezza enciclopedica e nei suoi vertici di lirismo, è allora anche il frammento di un dialogo ininterrotto con l’amico perduto, eppure, per sempre presente.
«L’amicizia come nascita misteriosa del Tu è il luogo nel quale incomincia la rivelazione della Verità […]. Questa rivelazione si compie nell’amore personale e sincero di due persone, nell’amicizia, quando a chi ama è concesso in forma previa, di distruggere l’autoidentità, di abolire i confini dell’Io, di uscire da se stesso e di trovare il proprio Io nell’Io dell’altro».
Pavel A. Florenskij
(Evlach, 1882 – Leningrado, 1937) Filosofo, teologo, matematico, inventore e religioso russo. La recente riscoperta della sua opera, dopo la fine del regime sovietico, lo ha collocato tra i massimi pensatori del Novecento. Laureato in matematica e fisica, si iscrive all’accademia di teologia e viene in seguito ordinato sacerdote. Nel 1933 viene accusato di attività controrivoluzionaria e condannato ai lavori forzati, dove continua tuttavia a scrivere e a brevettare invenzioni fino alla fucilazione, avvenuta l’8 dicembre 1937 nei pressi di Leningrado. Nei suoi scritti ha toccato, e intrecciato tra loro, i domini dell’arte, della fede, della scienza , della poesia e dell’esperienza intima; ricordiamo: Le porte regali (Adelphi, 1977), Il simbolo e la forma (Bollati Boringhieri, 2007), La colonna e il fondamento della verità (San Paolo, 2010) e Non dimenticatemi. Lettere dal gulag (Mondadori, 2000).
È possibile commettere uno spergiuro non per trasgressione deliberata, ma per semplice distrazione? Il quesito non ci porta solo a chiederci se possiamo considerare questa un'attenuante, ma anche a riflettere sulla natura del giuramento e sulla sua infrazione, sulle strutture logiche e psicologiche che sostengono ogni patto e il suo, forse inevitabile, tradimento. Per Derrida che ai concetti di spergiuro, confessione e perdono ha dedicato l'ultimo tratto del suo percorso filosofico - ogni relazione sociale, a cominciare dal matrimonio, si fonda sul giuramento, una promessa, e sullo spergiuro, la rottura di quella promessa. In questo testo ironico, spiazzante e implacabile, il filosofo esplora il labile confine tra finzione e realtà, esamina la menzogna insita nell'atto del narrare, intreccia analisi letteraria e sociologia, diritto e religione. Al lettore, sedotto e disorientato, non resta che riesaminare le proprie categorie etiche, e forse la sua stessa identità di soggetto.
John Thavis - per venticinque anni firma di punta della Catholic News Service, l'agenzia di stampa americana, leader mondiale dell'informazione sulla Santa Sede - descrive tutto il funzionamento della macchina vaticana: il rapporto quotidiano con il potere, la politica e gli intrighi che in tutti questi anni si sono succeduti. Thavis rivela faide interne sconosciute, lotte tra cardinali e scandali insabbiati. Gli anni che l'autore ha trascorso nelle stanze della Curia romana come cronista diventano un diario da cui si evince come tante volte l'autorità papale venga minata delle vicende quotidiane. Si parte da lontano e si arriva alle vicende legate a Vatileaks e alle dimissioni di Benedetto XVI. Perché tutti gli ultimi scandali del Vaticano hanno coinvolto soprattutto personaggi italiani? Il direttore di "Avvenire" Dino Boffo, Ettore Gotti Tedeschi e il "suo" Ior, il maggiordomo Paolo Gabriele, l'intoccabile nunzio apostolico Carlo Maria Viganò, il cardinale Tarcisio Bertone. Nel resto del mondo l'impressione degli alti prelati è che nella Santa Sede si sia radicata una sorta di "mafia ecclesiastica", come scrive lo stesso autore, che non conosce neanche più l'omertà. Conflitti di potere tra fazioni della Chiesa italiana che vedono contrapposti personaggi come, appunto, Tarcisio Bertone e Camillo Ruini. Si evince che agli occhi di molti gli italiani non sanno più gestire bene il governo della Chiesa universale. Ma a quale costo? E soprattutto che scenario si apre?
Compendio storico, trattato di teologia e riflessione poetica sulla fede e sull'esistenza, La discesa della Colomba è il racconto vertiginoso e visionario di quasi duemila anni di storia cristiana. Il suo autore, Charles Williams, ancora poco noto ai lettori italiani, è stata una figura eccentrica eppure straordinariamente influente della cultura del Novecento: poeta, romanziere teologo, apparteneva alla cerchia di Lewis e Tolkien e fu amato da Auden, Eliot e Yeats. Questo libro, scritto mentre l'Europa si preparava al secondo conflitto mondiale, è forse la sua opera più ricca e complessa. Protagonista, occulto e presente, è lo Spirito Santo, la terza Persona della Trinità, il Paracleto al quale, nel Vangelo di Giovanni, Gesù consegna l'umanità la notte prima della Passione. Lo Spirito è la forza che accompagna Agostino e Dante, Paolo e Lutero, Costantino e Kierkegaard, è il soffio di Dio, il suo manifestarsi nel mondo, riconoscibile in trasparenza attraverso la lettura degli eventi. "Tutto quello che possiamo fare è decidere in che cosa credere" ha scritto, e lui scelse di credere nel Cristianesimo. Ma la religione di Williams, anglicano devoto e cultore delle scienze occulte, è un sistema proteiforme, aperto a mille influenze, attraversato da sottili ambiguità. Al centro del suo pensiero c'è il concetto di coinerenza, il mutuo scambio tra la natura umana e quella divina, la comunicazione delle anime tra di loro e dell'anima con il corpo.
Per la prima volta un volume raccoglie tutti gli articoli di Federico Caffè apparsi su "Il Messaggero" di Roma e "L'Ora" di Palermo nel periodo che va da metà degli anni Settanta sino alla vigilia della sua scomparsa, nell'aprile del 1987. Una raccolta unica, in cui è possibile cogliere la straordinaria lungimiranza e capacità di analisi economica e finanziaria di Caffè, oggi tra i più riscoperti studiosi del secolo scorso. Gli scritti proposti in questo volume rappresentano la collaborazione più duratura che Federico Caffè ebbe nel campo pubblicistico, nella funzione di "consigliere del cittadino", come lui stesso amava definirsi. Questa raccolta si avvale inoltre di alcuni saggi critici relativi alla mancata ricostruzione del secondo dopoguerra: un disegno di programmazione democratica e partecipata dal basso a cui il professore dette un importante contributo come capo di gabinetto di Meuccio Ruini, ministro nel governo Parri. Una straordinaria intuizione che fu però messa da parte per far spazio al disegno neoliberista e conservatore di "liberalizzazione senza programmazione ", un modello di sviluppo economico di cui oggi l'Italia paga le conseguenze.