
Qual è il mistero che si cela dietro all'improvvisa scomparsa, nel reparto giocattili di un grande magazzino, di Elisabet Hansen, una ragazza simpatica e volitiva? Semplice: quando ha visto un agnellino di peluche prendere vita e scappar via come un fulmine, Elisabet non ha saputo resistere alla tentazione di inseguirlo per fargli anche soltanto una piccola carezza... Comincia così il suo viaggio a ritroso nel tempo verso la Terrasanta, insieme a una straordinaria comitiva formata da angeli maliziosi, curiosi personaggi biblici, il governatore della Siria, un altezzoso imperatore, e molti altri.
Un inno alla vita e all'amore terreno; ma anche un canto di dolore e di disperazione. È questo il senso della lunga lettera indirizzata ad Aurelio Agostino, il grande Padre della Chiesa, vissuto nel IV sec. d.C, da Floria Emilia, sua ex amante e madre del suo unico figlio. Una lettera mai venuta alla luce, fino al 1995, quando Jostein Gaarder, spulciando tra gli scaffali di una vecchia libreria antiquaria di Buenos Aires, non s'imbatte nel prezioso codice. Un ritrovamento importante, poiché attraverso le struggenti parole di Floria prende forma una figura appena accennata nelle celebri Confessioni ed emergono i tratti di quell'unione felice. Dalla voce di Floria scaturisce, così, un racconto accorato e commovente, ironico fino al sarcasmo ma vibrante ancora di tenerezza e desiderio, in cui una donna, ferita nel proprio orgoglio, ma non rassegnata, si ribella alla perdita del proprio uomo, ponendo a lui, a se stessa e a noi le eterne domande sul divino, la natura umana e il significato dell'amore.
E' la notte di Natale quando a Cecilie, una ragazzina costretta a letto da una grave forma di tumore, appare, tra il sonno e la veglia, una creatura misteriosa, del tutto priva di capelli e in grado di volare. Dice di chiamarsi Ariel e di essere un angelo. I due stringono un patto: la ragazzina svelerà all'angelo i misteri della corporeità - la sensazione che si prova a toccare una palla di neve, il sapore di una pasta alle mandorle, il suono di una canzone natalizia - mentre Ariel le svelerà i misteri celesti: la vera natura degli angeli, il loro rapporto con Dio, che cosa siano la coscienza, la memoria, l'anima.
Il caso, una coincidenza, il destino, la telepatia: difficile spiegare l'incontro fra un uomo e una donna che si rivedono, dopo trent'anni, nello stesso albergo affacciato sul fiordo dove si erano detti addio. Sempre che dare una spiegazione abbia un senso. Solrun e Steinn sono entrambi cinquantenni. Nonostante il passare degli anni e il fatto che oggi siano entrambi sposati e con figli, non hanno mai smesso di pensare l'uno all'altra. Dopo la sorpresa dell'incontro, danno vita a un fitto scambio di e-mail nel quale si raccontano, ripercorrendo l'episodio, inspiegabilmente velato di mistero, che aveva messo la parola fine al loro amore. Per ritrovarsi, come spesso accade, a scrivere due storie diverse della stessa passione condivisa. Chissà però se le due versioni sono davvero così differenti. Nel dialogo a distanza prendono corpo due visioni della vita inconciliabili: lui è un professore di Fisica, ateo e materialista, lei è un'umanista convinta che a governare i nostri destini siano forze superiori. Forse solo il finale del romanzo saprà dare finalmente un senso agli eventi.
Elisabetta è in punto di morte e convoca a corte l'adorato figlioccio, boy Jack. Sta per chiudersi un'epoca: quarantaquattro anni di regno, durante i quali ha reso grande il paese e famosa l'isola che rappresenta. Ora, davanti a boy Jack, silenzioso e fedele come uno specchio, si abbandona ai ricordi: lo stigma di bastarda con cui il padre Enrico VIII l'ha accolta alla nascita, la terrificante successione di teste femminili che cadono non appena su di esse si posa la corona, le lotte intestine di palazzo, la piaga della ribelle Irlanda, la minaccia della Spagna, la scomunica del Papa.
