
La fotografia di una generazione, quella di normali ragazzi nati negli anni Sessanta. Come lo è Carlo Conti, il popolare conduttore amato da grandi platee televisive, giunto al traguardo dei suoi primi cinquant'anni. Tra memoria comune e nostalgia privata, Carlo Conti questa volta racconta di sé e ripercorre la sua vita, componendo un ritratto leggero, divertente, condiviso. I suoi ricordi privati sono memoria collettiva. Come le figurine si possono scambiare in un infinito gioco di società, sono i ricordi di tutti, perché Conti è uno straordinario sensore della memoria collettiva nella sua versione più rara, la normalità. Conti è ancora un "ragazzo" normale che ha il senso del limite e soprattutto la consapevolezza che da ciò che fa, con serietà e con passione, non dipende la sopravvivenza di un uomo, come invece dalle mani di un chirurgo, ma al massimo di un punto di share. Uno dei suoi pregi è proprio quello di ricondurre tutto a estrema semplicità, e questo lo rende un comunicatore in grado di parlare a così tanta gente. Ecco allora un vademecum per i ragazzi d'oggi, prezioso per conoscere meglio e meglio comprendere i gusti e le fisime dei loro genitori. Il primo catalogo delle passioni di chi aveva vent'anni negli anni Ottanta.
La morte del padre è l'evento che cambia il corso di un'esistenza. Quello che fa diventare grandi, fa decifrare il senso di una vita intera. Un percorso faticoso, raccontato senza sconti da Flavio Insinna, in un libro intimo e introspettivo. Rivolgendosi al padre in un corpo a corpo serrato, un mattatore della TV popolare illuminata dai grandi ascolti esplora il mondo in ombra dei sentimenti e del dolore, dei conflitti e dell'amore. E il padre di Flavio diviene padre nostro. Suo e di tutti, nel corpo vivo delle parole. "Neanche con un morso all'orecchio" è un memoir sulla lunga adolescenza di un eterno Peter Pan (che a 45 anni vive ancora in casa con mamma e papà) costretto a diventare di botto responsabile. Sul conflitto tra il desiderio di entrare vittoriosi nella vita adulta e il bisogno irrinunciabile di essere se stessi, costi quel che costi. Un po' come un giovane Holden, Flavio Insinna è continuamente assalito dal dubbio di aver sbagliato o di poter sbagliare nelle sue scelte di vita, di lavoro e di amore, ma è anche guidato da un ostinato e personale senso della morale, ereditato dalla figura paterna, e da un'istintiva avversione per tutto ciò che sa di finto e di costruito. Un sentimento del tutto originale per chi ha fatto della fiction il proprio mestiere. Sul filo della comicità, da attore consumato, Insinna non si nega nessuna gag nella nostalgica rievocazione di ricordi autobiografici
Il problema vero della depressione è che non la puoi raccontare, non la puoi descrivere. È invisibile. E non è uguale per tutti. Ma per tutti è un male profondo e assoluto. E va affrontata, perché tanto non si scappa. Anche per questo Veronica Pivetti ha deciso di condividere con noi il suo momento buio. E lo fa con toccante onestà, senza censurare i momenti dolorosi che, come spesso accade nella vita, finiscono per diventare involontariamente molto comici. "Lei è malata, la sua tiroide non funziona più": questo si è sentita dire Veronica nel lontano 2002. Era così. La sua tiroide ha cominciato a dare i numeri, si è starata e l'ha traghettata verso una forte depressione, complici alcuni farmaci sbagliati che le erano stati prescritti. Così è iniziata la sua odissea medica. Alcuni dottori l'hanno salvata, altri massacrata, alcuni le hanno ridato la vita, altri gliel'hanno tolta. E finalmente, nel 2008, Veronica ha incominciato a rivedere la luce e a uscire da questo micidiale periodo nero. Sono stati sei anni infami, "anni nei quali mi sono detta continuamente che era inutile vivere così. Il tempo triste sembra sempre tempo perso". Anni difficilissimi che, però, non sono passati senza lasciare un segno. "Una volta ero perfettamente funzionante, ero nuova di trinca. E credevo che fosse quella la verità. Ora sono un po' rattoppata, ho un'anima patchwork e una psiche in divenire. Ed è questa la verità. Ma va bene così, perché la vita si fa con quello che c'è...
