Un'isola livida e crudele della Nuova Scozia sul finire dell'Ottocento, un giovane accordatore di pianoforti, una tredicenne libanese. I due si amano, e per sposarsi non esitano a fuggire. La loro passione sarà breve e bruciante, immani le conseguenze: giacché sulle loro figlie si abbatterà un destino di colpe indicibili e occulte menzogne che finirà per distruggerle.
A quattro anni Samhita Arni imparò a leggere e si trovò fra le mani alcune tra le innumerevoli versioni del "Mahabharata", l'immenso epos i cui personaggi sono da secoli noti a tutti gli indiani come gli eroi dell'"Iliade" e dell' "Odissea" presso di noi. A sette anni era talmente appassionata di quelle storie che iniziò a dettarne una sua versione alla nonna, rovesciando il normale corso delle cose. Nel frattempo aveva anche cominciato a illustrare il suo racconto. Età di lettura: da 9 anni.
Un vertiginoso "divertissement" che apre una finestra sulle origini del sapere scientifico-naturalistico nel Vecchio Mondo, e trae spunto dalle esplorazioni di un bizzarro "gabinetto delle meraviglie", scoperto quasi per caso nel mezzo della distesa suburbana di Los Angeles. Di improbabile, elusivo e folle il Museo del Jurassic Technology non ha soltanto l'ubicazione o il nome, non sono da meno gli allestimenti, le peripezie da cui ha tratto origine e lo stesso titolare. Dinanzi ai prodigi di natura e ai reperti mostruosi in visione nelle sale, fianco a fianco con le più incredibili opere dell'uomo, il visitatore oscilla tra perplessità e stupefazione. Non sarà tutto inventato di sana pianta?
In questo breve romanzo del 1986 Sciascia affronta un seicentesco caso di stregoneria, dedicando all'episodio - in apparenza uno dei tanti depositati nei nostri archivi - una scrupolosa ricostruzione. Nello sbrogliare l'esasperante "pasticciaccio" tuttavia egli non si limita a consegnarci una delle sue miniature microstoriche, ma dilata l'avversione della Chiesa Cattolica per le "antiche fantasie e leggende" a metafora dell'eterno schema che vede ogni "sistema dominante" combattere tutte le fonti di "ingiustizia, miseria e infelicità" nel momento in cui "ingiustizia, miseria e infelicità" vengono da quello stesso sistema "in maggiore quantità e con accelerazione prodotte".
Quando nell'Ottocento la Russia irruppe sulla scena della letteratura, il mutamento fu radicale e irreversibile. Qualcosa di analogo, ma ben più discreto, avvenne con la musica, nata anch'essa d'improvviso, con Glinka, e sviluppatasi poi attraverso una fioritura dove spiccavano maestri sommi quali Musorgskij e popolarissimi come Cajkovskij. Si scoprì in tal modo come a est della Germania, che per secoli aveva rappresentato l'Oriente della musica, si aprisse un altro territorio, immenso, che avrebbe aggiunto una speziatura sino ad allora ignota al mondo dei suoni e scompaginato la nostra stessa abitudine di pensare la musica.
Unico plausibile parallelo a Jane Austen, Ivy Compton-Burnett (1892-1969) passò una vita in apparenza priva di eventi, a Londra, mentre intorno a lei si accumulavano le catastrofi della storia. Ma non di esse parlano i suoi romanzi, che sono tutti contrappunti su un altro genere di catastrofi: quelle che avvengono ogni giorno in qualsiasi interno borghese. E quale migliore occasione di nefandezze di un'eredità? Soldi, sesso e famiglia: una miscela, la più esplosiva, che non mancherà di agire.
Composta da Schnitzler nei suoi ultimi mesi di vita il libro rimanda a "Il ritorno di Casanova". Ma questa volta la scena è cinquecentesca e la vicenda è una sorta di progressiva iniziazione: il giovane Anselmo Rigardi, abile spadaccino di nobile lignaggio, passa attraverso una travolgente serie di avventure, fra briganti e donne leggere, innocenti fanciulle e giocatori insidiosi, avventure che sembrano tutte dettate dal caso, ma sono piuttosto le caselle di un gioco prestabilito, dove arbitro è la morte.
Forse mai come in questo libro del 1953 Landolfi si è azzardato a parlare di se stesso. E naturalmente non poteva farlo che nel modo più paradossale, alternando e mescolando la confessione da romanzo russo, la provocazione e la mistificazione. Il risultato è il ritratto di un personaggio, pronto a tutto "pur di non vivere", e disposto a trovare fugaci compromessi per attraversare le lande della noia solo se aiutato dalle complici potenze delle donne e del gioco. Potenze soccorrevoli che presto si riveleranno persecutorie e riattizzeranno il desiderio di una perenne fuga.
"Tuo è il regno" ci immerge in uno spazio di cui tutto ignoriamo all'inizio e che presto diventa parte incancellabile della memoria: uno spazio dagli oscuri confini qui chiamato l'Isola, una tenuta alla periferia dell'Avana composta dal'Aldiqua, un insieme di edifici fatiscenti, porticati e cortili, e dall'Aldilà, un giardino lussureggiante in cui molti si sono addentrati senza far più ritorno. Siamo nelle ultime settimane che precedono la rivoluzione cubana. L'atmosfera è carica, tesa, ma solo per allusioni si viene a sapere qualcosa di ciò che accade altrove, perché l'Isola è anzitutto un mondo autosufficiente, dove appaiono in successione, come attraversando un palcoscenico, i protagonisti del romanzo.