Francis e Zoe, che nel nome si ispirano ai personaggi di Salinger, sono fratello e sorella, diversi per carattere, ma legati da un affetto e da una complicità profondi. Francis è un giovane scrittore solitario e riflessivo; Zoe è una donna nel fiore degli anni, di professione interprete, affascinata dalle dottrine esoteriche, sempre in viaggio. Francis ha un progetto: scrivere un racconto su Katherine Mansfield, che Zoe, nonostante le sue molte letture, non conosce. Basta un accenno alla vita e agli amori della scrittrice a scatenare la curiosità di Zoe e a innescare tra i due un dialogo fittissimo, nella quiete sospesa e senza tempo di un grande giardino. Il fratello prende così a raccontare alla sorella l'inquieta e straordinaria esistenza di Katherine Mansfield. Nata nel 1888 in Nuova Zelanda, KM, come amava firmarsi, si trasferisce ventenne a Londra, e qui, attratta da amori folli e posseduta dalla perenne sensazione di trovarsi "agli antipodi", vive una vita libera e avventurosa, che prestissimo genera pagine di altrettanto febbrile scrittura, percorse da un'energia, una luminosità e una grazia che le renderà amatissime dai lettori, fino a oggi. Ma nel 1918 un medico dà infine un nome agli attacchi di tosse che tanto debilitano KM: tubercolosi. Sempre più fragile nel corpo, ma audace nella mente e pronta a ricorrere alle cure più sperimentali, per quanto dolorose, KM viaggia nel Sud della Francia alla ricerca di un clima mite.
È questo un libro sulla differenza femminile. Simone, Rachel, Hannah sono tre donne, diversamente grandi, che con il loro sguardo hanno illuminato le tenebre del Novecento e hanno saputo leggere il mondo. Tutte e tre hanno vissuto gli stessi anni di guerre, totalitarismi e barbarie. Hanno affrontato le tempeste e i momenti più bui senza mai sottrarsi alla riflessione, all'impegno e alla ribellione. Simone e Rachel si sono sfiorate, Rachel e Hannah appena incontrate, eppure un forte quanto esile filo rosso ha intessuto la trama dei loro destini. Tutte e tre si sono confrontate con i grandi temi della violenza e del potere, ognuna secondo la propria indole e mettendo in campo la propria biografia. Simone, Rachel, Hannah hanno scritto e trattato i propri testi come se fossero sogni, scritture della mente e del cuore, personalissime elaborazioni dell'atto di vivere che tratteggiano una strada verso l'esistenza. E sono arrivate a toccare la materia pulsante della vita. Simone Weil, la più "strana" del gruppo, né brutta né bella, insolente e tenera, ardita e timida insieme. Fin da bambina si esercita al sacrificio, al digiuno e rifiuta i privilegi della sua classe. Non prende più lo zucchero quando sa che scarseggia per la povera gente, non porta le calze d'inverno, perché non tutti ce l'hanno. E intransigente e radicale, a costo di apparire ridicola. Ha una sincera aspirazione di giustizia. Ha bisogno di verità, un bisogno fanatico. Muore il 24 agosto del 1943, a soli trentaquattro anni...
Com'è possibile restituire alle pagine la voce di una scrittrice? Nadia Fusini, la più importante studiosa italiana di Virginia Woolf, lo fa ricorrendo alle sue opere, ai romanzi ma anche ai saggi, ai diari, ai frammenti autobiografici e alle lettere: dà voce alla voce della scrittrice, ricreandone la vita e la passione per l'esistenza. Come in un'autobiografia che, facendo affidamento sulla memoria, non può seguire una cronologia, Fusini ricostruisce l'infanzia della Woolf, la figura del padre Leslie, e poi insegue la malattia, gli anni di Bloomsbury, le passioni, il marito Leonard e il legame con Vita, la battaglia femminista e il pacifismo, in un intrecciarsi di tempi che rendono ancora più vivido il quadro della sua esistenza. Poiché, come scrive Fusini, "Virginia non crede che il senso dell'esistenza individuale si racchiuda in una trama di eventi: è piuttosto una caccia al tesoro. Perché riconosce che la vita assomiglia, sì, a un romanzo, ma solo quando il romanzo non pecchi di arroganza e non voglia imporre all'esperienza un ordine estraneo". Più che una biografia, dunque, questo è un lungo, incalzante racconto in presa diretta.