Il 14 febbraio del 1989 Salman Rushdie riceve la telefonata di una giornalista della BBC che lo informa di essere appena stato "condannato a morte" dall'ayatollah Khomeini. E per la prima volta sente pronunciare la parola "fatwa". La sua colpa? Aver scritto un romanzo intitolato "I versi satanici", un libro accusato di blasfemia, una bestemmia "contro l'islam, il Profeta e il Corano". Comincia così una vicenda dolorosa e fuori dall'ordinario, in cui uno scrittore è costretto a vivere in clandestinità, cambiando continuamente domicilio e sotto il costante controllo di una scorta armata. A Rushdie viene anche chiesto di scegliersi uno pseudonimo, che la polizia possa usare per riferirsi a lui. Dopo aver pensato agli scrittori più amati, sceglie i nomi di Conrad e Cechov: Joseph e Anton. E da quel momento, Salman Rushdie diventa il signor Joseph Anton. Ma come può vivere uno scrittore sotto la minaccia di essere ucciso? Che ne è della sua creatività? E dei suoi sentimenti? In che modo la disperazione ridà forma ai suoi pensieri e alle sue azioni? In questo memoir, Rushdie racconta la sua storia, che è poi la storia di una battaglia cruciale ai nostri giorni: quella per la libertà di espressione. Ma ce ne racconta anche gli aspetti più personali, e sono aneddoti a volte di grande tristezza, a volte straordinariamente divertenti. E riflette su come editori, giornalisti, scrittori, intellettuali, uomini politici hanno reagito a questa vicenda, non sempre con spirito di solidarietà.
"Perché gli italiani passano il tempo a darsi degli imbecilli a vicenda? Per via di quello che è successo negli anni Ottanta." Alessandro Aresu è nato nel 1983, è cresciuto negli anni in cui la televisione commerciale è diventata un fenomeno di massa e i cartoni animati uno dei miti fondativi dei ragazzi di allora, oggi giovani adulti in una società gerontocratica che non solo offre poche possibilità di esprimere i loro talenti ma che, soprattutto, non riconosce o sottovaluta la "generazione Bim Bum Bam". Nati tra il 1975 e il 1990, i suoi rappresentanti sono cresciuti con Uan e BatRoberto, mentre la vecchia Italia si dibatteva tra debito pubblico e stragi di Stato e la Cina cominciava il suo travolgente processo di trasformazione. Per raccontare la storia di questa generazione ci sono due alternative: "Una è giocare e fare sul serio allo stesso tempo, e l'altra è pensare di essere un popolo di imbecilli e darci degli imbecilli a vicenda. La prima è divertente, la seconda inutile. Questo libro sceglie la prima strada per sbarazzarsi della seconda". Domanda precisa: Cosa è successo nel 1981? Risposta precisa: Provano ad ammazzare Reagan ma anche (non secondario) Cristina D'avena e Alessandra Valeri Manera si incontrano a Bologna e nasce Bim Bum Bam. Domanda precisa: Quanto duravano i discorsi di Aldo Moro? Risposta precisa: Infinite sigle dei cartoni animati. Domanda precisa: Che cos'è la CEI? Risposta precisa: La Certezza di Essere Incapaci di risolvere qualunque problema.
Com'è possibile che un paese con poco più di sette milioni di abitanti, privo di risorse naturali, travagliato da continue guerre, riesca ad aumentare la sua crescita economica di cinquanta volte in sessant'anni e a diventare il centro propulsore dell'hi-tech? E la domanda a cui risponde Laboratorio Israele, il saggio che Dan Senor e Saul Singer, profondi conoscitori dell'area mediorientale, dedicano al miracolo economico della nazione ebraica. Israele può vantare la massima concentrazione a livello mondiale di innovazione e imprenditorialità, con un numero di imprese startup, avanguardie della sperimentazione, superiore a quello di Cina, Gran Bretagna, Canada, Giappone e India, e con la più alta presenza di aziende nel NASDAQ, dopo gli Stati Uniti. Queste sorprendenti performance si fondano su una serie di fattori chiave: il ruolo delle forze armate, dove i giovani, nel lungo servizio di leva, acquisiscono vere e proprie com-petenze manageriali da reinvestire nel civile; la percentuale di PIL destinata a ricerca e sviluppo, per la quale Israele detiene il primato mondiale; la politica dell'immigrazione, considerata da sempre una risorsa da valorizzare. A legare tra loro questi aspetti e a fare la differenza, però, è la capacità degli israeliani di trasformare, sin dagli albori della loro storia nazionale, le debolezze e le avversità in punti di forza. Prefazione di Shimon Peres.