Nella malinconica allegria di "A Roma con Bubù", Gian Carlo Fusco racconta della sua grande amicizia maschile, della reciproca infatuazione per il cantante marsigliese Rick Rolando che militò nella Legione straniera. Da qui i quattro articoli del 1961 sulla Legione straniera raccolti in questo volume. Quasi tutto, di questo scrittore irregolare ed estroverso, porta infatti il segno della testimonianza vissuta: e anche in questa storia della Legione, a tratti sembra emergere il segno del ricordo personale (mutuato evidentemente dall'esperienza dell'amico). Più che una storia è una rievocazione, finalizzata a spogliare il mito romantico dominante, ricca di aneddoti e ritratti, di episodi curiosi e paradossi viventi. Un movimento che corre rapido dalla presentazione del cliché, immortalato nel cinema con la faccia di Jean Gabin, alla sua distruzione. Vi sono gli eroi, e i retroscena taciuti di essi; le campagne militari e la vita quotidiana fatta di stenti e degradanti punizioni; i miti e i grandi orrori del colonialismo; le tradizioni e le viltà nascoste. Volano come una scorribanda dentro un'unica avventura, in quello stile scintillante e fragoroso di colui che è considerato il più grande narratore orale del dopoguerra, ma che resta ammorbidito nella spontanea, coinvolgente simpatia per tutto ciò, uomini e cose, di cui narra.
Nel 1942, nell'imminenza della battaglia delle Midway, le truppe giapponesi occupano due isole al largo dell'Alaska. L'anno successivo gli americani le riconquistano con una azione cruenta, e nella furia della ritirata quattro cani appartenenti alle unità cinofile nipponiche vengono lasciati indietro. I soldati appena sbarcati non possono saperlo, ma si tratta di esemplari di una casta di combattenti eccezionali. Sono tre pastori tedeschi e uno di razza hokkaido, e questo è solo l'inizio della loro storia. Nell'arco della seconda metà del XX secolo, "il secolo delle grandi guerre e dei cani soldato", diventeranno protagonisti e testimoni di straordinarie vicende. Presi in consegna dai nuovi padroni, due di loro verranno impiegati nelle battaglie decisive della guerra del Pacifico; uno diventerà il cane da slitta più famoso d'America, mentre l'ultimo, fedele ai giapponesi, trascinerà un drappello di nemici verso un campo minato. Con il trascorrere dei decenni i numerosi eredi di questa dinastia si diffonderanno in tutto il pianeta, selezionati, allevati e addestrati con la massima cura per essere impiegati negli scenari più stupefacenti -la guerra di Corea, l'oscurità dei tunnel sotterranei in Vietnam, poi in Afghanistan, oppure al servizio della squadra antinarcotici della polizia messicana negli anni Settanta, o ancora del KGB, della mafia russa e di quella cecena. Cani che si innamorano, fanno figli, li vedono vivere e morire, fuggire e non tornare mai più...
Giappone, 1708. Il paese vive il tempo del sakoku: ogni contatto con gli stranieri (soprattutto se missionari cristiani) è proibito o rigidamente regolato. In un contesto di violenta persecuzione, il 12 ottobre 1708, uno straniero vestito da samurai sbarca furtivamente nell'isola di Yakushima. Il suo nome è Giovanni Battista Sidotti ed è un missionario italiano. Viene subito fermato e imprigionato: il suo destino è l'abiura o la condanna a morte. Ma accade qualcosa di inatteso: Hakuseki Arai, studioso confuciano e consigliere dello shogun, decide di interrogarlo di persona. Ne nasce un dialogo straordinario. La vita è risparmiata a Sidotti, senza che debba rinunciare alla sua fede, mentre Hakuseki, ispirato da quelle conversazioni, scrive importanti opere che gettano le basi della riapertura del Giappone. Sidotti muore in isolamento ma il suo sacrificio non è invano. Nel luglio 2014 i suoi resti sono stati ritrovati, là dove era stata la sua prigione, e riconosciuti grazie al DNA.