Dall'Unità d'Italia alla Prima guerra mondiale, Napoli vive il suo periodo più splendido e più buio. Un'epopea di circa sessant'anni non ancora raccontata e che ne ha segnato il volto attuale. Le vicende avventurose dei capitani stranieri, arrivati per difendere la causa persa dei Borbone, s'intrecciano con quelle di camorristi celebri e dei loro oscuri rapporti con il nuovo Stato italiano. L'ex capitale si avvia verso il Novecento tra contraddizioni storiche e sociali risolte nel sangue o in un paradossale risveglio culturale. Ma, quando calerà il sipario sul drammatico processo Cuocolo, un clamoroso assassinio in Galleria rivelerà che la camorra non è stata sconfitta. È il "prequel" della futura Gomorra. Narratore dell'intera vicenda è il poeta Ferdinando Russo. Celebre un tempo e amato dalle donne, da giornalista ha coraggiosamente denunciato la malavita ma è stato attratto dai codici antichi di coraggio della guapparia. Russo cerca il fil rouge che collega i racconti dei cantastorie napoletani alla tragica fine dei capitani borbonici: questo nesso lo ritrova nell'ineffabile enigma della Sirena Partenope, la Nera, l'anima stessa di Napoli, che si rivela nel coltello dei camorristi o irretisce incarnata in quelle sciantose di cui fu vittima egli stesso, prima con un grande amore perso poi sposando un'altra che invece non amò.
In seguito alla notizia della morte di Steve Jobs, l’uscita della biografia ufficiale dell’ex CEO di Apple è stata anticipata ulteriormente: la data d’arrivo del libro intitolato semplicemente Steve Jobs è infatti stata fissata per il prossimo 24 ottobre in Nord America (data di uscita prevista anche per l'Italia per i tipi di Mondadori), con circa un mese d’anticipo rispetto alla data precedentemente prevista per il 21 novembre. In realtà anche tale giorno era stato fissato con netto anticipo rispetto alla data originaria d’arrivo della biografia, fino ad agosto prevista per marzo 2012. Nel frattempo, sull’onda emotiva della morte di Jobs il libro ha raggiunto il top delle classifiche Amazon, vedendo le prenotazioni aumentate del 40.000%: la biografia, che ricordiamo è stata completamente autorizzata da Steve Jobs, sarebbe stata secondo quanto rivela il Wall Street Journal aggiornata costantemente fino a poche settimane fa, con l’ultima intervista a metà agosto dell’autore Walter Isaacson a Jobs, durante la quale quest’ultimo avrebbe anche rivelato di sapere di avere ancora poco tempo da vivere.
Il giorno di Capodanno del 2009 Walter Isaacson riceve una lunga telefonata da Steve Jobs, con il quale già alcuni anni prima era nato il progetto di una biografia. Il creatore di Apple insiste sul fatto che è arrivato il momento di raccontare la sua vera storia: "Ho fatto tante cose di cui non sono fiero ma non ho scheletri nell'armadio che non possano essere mostrati e penso che tu sia bravo a far parlare le persone". Oltre a raccontare a lungo in prima persona, Steve invita quindi Isaacson a contattare le persone che hanno attraversato la sua vita, nel bene e nel male: il risultato è un eccezionale racconto e un documento unico sulla storia di Steve Jobs e di Apple. Dall'infanzia, insieme alla famiglia adottiva, all'adolescenza a Cupertino, tra i pionieri dell'informatica, dai mesi passati in India alla ricerca del lato filosofico e spirituale della vita alla fondazione di Apple con l'amico Steve Wozniack, dal successo commerciale all'uscita temporanea dall'azienda, dal boom planetario nell'ultimo decennio alla verità sulla sua malattia, la storia di un imprenditore la cui passione per la perfezione e il carisma unico hanno rivoluzionato per sempre l'industria della comunicazione e della tecnologia. La storia vera di Steve Jobs, l'uomo che ha cambiato il modo di lavorare e di pensare di milioni di persone. Disponibile dal 24 ottobre 2011.
Quando, nel luglio 1971, Henry Kissinger, all'epoca consigliere per la Sicurezza nazionale del presidente americano Nixon, si recò in missione segreta a Pechino, le relazioni diplomatiche fra Stati Uniti e Cina erano interrotte da più di vent'anni. Durante questo periodo, dopo aver combattuto un'aspra guerra in Corea ed essersi fronteggiati in diverse gravi crisi internazionali, i due paesi si consideravano nemici dichiarati, portatori di ideologie antitetiche. Alla luce di tali premesse, ogni tentativo di riavvicinamento tra le due potenze sembrava destinato a un sicuro fallimento. Se tale obiettivo fu raggiunto, gran parte del merito va attribuito alla personale determinazione e lungimiranza di due uomini: il Grande Timoniere della Cina comunista Mao Zedong e il controverso presidente americano Richard Nixon. Giunti alla comune conclusione che, di fronte alle minacce della guerra fredda e della crescente potenza sovietica, le differenze ideologiche dovessero essere accantonate, Mao e Nixon sfidarono l'opposizione delle rispettive classi politiche e opinioni pubbliche e avviarono uno storico rapporto di collaborazione. Dal suo osservatorio, Kissinger ricostruisce lo scenario internazionale che fece da sfondo alle sue missioni in Cina e ai suoi incontri con i principali leader cinesi: dai cauti approcci iniziali allo storico incontro ufficiale tra i due presidenti nel 1972, Kissinger colloca riflessioni ed eventi nella più ampia cornice della millenaria storia cinese.
Due amiche, due che si parlano "da una vita". Di tutto, di tutti. Due ragazze-per-sempre, che a cinquant'anni chiacchierano fino a notte in macchina con i piedi nudi sul cruscotto e la sigaretta in bocca. Quasi due sorelle. Una si ammala, muore. L'altra l'accompagna alla soglia. E resta, di qua dal muro. Ma decide di non smettere di parlare, forse da sola, forse con lei: perché gliel'ha promesso. Questa è la storia di chi scrive. Quelle di donne che cercano, seguono, evocano le tracce di chi non c'è più. C'è la storia di Gemma che ritrova la voce del figlio perduto, dopo mesi passati a gridare il suo nome a un vecchio registratore. E c'è quella di Edda, che nella voce del figlio inciampa, perché è lui a continuare a chiamarla, è lui che vuole dirle dov'è. C'è Carla, che ha perso una figlia nel terremoto dell'Aquila, e che afferma di credere nell'incredibile per non perdere il contatto con la realtà. C'è la donna che un figlio, quel figlio, non ha voluto metterlo al mondo, ma non ha mai smesso di cercarlo, e lo ritrova in un piccolo paradiso, o forse soltanto dentro di sé. Un libro di grande impatto emotivo, sull'amore che non sa e non vuole arrendersi. Le nove storie - più una, quella di chi scrive raccontano di donne che hanno imparato che può essere la morte a consolare la vita. In comune non c'è il dolore, ma il bisogno di metabolizzarlo in parole. Per continuare a dire a chi non c'è più: io ti parlo da una vita. Da sempre, d qui.
Oltre novant'anni fa il partito popolare di don Luigi Sturzo lanciò un celebre appello "ai liberi e forti" a "cooperare ai fini superiori della Patria senza pregiudizi né preconcetti"; un manifesto rivolto ad allargare la partecipazione popolare a uno Stato unitario nato in contrapposizione a una parte importante della società italiana. Maurizio Sacconi propone oggi un manifesto analogamente dedicato a "un popolo di liberi e forti che, ancorato ai valori della tradizione nazionale, ha saputo resistere al fascino delle ideologie totalitarie, che diffida degli interessi particolari che pretendono di farsi bene comune ed è responsabilmente orientato a non attendere con passività dallo Stato le risposte ai propri bisogni, perché intento a costruirle attraverso forme comunitarie". Ora come allora, egli ritiene di dover porre alla base di una nuova stagione di sviluppo dell'Italia la funzione guida del popolo umile e laborioso, cui si sono ricorrentemente contrapposti nella storia unitaria gli interessi più ristretti di élite cosmopolite e antinazionali, di borghesie orientate al facile arricchimento attraverso rendite e favori pubblici, di corpi separati dello Stato. Solo quando si afferma questo primato il senso della nazione coincide con il senso dello Stato, ovvero i valori della tradizione - la persona, la famiglia, la comunità - sono compiutamente assunti a riferimento delle politiche pubbliche.
"Si può vivere legati l'uno all'altro nella buona e nella cattiva sorte e scoprire a un certo punto che esiste un mondo parallelo, in cui il partner conduce, silenziosa e segreta, un'altra vita. In quel mondo la persona che si pensava di conoscere in ogni piega dell'anima interpreta ruoli inediti, lontanissimi da ciò che credevamo noto e indiscutibile. Eppure, a chi è capace di guardare dentro se stesso con lucidità e con un po' di spietatezza accade quasi sempre di scoprire, isolando indizi lungamente trascurati, che molto di ciò che appare improvviso e nuovo era presente fin dall'inizio. Certe laceranti sorprese non arrivano a tradimento da un altrove sconosciuto; ignorate (ma spesso oscuramente intuite), costituiscono sin dall'inizio il retroterra della maggior parte dei rapporti che legano tra loro gli uomini e le donne, i genitori e i figli, gli amici e i nemici." Ci piaccia o no, ogni relazione (coniugale, familiare, amicale...) presenta lati oscuri, segreti e ambivalenze. E sono proprio queste stanze segrete dell'amore che Gianna Schelotto ci fa esplorare in questo saggio